I suoi cavalli sconfinano: ucciso e fatto a pezzi. I nuovi sviluppi
Nuovi sviluppi sul caso legato all'omicidio di Armando Capirchio, ucciso e fatto a pezzi nel 2017
Ci sono nuovi sviluppi sul caso Armando Capirchio, l’allevatore ucciso e fatto a pezzi nel 2017 a Vallecorsa, in provincia di Frosinone, dal pastore Michele Cialei perché i suoi cavalli avevano sconfinato ed erano entrati nell’appezzamento di terreno di quest’ultimo.
Come riporta ‘Il Messaggero’, il giudice, dopo la richiesta di risarcimento danni da parte dell’avvocato di parte civile Filippo Misserville, ha disposto una provvisionale di 100mila euro per ciascuno dei due figli della vittima.
Adesso, dopo la provvisionale, si attende che il magistrato stabilisca l’intera entità del risarcimento.
I genitori dell’allevatore ucciso, pur essendo persone offese, hanno deciso di non costituirsi parte civile.
Al momento, l’abitazione di Michele Cialei e il suo appezzamento di terreno sono stati posti sotto sequestro per il pagamento della provvisionale.
La ricostruzione del caso
‘Il Messaggero’ ha ripercorso le tappe del caso.
Il 24 ottobre del 2017, dopo essere uscito al mattino per far pascolare i suoi cavalli, Armando Capirchio è scomparso nel nulla.
Nel marzo del 2018, il corpo di Capirchio, che era stato fatto a pezzi, è stato trovato in un dirupo profondo 7 metri in località Ambrifi, nel territorio di Lenola (in provincia di Latina).
A seguito degli elementi raccolti dagli investigatori, Michele Cialei, con cui in passato Capirchio aveva già avuto discussioni molto accese per questioni di pascolo, è stato arrestato.
Dopo circa un anno dalla detenzione, Cialei ha confessato il delitto, raccontando che quel giorno i due avevano avuto una discussione molto accesa perché i cavalli di Capirchio avevano sconfinato ed erano entrati nel suo appezzamento di terreno. In un impeto di rabbia, Cialei aveva imbracciato il fucile e aveva colpito Capirchio facendolo cadere a terra. Poi l’aveva finito prendendolo a colpi di pietra.
In primo grado Cialei era stato condannato con il rito abbreviato, a 30 anni di reclusione. Il pubblico ministero Vittorio Misiti aveva chiesto l’ergastolo. In Appello a Cialei sono state riconosciute le attenuanti generiche e la sua pena è stata ridotta a 17 anni di carcere.
Tra le attenuanti era stato riconosciuto che l’efferatezza del fatto era avvenuta dopo il delitto, quando Capirchio era già morto. I giudici hanno tenuto conto anche del fatto che, qualche anno prima, era stato Capirchio ad aggredire fisicamente Cialei con un’accetta, costringendo il pastore al ricovero in ospedale.
Nel processo di primo grado, il figlio Terenzio, accusato di vilipendio e soppressione di cadavere, è stato condannato a 2 anni e 6 mesi di reclusione.