NOTIZIE
POLITICA ESTERA

Joe Biden contro Donald Trump, chi ha vinto davvero il dibattito in tv: l'analisi dell'esperto dopo il duello

Il dibattito in tv tra Joe Biden e Donald Trump non è stato vinto da nessuno, ma sicuramente il candidato dem ha perso. L'intervista a Federico Petroni di Limes

Pubblicato:

Eleonora Lorusso

GIORNALISTA

Giornalista professionista dal 2001, ha esperienze in radio, tv, giornali e periodici nazionali. Conduce l’annuale Festival internazionale della Geopolitica europea. Su Virgilio Notizie si occupa di approfondimenti e interviste, in particolare su Salute, Esteri e Politica.

Quella andato in scena nella notte italiana tra giovedì 27 e venerdì 28 giugno è stato il primo dibattito in tv tra i due candidati alla presidenza Usa. Donald Trump e Joe Biden si sono affrontati ad Atlanta, nella sede della CNN: un vero e proprio duello in una lunga campagna elettorale che, il prossimo novembre, culminerà con il voto e con la scelta del prossimo inquilino della Casa Bianca. Ma chi ha vinto davvero il primo dibattito? L’analisi di Federico Petroni, esperto di Stati Uniti e curatore di Fiamme americane, Osservatorio sugli Usa di Limes.

La reazione dei media Usa

I media americano hanno sottolineato le difficoltà avute da Joe Biden durante il dibattito, a partire dalla voce roca e fioca.

C’è chi, come David Axelrod – consulente politico dei dem – ha definito la performance del presidente un vero e proprio choc.

Un momento del dibattito tra Donald Trump e Joe Biden, candidati alla presidenza Usa, nella sede della CNN ad Atlanta

Al contrario, Donald Trump – già avanti nei sondaggi prima della battaglia – è sembrato quantomeno più determinato, nonostante anche lui sembrasse meno energico rispetto a 4 anni fa.

La rivelazione di Joe Biden: “Sono malato”

Joe Biden si è difeso rivelando la sua indisposizione durante il duello.

Di fatto, ha tagliato corto quando gli sono state fatte alcune domande sui problemi alla voce emersi durante il dibattito: “Sono malato”, ha confessato.

Nel frattempo, tra i dem, si fa largo l’ipotesi di un cambio di candidatura in corsa.

L’intervista a Federico Petroni

Si può dire che Biden invece che convincere e sgombrare il campo dai dubbi sulla sua lucidità li ha in qualche modo aggravati?

“Sicuramente c’erano già fortissimi dubbi alla vigilia del confronto tv di questa notte e ora Biden li ha confermati tutti. Adesso parte ufficialmente la campagna democratica per convincerlo a rinunciare alla corsa per un secondo mandato alla Casa Bianca”.

Quali sono le strade percorribili?

“Gli scenari sono diversi. Il primo è la cosiddetta Open Convention: se il presidente rinuncia alla candidatura in occasione della convention democratica (in programma a fine agosto a Chicago, ndr) si può proporre un nuovo nome. Un’altra possibilità è un golpe contro Biden, che non è da escludere anche se meno probabile. È un gesto estremo e significa che i delegati, che non sono obbligati a votarlo, potrebbero ribellarsi non dando l’investitura ufficiale. Oppure Biden potrebbe essere rimosso forzatamente dal ticket democratico, che è anch’essa opzione estrema che potrebbe anche solo essere minacciata, senza essere percorsa”.

In cosa consiste?

“Il Democratic National Committee prevede lo si possa fare in caso di morte del candidato, per sue dimissioni volontarie o perché incapacitato. Nel 2016 fu un’opzione accarezzata per poco con Hillary Clinton per il cosiddetto email-gate, con l’idea di toglierla dal ticket a causa dell’inchiesta in corso. Poi, però, non se ne fece nulla a causa della ravvicinata scadenza elettorale. Un ultimo scenario è la sostituzione della vicepresidente, anche se meno probabile. Si può ipotizzare quando si ha un leader fragile, che però potrebbe farsi da parte durante il mandato al suo vice, appunto, se questo fosse più forte ed energico, giovane e con un gradimento maggiore. Ma Kamala Harris ha un tasso di approvazione basso come quello di Biden. Inoltre si è ritagliata un ruolo all’interno del partito democratico tale per cui metterla da parte rappresenterebbe un’umiliazione troppo grande”.

Chi potrebbe essere, allora, un eventuale nuovo candidato democratico? Si è fatto spesso il nome di Michelle Obama, ma lei finora ha rifiutato…

Michelle Obama ha dalla sua la popolarità, non c’è bisogno di presentarla, e questo sarebbe un enorme vantaggio per i democratici perché le alternative altrimenti ricadrebbero su alcuni governatori di Stati come la Pennsylvania, Josh Shapiro, che hanno ottimi riscontri e grande credibilità, ma sono meno noti. Gavin Newsom, governatore della California, è un altro potenziale candidato, ma il suo modello è considerato troppo avanguardista: pesano la crisi degli alloggi e l’eccessivo costo della vita in California, per cui non sono sicuro che sarebbe una buona scelta per il partito democratico”

Perché finora Joe Biden ha insistito nel volersi candidare per un mandato bis, a dispetto dei sondaggi?

“Soprattutto per un forte orgoglio personale. In realtà il partito non è così coeso sulla sua scelta. Finora si partiva da una considerazione: in America il partito del candidato che sfida il presidente quasi sicuramente perde le elezioni, come è accaduto con Bush senior o Lindon Johnson, quindi si ha avuto paura di rovinare le chance elettorali dei democratici rispetto alle possibilità di vittoria in un rematch contro Trump. Ma ora la situazione appare cambiata. Paradossalmente i democratici hanno voluto anticipare il duello tv per resettare la campagna elettorale e dimostrare che i dubbi sulla lucidità di Biden e la sua età non rappresentavano un ostacolo, mentre il confronto ha confermato l’urgenza di questo tema”.

Come è apparso, invece, Donald Trump?

“Trump finora non era stato testato sul campo, mentre ha dimostrato di non essere così in forma. Ne è uscito sicuramente meglio di Biden, ma anche lui molto grigio rispetto al passato: non è il Trump di 4 o 8 anni fa, è più anziano, più stanco. Certo, confronto a Biden ha lanciato un messaggio coerente, ha dimostrato di essere in grado di comunicare e arrivare a destinazione. Ma la domanda è: cosa sarebbe accaduto se si fosse confrontato con un candidato democratico più giovane? Di fronte al dubbio, aumentano ora le richieste a Biden di farsi da parte”.

Quali sono stati e saranno – presumibilmente – i temi centrali che sposteranno voti? Immigrazione, economia, impegno estero?

I temi contano 100 volte meno della performance che abbiamo visto. Entrambi i candidati hanno sviato buona parte delle domande, difficili e precise, poste dai giornalisti della CNN. Trump ha fornito argomentazioni iperboliche e a tratti false, Biden invece ha fatto ricorso ai cosiddetti bullet point, una lista puntata fredda e che a tratti non era neppure comprensibile per elettori che non sono così interessati alla politica. Si è parlato e si parlerà ancora di immigrazione, economia, aborto, delle guerre a Gaza e in Ucraina, della democrazia e dei fatti del 6 gennaio, ma la sostanza conta poco già normalmente: in questo caso, poi, è nettamente più importante la preoccupazione per la salute e la prestanza del Presidente, nonché Comandante in capo”.

L’interesse dell’opinione pubblica europea nei confronti delle presidenziali Usa è sicuramente maggiore di quello americano verso le europee. C’è davvero apprensione per come potrebbero cambiare gli scenari mondiali?

“Senz’altro si segue con apprensione, a volte però esagerata. Non credo che Trump rivoluzionerebbe l’approccio di Biden, come Biden non ha rivoluzionario quello di Trump. L’esempio più lampante sono l’Ucraina e la NATO: Trump non vuole sciogliere la NATO, ma minaccia il ritiro per costringere i Paesi europei a investire di più nella Difesa. Questo è un obiettivo condiviso con Biden, identico: cambiano solo le tattiche con cui può essere perseguito. Insomma, ci possono essere cambiamenti, ma senza una rivoluzione”.

Quanto al sostegno all’Ucraina?

“Anche su questo tema è molto difficile immaginare che Trump abbandonerebbe Kiev immediatamente, perché significherebbe ammettere una sconfitta, il che non è coerente con il suo personaggio. Lui minaccia l’Ucraina di ritirare il proprio appoggio, ma si rivolge anche a Putin lasciando intendere che, se non si siederà al tavolo a negoziare, gli Usa potrebbero persino aumentare l’appoggio a Kiev, rimuovendo limiti che cauto il cauto Biden ha posto e che il più spregiudicato Trump potrebbe superare”.

Fonte foto: ANSA

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963