Cadaveri in valigia, spuntano nuovi dettagli: l'ipotesi sul movente
Nuovi dettagli sul giallo delle valigie contenenti resti umani ritrovate a Firenze: l'accusa formula una nuova ipotesi sulla donna arrestata
Colpo di scena sul giallo dei cadaveri rinvenuti in alcune valigie nel dicembre 2020 nei pressi del carcere di Sollicciano, a Firenze. All’udienza al tribunale del Riesame, la procura ha presentato nuovi atti d’indagine dai quali sarebbe emersa l’ipotesi che Elona Kalesha, l’allora fidanzata del figlio della coppia fatta a pezzi e nascosta nelle valigie, avesse commesso il duplice omicidio per nascondere una gravidanza risalente al 2015.
Come riporta il Corriere della Sera, stando a quanto ricostruito dalla pm Ornella Galeotti, il figlio della coppia scomparsa dal 2015, Teuta e Sphetim Pasho, non era al corrente del fatto che l’allora compagna fosse incinta. Nell’autunno del 2015 l’uomo era in carcere per spaccio, quindi il bimbo non sarebbe potuto essere suo.
Sarebbe proprio questo il movente, secondo l’accusa, che potrebbe aver spinto la donna ad assassinare i genitori del compagno: per impedire loro di riferire al figlio della gravidanza, interrotta nell’ottobre 2015, pochi giorni prima della scomparsa della coppia. La donna si trova in carcere con l’accusa di omicidio, occultamento e vilipendio di cadaveri.
Sarebbe emerso, inoltre, che la donna conosceva il luogo dove sono state rinvenute le valigie con i resti umani, un tratto della Firenze-Pisa-Livorno, in quanto proprio in quella zona avrebbe esposto uno striscione con un messaggio d’amore dedicato al compagno.
Sempre secondo quanto riporta il Corriere della Sera, il botanico forense ha depositato la perizia secondo la quale le valigie con i resti di Teuta e Sphetim Pasho, trovate nel 2020, fossero lì almeno dal 2015-2016.
Nel frattempo, come riporta La Nazione, gli avvocati difensori della donna hanno presentato una richiesta di scarcerazione in quanto sulle valigie non sarebbe stato rilevato il Dna dell’indagata. Una circostanza che, secondo i legali, “disarticola il principale elemento indiziario” nei confronti della donna.