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La versione di Amato e Andò sulla strage di Ustica non convince il pm Salvi: i dubbi sull'ipotesi francese

Il giudice Giovanni Salvi, che indagò sulla strage dal 1990 al 2002, non è convinto dalle parole di Amato e Andò e ha dubbi sulla pista francese

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Luca Bucceri

GIORNALISTA

Giornalista pubblicista esperto del mondo dello sport e della politica, scrive anche di attualità ed economia. Laureato in Scienze della Comunicazione, muove i primi passi nelle redazioni sportive di Palermo per poi trasferirsi a Milano e lavorare per importanti testate.

A 43 anni di distanza dalla strage di Ustica, quella del volo Dc9 dell’Itavia che il 27 giugno 1980 precipitò vicino l’isola provocando la morte di 77 passeggeri e 4 membri dell’equipaggio, sono tanti gli interrogativi su quanto avvenuto quella sera. Un incidente aereo avvolto nel mistero che è ritornato agli onori della cronaca nelle ultime settimane per le parole dell’ex presidente del Consiglio Giuliano Amato che ha mosso pesanti accuse contro la Francia, dichiarazioni appoggiate anche da Salvo Andò che fu ministro della Difesa nel suo Governo. Ma per il pm Giovanni Salvi, che dal 1990 al 2002 indagò sulla strage, la versione dei due non convince.

La versione di Amato

Il primo a rimettere sotto la luce dei riflettori la strage di Ustica del 1980 è stato l’ex premier Giuliano Amato, che in un’intervista a La Repubblica non le ha di certo mandate a dire alla Francia e al presidente Emmanuel Macron. L’ex presidente del Consiglio, infatti, è convinto che nell’incidente aereo siano coinvolti proprio i francesi.

Secondo Amato, in un duello fra caccia della Nato (francesi o statunitensi) contro uno o più Mig libici, il Dc9 sarebbe finito sulla linea di tiro e sarebbe stato abbattuto per sbaglio. A sganciare il missile sarebbe stata la Francia alla quale Amato, rivolgendosi a Macron, ha chiesto di smentire le sue parole o, al contrario, di chiedere scusa all’Italia.

La conferma di Andò

Parole, quelle di Amato, che hanno smosso la politica, con l’attuale presidente del Consiglio Giorgia Meloni che ha chiesto maggiori elementi sulla tesi sostenuta dall’ex capo del Governo. E a intervenire, sempre intervistato da La Repubblica, ci ha pensato anche l’ex ministro della Difesa del governo Amato, Salvo Andò.

Nell’intervista rilasciata al quotidiano, Andò ha sostenuto la tesi avanzata da Amato, sottolineando di aver chiesto tante volte informazioni ai francesi sulla strage, ma sbattendo contro un muro definito “di gomma”.

“Partecipai a un bilaterale, c’erano anche Giuliano Amato e Francois Mitterrand. Ustica non era all’ordine del giorno, in modo fermo e garbato posi la necessità di un’operazione trasparenza tra Paesi amici. Ma Mitterrand non disse una parole, si mostrò infastidito e Amato mi fece cenno di lasciar perdere” ha raccontato.

Giuliano Amato, ex presidente del Consiglio

E sulle parole di Amato ha sottolineato: “Mi colpiscono quelli che ora criticano Amato, e che si chiedono quale sia il disegno. Amato parla adesso perché ora ci sono le condizioni per esigere dalla Francia piena collaborazione“. L’ex ministro ha infatti spiegato che del vecchio establishment non c’è più nessuno e che “c’è una nuova generazione al potere”

I dubbi del pm Salvi

E a proposito della posizione della Francia anche il giudice Giovanni Salvi, che dal 1990 al 2002 ha guidato le indagini sulla strage, nutre dei dubbi sulle dichiarazioni di Amato e Andò. Il pm, intervistato dal Corriere della Sera, ha infatti ricostruito passo passo le indagini portate avanti negli anni e quelli che sono stati i risultati.

Per Salvi, però, non vi è certezza che possa essere stato un missile ad abbattere il Dc9 dell’Itavia, con le indagini che si conclusero accertando che “un velivolo attraversò trasversalmente la rotta del Dc9 precipitato negli istanti immediatamente successivi alla perdita dell’aereo”. Per quanto riguarda la Francia, il giudice ha spiegato di aver trovato scarsa collaborazione e risposte parziali.

La prova certa sul missile non è emersa, perché sul 90% della superficie bagnata del relitto recuperata non è stata individuata alcuna traccia di impatto esterno dell’esplosione. Bomba? Esaminata a lungo, ma i risultati sono stati contrastanti e incompatibili con i resti trovati in fondo al mare”, ha aggiunto. Poi, rispondendo alle domande sui depistaggi militari, ha sottolineato: “Noi ci siamo dovuti fermare a un quadro di intenso traffico aereo, generato dalla base francese di Solenzara, in Corsica, ma anche lungo la rotta del Dc9”.

Sul caso indagò anche il compianto Andrea Purgatori, al quale arrivò una indicazione sul velivolo che “tagliò” la strada al Dc9: “Questa ricostruzione portò il giudice istruttore Rosario Priore a descrivere uno scenario bellico che coinvolse il Dc9; noi come Procura ci fermammo un po’ prima“.

E sulla richiesta di Amato ha concluso: “Ogni informazione o sollecitazione andrebbe accompagnata dall’indicazione delle fonti per poterne accertare la fondatezza e la possibilità di riscontro, per non generare ulteriori incertezze o frustranti aspettative”.

Fonte foto: ANSA

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