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Svelata l'ultima lettera di Silvio Berlusconi: l'intervista a chi l'ha ricevuta, Giovanni Paolo Bernini

Resa pubblica l’ultima lettera inviata dall’ex premier prima della scomparsa: parla Giovanni Paolo Bernini, volto di Forza Italia in Emilia Romagna

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Federico Casanova

GIORNALISTA

Giornalista professionista, esperto di politica, economia e cronaca giudiziaria. Collabora con importanti realtà editoriali e testate giornalistiche. Organizza eventi, presentazioni e rassegne di incontri in tutta Italia. Ha svolto il ruolo di ufficio stampa per diverse campagne elettorali locali e nazionali.

Negli ultimi 20 anni della storia italiana, abbiamo assistito a molte vicende giudiziarie cariche di odio ideologico, talvolta di pressappochismo investigativo e, soprattutto, abbiamo assistito ad una forma di lotta politica che ha utilizzato le procure giacobine della magistratura per delegittimare gli avversari politici e per ostacolare, come nel caso che descrivi, la ricerca delle reali responsabilità di gravi reati.

È una sorta di testamento politico e giudiziario quello inserito da Silvio Berlusconi nell’ultima lettera scritta di suo pugno e divulgata ufficialmente a suo nome, lo scorso 3 giugno, solo nove giorni prima della sua morte, sopraggiunta mentre era ricoverato all’ospedale San Raffaele di Milano. Il messaggio fa parte di un testo più lungo e articolato inoltrato a Giovanni Paolo Bernini, volto noto di Forza Italia in Emilia Romagna, già presidente del Consiglio comunale di Parma e collaboratore del ministero delle Infrastrutture durante il secondo governo del Cavaliere.

Bernini venne attenzionato dagli inquirenti durante le indagini del maxiprocesso Aemilia, inchiesta nata per accertare le collusioni in Emilia Romagna tra esponenti della politica locale, imprenditori e diversi clan della ndrangheta calabrese. Bernini divenne imputato, poi venne prosciolto da ogni accusa e, ormai da diversi anni, si ritiene una vittima della malagiustizia politicizzata. Ha raccontato la sua vicenda nel libro “Colpo al sistema“, la cui presentazione alla Camera dei Deputati è stata l’occasione per ricevere l’ultima lettera di Berlusconi.

L’ultima lettera scritta in vita da Silvio Berlusconi: parla Giovanni Paolo Bernini, il politico che l’ha ricevuta

Giovanni Paolo Bernini, che sensazioni sta provando in questo giorni?

Sono preso da un duplice stato d’animo. Da una parte, ovviamente, c’è il dolore per la perdita di un uomo che ho sempre considerato come un padre. Ero segretario dei giovani socialdemocratici quando rimasi folgorato, nel 1994, dalla forza del presidente Berlusconi, che con Forza Italia voleva cambiare l’Italia sulle macerie della Prima Repubblica. Dall’altra parte, c’è comunque un sentimento di enorme responsabilità per la lettera ricevuta pochi giorni fa. Le sue parole rimarranno nella mia mente e nel mio cuore, saranno come un faro per il mio futuro. Saprò portarmi sulle spalle il messaggio che mi ha voluto affidare.

Si aspettava il messaggio di Berlusconi, lo avevate concordato?

No, era da un po’ che non lo sentivo, complici anche i vari problemi di salute che lo avevano costretto al primo ricovero all’Ospedale San Raffaele. Nel frattempo, io avevo pubblicato il mio ultimo libro “Colpo al sistema”, in cui racconto la mia vicenda personale. Sono stato vittima dell’azione di un pm, Marco Mescolini, che in Emilia ha preso di mira gli esponenti del centrodestra, nascondendo invece le reali responsabilità degli amministratori di sinistra, che hanno spianato la strada alle infiltrazioni mafiose. Credo che il presidente Berlusconi si sia ritrovato nel mio racconto, proprio lui che per tutta la vita è stato attaccato dalle toghe rosse.

Ci racconta qualche aneddoto di quando lo ha frequentato?

Volentieri, ci tengo a citare un episodio in cui emerse tutta la sua straordinaria umanità, spesso nascosta davanti alle telecamere. Durante il suo secondo governo, ero collaboratore del ministro Pietro Lunardi (titolare del dicastero delle Infrastrutture e dei Trasporti, ndr), eravamo all’aeroporto di Ciampino e stavamo per imbarcarci in direzione Venezia, per seguire i lavori di realizzazione del Mose. Il presidente si faceva attendere. Quando arrivò, rimasi a bocca aperta: piangeva a dirotto. Aveva appena visto in TV la storia di una donna extracomunitaria destinataria di un ordine di rimpatrio. Le erano stati strappati i due figli piccoli e – aldilà del caso specifico – questo aspetto non era proprio piaciuto a Berlusconi, che rimase turbato per tutto il viaggio.

Il destino di Forza Italia dopo la scomparsa di Silvio Berlusconi: parla Giovanni Paolo Bernini

Lei è stato anche un punto di riferimento per Forza Italia in Emilia Romagna. Che futuro vede per il partito?

A mio avviso, la classe dirigente di Forza Italia – ora più che mai – deve assicurare al nostro Paese altri 30 anni di berlusconismo. Come se fosse una filosofia di vita e di impegno politico e sociale. Lo devono a lui gli attuali rappresentanti di Forza Italia nel governo di Giorgia Meloni. E glielo dobbiamo tutti noi, che da sempre abbiamo creduto nel disegno di cambiamento che Berlusconi ha voluto per il nostro Paese. Molte delle sue riforme sono ancora da realizzare. È un dovere che abbiamo nei suoi confronti.

Teme delle fuoriuscite dal partito, verso la Lega o Fratelli d’Italia?

Mi auguro di no, purché chi rimanga continui a portare avanti le nostre battaglie seguendo solo ed esclusivamente la sua volontà. In caso contrario, ognuno potrà fare le scelte che ritiene più opportune.

I figli potrebbero avere un ruolo in queste dinamiche?

Assolutamente sì. Il loro contributo sarà fondamentale, credo indispensabile in questa fase di cambiamento. Essi hanno nel DNA quei valori, quella generosità e quella lungimiranza che ci hanno tenuti uniti dal 1994 fino ad oggi. Inoltre auspico fortemente un impegno ancor più diretto del fratello Paolo Berlusconi.

Che idea si è fatto della polemica sui funerali di Stato e il lutto nazionale?

Mi chiedo, seriamente, chi avrebbe meritato questi onori più di Silvio Berlusconi? Oltre ad essere stato il presidente del Consiglio più longevo della nostra Repubblica, il Cavaliere merita tutti gli omaggi possibili per le imprese compiute nel mondo dell’imprenditoria e in quello dello sport. I traguardi che ha raggiunto lo hanno reso il cittadino italiano più conosciuto e stimato nel mondo.

Che cosa vorrebbe dire alle persone che, invece, in questi giorni continuano a contestarlo.

Ho percepito in queste ore che – anche coloro che non l’hanno mai amato – si stanno rendendo conto della sua grandezza e dell’empatia che riusciva a trasmettere. Ormai, nel Paese, sono rimasti pochissimi quelli che si ostinano a mistificare il passato. Credo non vada riservata loro particolare attenzione.

Anche alla luce della sua pesante esperienza giudiziaria, si vede ancora in prima fila in Forza Italia in futuro?

In politica, lo sostengo da sempre, la prima fila si guadagna con i rapporto costante con la gente. Sto percependo che la mia battaglia per una giustizia “giusta” risulta sempre più condivisa e popolare. Sì, sono nuovamente pronto a “scendere in campo”, usando le celebri parole del presidente Berlusconi.

In quale occasione lo farà?

Nel 1990 vinsi un premio della Rai intitolato “i giovani incontrano l’Europa”. Ecco, il mio futuro potrebbe essere quello.

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