La testimonianza di fra Faustino: "I profughi e la mia Ucraina devastata dalla guerra"
La guerra in Ucraina e il dramma dei profughi. Intervista a fra Faustino dell'Antoniano che ci racconta il suo Paese prima del conflitto e adesso.
Fra Faustino è un giovane frate francescano originario dell’Ucraina, più precisamente di Shargorod, nell’Oblast’ di Vinnycja, a circa 45 km dal confine con la Moldavia. È uno di quesgli ucraini cresciuti studiando il russo a scuola, in una terra dove le persone hanno imparato a convivere pacificamente nel rispetto reciproco. Dopo aver studiato in Italia e in Polonia e aver girato l’Ucraina in missione, oggi si trova nel convento di Terrasanta di Bordighera, in provincia di Imperia, dove in questi giorni si sta impegnando senza sosta per accogliere le mamme e i bambini in fuga dalla guerra.
Fra Faustino non è solo. Al suo fianco c’è l’Antoniano che, in questi difficili giorni, ha esteso all’Ucraina la rete solidale di Operazione Pane, con interventi nel Paese, ai confini e in Italia, dove stanno arrivando migliaia di profughi in fuga dalla guerra. In Italia, l’Antoniano sta organizzando l’accoglienza dei rifugiati in Liguria, nei conventi di Bordighera e Montenero, così come a Bologna in diverse strutture. In Ucraina, attraverso l’Operazione Pane, sostiene le realtà francescane di Konotop, Odessa e Kiev, attive nell’accoglienza delle persone rimaste senza casa, nel sostegno della popolazione colpita dalla guerra e nel supporto per la fuga di mamme e bambini.
Proprio a Bordighera sono già arrivate quattro mamme con sei bambini dai 7 ai 10 anni e uno di 16, come ci ha spiegato fra Faustino. Commosso, il frate francescano ci ha raccontato l’arrivo in Italia di queste famiglie, qual è la situazione in Ucraina e come convivevano le persone fino a quel 24 febbraio in cui i bombardamenti nel primo mattino hanno dato inizio ufficialmente alla guerra in Ucraina.
- Come siamo arrivati alla guerra
- L'Ucraina prima della guerra
- I profughi in fuga dall'Ucraina
- Gli aiuti e l'accoglienza dei profughi
Come siamo arrivati alla guerra
Qual è la situazione attuale in Ucraina? Cosa ti raccontano i tuoi contatti sul posto?
Sono in continuo contatto con i miei familiari, parenti, fratelli francescani. Tutta l’Europa e tutto il mondo si sono svegliati quella mattina del 24 febbraio con questa notizia terribile. A me alle 5.20 è arrivato il primo messaggio su WhatsApp. I nostri parrocchiani a Kotomer hanno scritto: “Padre, le chiediamo di pregare per noi, è iniziata la guerra”. Loro abitano alla periferia di Kotomer dove c’è una delle prime basi militari che sono state colpite. Poi ho contattato i miei familiari e mi hanno confermato che c’era un bombardamento delle basi militari in quasi tutta l’Ucraina. Successivamente c’era questo terrore e tanta preghiera ardente. C’è la disgrazia di questa guerra che il governo russo chiama “intervento militare”.
Come è stato percepito questo attacco dalla popolazione locale?
Questa guerra non è tra popolo russo e popolo ucraino, ma soprattutto tra il regime russo contro il popolo ucraino. Ci sono morti, rifugiati, feriti, anche tra bambini innocenti. Ma c’è anche la grazia di tante persone di buona volontà dall’Italia e dal mondo. Si è manifestata tantissima solidarietà e amicizia. Ma, tra i nostri vicini, alcuni hanno messo il coltello alla schiena, come la Bielorussia. Però distinguiamo, il popolo bielorusso è fantastico: avevamo un convento in Bielorussia, la Basilica Nazionale della Madonna a Budslaw, l’abbiamo trasformato in un gioiello dopo il comunismo, ma lo abbiamo dovuto lasciare perché siamo stati quasi espulsi da Lukashenko.
Potevamo prevedere questa guerra in Ucraina?
Questa guerra non è iniziata due settimane fa, il 24 febbraio, ma dura da 8 anni, da quando la Russia ha rubato la Crimea. Poi non si è saziata solo di quello, ma ha rubato altre due fette, le regioni di Lugansk e di Donetsk nel Donbass. Poi c’era quella frontiera provvisoria che si spostava di qua e di là ad est dell’Ucraina, dove venivano ad esercitarsi come se fosse un safari i cecchini e militari russi che sparavano contro i nostri militari difensori. Poi, per carità, anche i nostri militari rispondevano, però ufficialmente non potevano perché la Nato aveva paura della Terza Guerra Mondiale.
Al nostro presidente raccomandavano: “State buoni, tranquilli e portate pazienza perché, se iniziate a rispondere, scoppia la Terza Guerra Mondiale. Infatti, i nostri sopportavano, ma i funerali erano uno o due a settimana. Ma questo tempo ci è servito e forse dobbiamo ringraziare la Nato per averci trattenuti un po’ perché ci è servito come tempo per la mobilitazione spirituale e nazionale.
I russi non si aspettavano questa solidarietà e questa volontà del popolo ucraino di vivere liberamente. Questi 8 anni sono serviti per prepararci e trovarci a difenderci. Ed è quello che stiamo vedendo: il progetto era di entrare e prendersi l’Ucraina in quattro giorni, ma sono passate due settimane e non hanno preso un granché.
La guerra in Ucraina ha anche innescato il problema dei profughi
Forse questo era il progetto del regime del Cremlino. Ricorderai senz’altro come volevano fare entrare quei profughi attraverso la Bielorussia. Non sono riusciti e così sta riempiendo di profughi l’Europa. Oggi c’è la legge che gli uomini dai 18 ai 60 anni non possono uscire dal Paese e infatti noi a Bordighera accogliamo solo le donne e i bambini. A dire la verità, non abbiamo avuto richieste di uomini dai 18 ai 60 anni. Però abbiamo parecchie mamme con i bambini.
L’Ucraina prima della guerra
Voi operate in zone di calde, come Konotop nella parte nord verso il confine con la Russia e Odessa dove in questi giorni ci sono violenti scontri. Qua convivono persone di lingua ucraina e russa. Qual era la situazione prima della guerra?
Tutto inizia durante l’epoca di Stalin. Le persone benestanti dovevano dare tutto ai kolchozy collettivi. Era il comunismo: se uno aveva 10 mucche, 9 doveva darle allo Stato. Chi era contrario veniva mandato in Siberia. Altri russi invece venivano mandati nell’Ucraina orientale. Quindi era stato fatto questo spostamento e mescolamento della gente. Poi i loro discendenti sono rimasti. Almeno metà degli ucraini parla in lingua russa e non c’è mai stato un problema vero e proprio.
Io sono cresciuto nella regione di Vinnytsya a Shargorod e i nipoti dei nostri vicini vivono tuttora in Russia. Ogni estate venivano e parlavano in russo, non sapevano l’ucraino. Ma, essendo io nato durante l’Unione Sovietica, la lingua russa era obbligatoria a scuola, tutto era in russo. Per me non c’è mai stato nessun problema, anzi sono grato di questo: ho imparato una lingua in più e, girando per il mondo, l’ucraino non è conosciuto ma il russo mi è servito più volte.
In realtà, la lingua non è mai stata un problema. Non è come dice il presidente Putin, che i russi sono oppressi perseguitati perché sono russi o parlano russo. Dal mio punto di vista e per quella che è la mia esperienza, non è mai stato un problema. Questo conflitto è artificiale: la cultura, la religione o la lingua non sono mai stati il problema.
Voi siete presenti in diverse regioni dell’Ucraina con dei conventi francescani. Qual è il rapporto tra le diverse religioni nel Paese?
Ottimo. Ci sono gli ortodossi del Patriarcato di Mosca, quelli del Patriarcato di Kiev, i greco-cattolici, noi cattolici, poi altre minoranze religiose. Non abbiamo mai avuto problemi. Ci sono un po’ di problemi tra ortodossi di Mosca e di Kiev e questi problemi tra i due rami dell’ortodossia sono un po’ aumentati con l’inizio di questo conflitto. Però noi, come cattolici, viviamo con tutti in pace. Non è stata nemmeno la religione il motivo di questa guerra.
C’era una convivenza veramente pacifica. Per esempio, io sono nato in una periferia. A destra e sinistra della casa dei miei genitori vivono degli ortodossi e c’era un rispetto reciproco. Per esempio, noi festeggiamo il Natale il 25 dicembre e loro il 7 gennaio. Per noi nelle campagne è un segno di rispetto non fare i lavori pesanti quando i vicini festeggiano e rispettare le loro feste. E viceversa: il 25 dicembre i vicini venivano a farci gli auguri.
I profughi in fuga dall’Ucraina
A fuggire dall’Ucraina sono le mamme e i bambini, mentre i mariti rimangono a combattere, corretto?
Proprio così. Non tutte sono sposate, ma nel 90% dei casi i mariti sono rimasti lì. Proprio ieri è arrivata una mamma con tre bambini. Per la prima volta guidava la macchina da sola in Europa. Il marito è rimasto per difendere la patria. Quando arrivano, c’è un’incognita, qualcosa hanno visto magari dalle notizie o dalle chat con gli amici, ma la sicurezza non c’è. È come per il popolo ebraico nel deserto dove c’era la promessa della terra, però c’erano anche tante difficoltà e l’incognita del viaggio.
Le prime hanno fatto 6 giorni di viaggio, sono partite da Odessa, il 24 e 25 hanno dormito nei sotterranei. Ma questi non sono bunker, sono cantine dove normalmente mettono un po’ di patate e carote che portano i parenti in campagna. Non è un ambiente adatto, ma hanno dormito lì le prime due notti e poi hanno deciso di partire.
E non è nemmeno semplice uscire dall’Ucraina.
Dipende da dove. Per esempio, da Odessa o Kiev forse è un po’ più facile. Adesso Odessa è accerchiata, ma nei primi due giorni sono riuscite. Hanno fatto 80 km da Odessa alla Moldavia in 27 ore. Quelli di Mariupol invece sono circondati ed è difficile uscire. Dipende da dove arrivano: dall’Ucraina occidentale o centrale è relativamente più facile; invece, da Odessa, Kharkiv, Mariupol, Sumy è difficile uscire. Ma incontrano tantissima solidarietà in Ucraina occidentale dove la politica e la propaganda hanno lavorato per anni e anni per preparare il terreno.
Quando ero stato in Ucraina e giravo per conventi, ho visto la differenza nella cultura e nel benessere. Quando andavo ad ovest verso Leopoli, sembrava di andare nel futuro perché, strada facendo, anche le case avevano un aspetto migliore. Invece, andando ad est verso Konotop, era come tornare progressivamente nel passato perché ogni 100 km c’era più povertà.
Gli aiuti e l’accoglienza dei profughi
I lettori ci chiedono cosa possono fare per aiutare.
Noi abbiamo iniziato a raccogliere i viveri e i medicinali che spediamo in Ucraina alle persone in difficoltà per la guerra. In una settimana abbiamo inviato tre pulmini pieni di viveri e medicinali. Poi noi aiutiamo concretamente con i fondi: aiuti concreti con i nostri frati che sono tutti rimasti nei conventi. Nessuno di loro è scappato e hanno aperto le porte accogliendoli.
Invece, qui a Bordighera abbiamo aperto le nostre strutture. C’è una gara di solidarietà per aiutare i rifugiati. Quello che manca è la verdura, frutta, yogurt e il cibo fresco per il quale non possiamo provvedere per lungo tempo. Nella frazione di Montenero mancava internet, utile perché loro sono in contatto con i parenti e familiari in Ucraina.
Di cosa hanno bisogno le persone che sono sotto i bombardamenti in Ucraina?
Viveri. Soprattutto viveri. La gente ha portato anche tanti vestiti, ma quelli servono meno perché chi scappa si porta qualcosa dietro e chi rimane, se la casa non viene distrutta, qualcosa ce l’ha. I vestiti sono quindi l’ultima cosa della quale hanno bisogno. Servono soprattutto viveri di lunga scadenza e cibo in scatola.
Alcuni dei nostri lettori ci chiedono come ospitare i rifugiati in Italia.
Alcuni ci aspettano davanti alla porta: per esempio ieri dopo la messa c’era una mamma con tre bambini, forse si passano la parola e sanno che accogliamo. Poi noi collaboriamo con tante istituzioni, per esempio la Croce Rossa e la Protezione Civile. Chi vuole accogliere, fa sicuramente un grandissimo gesto di umanità e solidarietà (qui la raccolta fondi dell’Antoniano).
Tutte le persone che abbiamo qua hanno il desiderio di tornare. Per esempio, i miei genitori sono rimasti volontariamente in Ucraina, così come mio fratello e tutti i miei parenti. Però la loro zona non è coinvolta direttamente nella guerra, non ci sono bombardamenti. Io ho insistito e sono riuscito a fare venire qua mia cognata con due piccoli nipoti. Ma lei ha detto che appena finirà e sarà possibile tornare, loro ritorneranno. Chi è scappato, ma ha lasciato il marito, i genitori, il lavoro ha intenzione di tornare appena sarà possibile.