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Emergenza cinghiali in Italia: quanti sono, perché sono pericolosi e cosa succede ora con l'emendamento caccia

I cinghiali aumentano sempre più e si avvicinano alle nostre città, causando incidenti e danni a persone e attività, ma la caccia potrebbe non servire

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Mirko Ledda

EDITOR E FACT CHECKER

Scrive sul web da 15 anni, muovendo i primi passi come ghost writer e facendo attività di debunking delle notizie false. Si occupa principalmente di pop economy, con particolare attenzione ai temi legati alla tecnologia e al mondo digitale, all'industria alimentare e alla sanità.

Sta facendo discutere l’emendamento Foti, contenuto nella legge di bilancio, che apporterà modifiche alle procedure del controllo faunistico, ovvero alle pratiche che permettono il contenimento del numero degli animali selvatici che causano problemi alle attività antropiche attraverso la caccia. La proposta, che dovrebbe servire a eliminare i cinghiali in sovrannumero che si spingono anche nelle aree urbane, è stata considerata ammissibile. Questo nonostante la materia che si discosta dal contenuto della manovra. E oltre a questo potrebbero sorgere conflitti con altre norme, in particolare con quelle europee e quelle che regolano la protezione delle specie in estinzione.

Cosa prevede l’emendamento alla legge di bilancio sulla caccia in città

L’emendamento è stato presentato dal deputato Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera ed è stato approvato in Commissione Bilancio il 21 dicembre. Introduce una modifica all’articolo 19 della legge n. 157 del 1992 sul prelievo venatorio e la protezione della fauna selvatica. Con questo termine si intende “l’insieme delle specie di mammiferi e uccelli dei quali esistono popolazioni che vivono in stato di naturale libertà, stabilmente o temporaneamente, sul territorio nazionale o vi sostano per brevi periodi”.

Rientrano nella definizione, dunque, tutti gli animali non domestici e non allevati. Fatta eccezione per ratti, topi, arvicole e talpe, il resto della fauna selvatica si divide tra animali a protezione totale, che non possono essere cacciati, e altri per i quali è possibile un prelievo legale che deve rispettare modi, tempi e numero massimo di esemplari, al fine di salvaguardare le popolazioni presenti sul nostro territorio.

Il nuovo emendamento consentirà però alle Regioni di provvedere al controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alle caccia, comprese le aree protette e le aree urbane, come i parchi cittadini, anche nei giorni di silenzio venatorio e nei periodi di divieto. Questo al fine di salvaguardare la biodiversità, la salute pubblica, l’incolumità delle persone, la sicurezza stradale e tutelare il patrimonio storico e artistico.

Se le attività ordinarie di controllo delle popolazioni animali dovessero risultare inadeguate a fare fronte a situazioni straordinarie, come l’emergenza cinghiali in diverse città, le Regioni potranno dunque autorizzare piani di controllo, della durata di cinque anni, che prevederanno l’abbattimento e la cattura degli esemplari in sovrannumero, informando prima l’Istituto superiore per la Protezione e la ricerca ambientale.

Questo tipo di intervento non costituisce attività venatoria, e dunque non è assimilabile alla caccia. Tuttavia le attività potranno essere svolte anche da cacciatori locali, a patto che siano regolarmente iscritti e agli ambiti territoriali e che frequentino prima dei corsi di formazione specifici. Gli animali abbattuti, viene specificato nell’emendamento, potranno essere consumati a tavola se supereranno le dovute analisi igieniche e sanitarie.

Perché la nuova norma è criticata dalle opposizioni e dagli ambientalisti

La nuova norma è stata ampiamente criticata dalle associazioni ambientaliste e da alcuni partiti dell’opposizione, come l’Alleanza Verdi Sinistra Italiana. Angelo Bonelli, co-portavoce di Europa Verde, ha dichiarato che la maggioranza di destra “ha approvato l’emendamento che introduce nella manovra economica la caccia a tutte le specie animali nei parchi e nelle città a ogni ora e in ogni periodo”.

“La norma non riguarda solo i cinghiali ma consentirà l’abbattimento di specie protette dall’Unione Europea, in totale violazione della direttiva Habitat e dell’articolo 9 della Costituzione“, ha sottolineato ancora il politico. Annunciando che il suo porterà avanti una “battaglia in Parlamento” che un “esposto all’Unione europea è già pronto, perché siamo convinti che l’Italia sarà messa in mora con l’avvio di una procedura d’infrazione“.

Nonostante il deputato non prenda in considerazione le limitazioni previste dallo stesso emendamento, sottolinea una forte criticità della modifica. Che, come già detto, si riferisce a tutta la fauna selvatica, e non solo ai cinghiali. Nelle intenzioni del legislatore c’era infatti l’abbattimento dei suini selvatici, e non averlo esplicitato potrebbe rendere la norma pericolosa per la biodiversità o esporre l’Italia a provvedimenti da parte delle autorità UE. Ma perché il partito di Giorgia Meloni ha deciso di operare con questa urgenza contro i cinghiali?

Quanti sono i cinghiali in Italia e perché stanno aumentando velocemente

In Italia le popolazioni di suini selvatici stanno crescendo a dismisura. Difficile dire quanti siano davvero i cinghiali nel nostro Paese. Le stime dell’Ispra indicano che si sarebbe passati da 500 mila individui nel 2010 a oltre un milione nel 2020. Coldiretti ritiene che nel 2022 siano addirittura 2,3 milioni. Questa specie è particolarmente feconda, si adatta facilmente a ogni ambiente, possiede un’elevata mobilità e ha comportamenti gregari. Tutti tratti che ne hanno reso possibile la crescita esponenziale negli ultimi anni.

Il progressivo abbandono di aree coltivate dell’Appennino e delle Alpi, la mancanza di grandi predatori e le nuove tecniche agricole, più rispettose dell’ambiente e degli ecosistemi, hanno dato un’accelerazione alla riproduzione dei cinghiali. Tanto che nel nostro Paese, e in altre zone d’Europa, si parla di una vera e propria emergenza. Che causa problemi su diversi fronti. Da una parte i cinghiali danneggiano le attività umane e causano incidenti in città, dall’altra rappresentano una bomba a orologeria sanitaria.

Quanto sono pericolosi i cinghiali? Causano danni e incidenti: i numeri

Secondo quanto dichiarato da Ettore Prandini, numero uno di Coldiretti, i cinghiali e la fauna selvatica del nostro Paese causano un incidente ogni 41 ore. Il numero di incidenti gravi con morti e feriti causati da animali sarebbe aumentato dell’81% sulle strade provinciali. E si parla ormai di invasione delle città, considerando che più di un italiano su quattro, il 26% del campione sentito dall’associazione, si è trovato faccia a faccia con un cinghiale, anche in ambiente cittadino.

I branchi si avvicinano sempre di più alle abitazioni e alle scuole, ai parchi, ai terreni agricoli. E spesso aggrediscono i cittadini e gli altri animali. “La situazione è diventata insostenibile in città e nelle campagne, con danni economici incalcolabili alle produzioni agricole. E viene compromesso l’equilibrio ambientale di vasti ecosistemi territoriali”, ha dichiarato il presidente della Coldiretti, spiegando che 8 italiani su 10, oggi, sono favorevoli al potenziamento della caccia al cinghiale, anche nelle aree urbane.

Che malattie trasmettono i cinghiali: allerta per la peste suina africana

L’altro grande problema legato alla libera circolazione dei cinghiali è la diffusione della peste suina africana. Si tratta di una malattia virale che non è trasmissibile agli esseri umani, ma che può causare ingenti danni al tessuto economico. È infatti altamente contagiosa e spesso letale anche per i maiali d’allevamento, e i capi di bestiame positivi devono essere abbattuti per fermarne la circolazione.

In Italia la malattia era presente unicamente in Sardegna, dove ora la peste suina africana è sotto controllo, ma nel 2022 ne è stata confermata la presenza in diversi cinghiali infetti in Piemonte, in Liguria e nel Lazio, all’interno della città di Roma, con l’istituzione di zone rosse. Il virus isolato nell’Italia continentale è diverso da quello sardo, ed è invece riconducibile all’epidemia di PSA esplosa nel 2014 in alcuni Paesi dell’Est, per poi diffondersi anche nel resto d’Europa e arrivare in Estremo Oriente e Oceania. Per ora non esiste un vaccino contro la peste suina africana, ma potrebbe arrivare molto presto.

Un cinghiale in città.

La caccia è l’unica soluzione per porre fine all’emergenza cinghiali?

La caccia è dunque la miglior soluzione per porre fine al problema dei cinghiali in Italia? No, secondo una review presentata dal WWF nel febbraio 2022, che prende in considerazione oltre 80 studi in materia. E che spiega che in realtà l’attività venatoria e il selecontrollo sono responsabili di un aumento del numero dei cinghiali. In sostanza, viene spiegato dall’associazione ambientalista, i numeri aumentano perché i cinghiali, sotto pressione per il loro abbattimento e per la destabilizzazione dei gruppi familiari, tendono a riprodursi di più.

Il cinghiale vive infatti in gruppi formati da più femmine, il cui estro, e quindi il ciclo riproduttivo, si sincronizza, e avviene una sola volta all’anno. I feromoni emessi dalla femmina più anziana, la matrona, inibiscono la riproduzione degli esemplari più giovani. E le permettono l’accoppiamento esclusivo con il salengano, un maschio potente ma con bassa carica spermatica.

Questo meccanismo non avviene però con l’intervento dei cacciatori, che, uccidendo le matrone e i grandi maschi, in quanto prede più ambite, provocano l’estro anticipato delle giovani, che si accoppiano senza controllo con maschi altrettanto giovani e ad alta carica spermatica. La popolazione, con l’assenza della matrona e quindi sotto minaccia, inizia così ad aumentare in maniera esponenziale e diventare sempre più giovane. Tanti più piccoli vengono al mondo, tanto più la specie avrà possibilità di sopravvivere.

Il WWF consiglia invece di ricorrere a catture con i chiusini, ai recinti elettrificati e alla sterilizzazione. Tecniche meno invasive e più rispettose delle gerarchie dei gruppi sociali di questi animali, benché molto dispendiose e difficilmente applicabili ai vasti e variegati territori italiani. E che necessiterebbero di molte risorse umane, oltre che economiche, per coordinare le attività di tutta la Penisola e fermare la proliferazione dei cinghiali in maniera efficiente.

Fonte foto: ANSA

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