Bracciante Satnam Singh morto a Latina col braccio mutilato, il datore di lavoro visto dal sociologo
L'intervista al sociologo Marco Omizzòlo sul caso di Satnma Singh, il bracciante morto a Latina con un braccio mutilato, abbandonato dal suo datore di lavoro
Continua a far discutere la storia di Satnam Singh, il bracciante agricolo indiano sikh di 31 anni abbandonato in strada a Latina con il braccio mutilato dopo un grave incidente sul lavoro, morto dopo due giorni all’ospedale San Camillo di Roma. Il datore di lavoro, Antonello Lovato, è accusato di lesioni colpose e omissione di soccorso dalla Procura. Le sue dichiarazioni hanno scatenato l’indignazione dei sindacati e dell’opinione pubblica. Sul tema, a Virgilio Notizie, è intervenuto Marco Omizzòlo, sociologo, presidente di Tempi Moderni e docente di Sociopolitologia delle migrazioni all’università La Sapienza di Roma. Si occupa di studi e ricerche sul mercato del lavoro, sulle migrazioni e sulla criminalità organizzata. È un profondo conoscitore della zona di Latina, dove Satnam Singh è morto, e ha scritto molti saggi e ricerche nazionali e internazionali proprio sul tema dello sfruttamento lavorativo, in agricoltura e non solo, di lavoratori e lavoratrici stranieri.
- La morte sul lavoro del bracciante Satnam Singh
- Antonello Lovato indagato dalla Procura di Latina
- L'intervista al sociologo Marco Omizzolo
La morte sul lavoro del bracciante Satnam Singh
Lunedì 17 giugno il braccio di Satnam Singh è stato tranciato di netto da un macchinario agricolo mentre lavorava all’Agrilovato di Latina, azienda in cui era impiegato insieme alla moglie, in nero.
Dopo l’incidente sarebbe stato caricato dal suo datore di lavoro su un furgone e scaricato davanti a casa sua, a Borgo Santa Maria (Latina) insieme alla moglie e a una cassetta contenente il suo braccio mutilato.
A chiamare i soccorsi sono stati Noemi Grifo e Ilario Pepe, i due ragazzi che ospitavano Satnam Singh e la moglie in un rustico dietro la loro abitazione: “Si sentivano le urla della donna che continuava a chiedere aiuto, poi abbiamo visto un ragazzo che lo teneva in braccio e lo ha portato dietro casa. Pensavamo lo stesse aiutando, ma poi è scappato via“.
E ancora: “Gli sono corso subito dietro”, dice Ilario Pepe. “Entrava nel furgone. Gli ho chiesto cosa fosse successo e perché non lo aveva portato in ospedale. Mi ha detto ‘da me non sta in regola‘. Poteva essere aiutato”.
Il bracciante è morto due giorni dopo, nel pomeriggio di mercoledì 19 giugno, all’ospedale San Camillo di Roma.
Antonello Lovato indagato dalla Procura di Latina
Nell’ambito dell’inchiesta sulla sua morte sono stati disposti al momento il sequestro di una parte dell’azienda a Borgo Santa Maria e l’incarico per eseguire l‘autopsia.
La Procura di Latina accusa il datore di lavoro, Antonello Lovato, di lesioni colpose e omissione di soccorso.
Dopo aver lasciato lì il bracciante, il 37enne si è presentato in Questura a raccontare quanto accaduto.
L’intervista al sociologo Marco Omizzolo
Omizzolo, cosa rappresenta la storia di Satnam Singh?
“È l’ennesima tragedia sul lavoro, avvenuta in questo caso in provincia di Latina per l’ennesima volta. Non è il primo caso: ho seguito nel corso degli anni decine di situazioni, di donne e uomini spesso immigrati ma anche italiani maltrattati, malmenati, con gravi incidenti sul lavoro, morti sul lavoro, infortuni nascosti, allo scopo di tutelare un sistema di impresa criminale che è fondato sullo sfruttamento dei lavoratori ma anche su quello dei buoni imprenditori che invece cercano di muoversi nel rispetto delle regole. E che non possono sopravvivere, economicamente, perché vittime di concorrenza sleale e perché subiscono anche l’onta di drammi come questi: c’è il rischio di generalizzazione. Bisogna saper distinguere, per non confondere, e una volta fatto questo bisogna sapere aggredire il problema”.
Da cosa nascono situazioni come questa?
“Il problema è dato non solo dalla brutalità dell’imprenditore criminale, come nel caso di Satnam. Satnam è il prodotto di un sistema di produzione che è fondato sull’emarginazione e sullo sfruttamento che è anche normativo. Abbiamo ancora, a regolare le migrazioni, una legge di 25 anni fa: si chiama Bossi-Fini. E il decreto flussi di questo Governo è corresponsabile di questo sistema. Satnam non era vittima di un caporale, era alle dirette dipendenze del datore di lavoro. A portarlo insieme alla moglie dinanzi all’uscio della sua abitazione, a quanto ricostruito sinora, non è stato il caporale, ma direttamente il datore di lavoro. Un imprenditore che sapeva coscientemente ciò che stava facendo e che ha deciso di farlo per nascondere sfruttamento ed emarginazione. E decretando di fatto la morte di una persona”.
Sta facendo molto discutere l’intervista al Tg1 del titolare dell’azienda, Renzo Lovato, padre di Antonello, datore di lavoro di Satnam e indagato: “Avevo avvisato il lavoratore di non avvicinarsi al mezzo, ma lui ha fatto di testa sua. Una leggerezza, purtroppo”, ha detto…
“Anche qui non è il primo caso. È già accaduto a Vittoria, in Sicilia, e in altre realtà italiane, che il datore di lavoro attribuisce la responsabilità del grave infortunio, del lavoro senza contratto e della morte a colui che è morto. Come se passasse lì per caso, avesse preso per caso quel macchinario, lo avesse utilizzato per caso e avesse messo per caso la mano dentro quel marchingegno. Sei morto, è colpa tua. Se cadi da un’impalcatura è colpa tua, se ti tagliano un braccio e ti portano davanti casa è sempre colpa tua. È sempre colpa dell’ultimo, fa comodo ai primi della classe“.
È successo a Latina. Perché proprio lì?
“Di territori in cui il fenomeno dello sfruttamento anche grave è organizzato e sistemico è piena l’Italia, dall’estremo sud all’estremo nord. Ho trovato situazioni analoghe in Trentino e in Lombardia, in Veneto e in Emilia-Romagna. Non è un fenomeno che si può dire circoscritto a un territorio, anche se quel territorio poi può esprimere delle originalità. Ma il fenomeno è diffusissimo e non si trova solo in agricoltura. Penso per esempio alla logistica, alla cantieristica navale, ai rider, all’assistenza domestica. È estremamente diffuso”.
Perché in provincia di Latina ha assunto una particolare vocazione?
“È un territorio a cavallo tra Napoli e Roma e c’è un sistema agricolo diffuso e organizzato. È vicino al grande mercato ortofrutticolo di Fondi, il quarto più grande d’Europa: queste condizioni, che sono anche di sistema, strategiche, associate al fatto che è un territorio a tradizionale vocazione agricola hanno contribuito a determinare queste forme di impiego bracciantile e poi di sfruttamento”.
Che tipo di reazione ha avuto il Governo di fronte a questa morte atroce? “Sono atti disumani che non appartengono al popolo italiano, e mi auguro che questa barbarie venga duramente punita”, ha detto Giorgia Meloni due giorni dopo la tragedia, aprendo il Consiglio dei ministri…
“Nullo, se non appunto per un paio di dichiarazioni. Persone elette in provincia di Latina ora in maggioranza di Governo sono rimaste in silenzio. Penso al senatore Claudio Fazzone di Forza Italia, penso all’attuale presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che è stata eletta nella passata legislatura proprio a Latina. Penso all’attuale presidente della commissione antimafia, a Nicola Procaccini, già sindaco di Terracina e che è europarlamentare di Fratelli d’Italia e, penso a Claudio Durigon, che è di Latina e ha rilasciato solo una dichiarazione pubblica, ma non ha assunto impegni concreti. Diciamo che se la classe politica non assume questo come tema prioritario, da qui a qualche settimana ci ritroveremo a frequentare i funerali senza alcun dubbio: è capitato in passato e capiterà anche in futuro”.
La legge sul caporalato è del 2016. Qual è la sua efficacia?
“Quella in realtà è una legge importante: nasce proprio con il contributo dei braccianti indiani in provincia di Latina in seguito allo storico sciopero del 2016. Funziona, perché è una legge avanzata, ma nei suoi aspetti repressivi e investigativi, non in quelli preventivi. Per quelli preventivi è necessaria una volontà della classe politica e di quella imprenditoriale, insieme a quella sindacale e soprattutto riforme del mercato del lavoro e delle leggi sulle migrazioni. Fino a quando non c’è questa combinazione di fattori, cioè una riforma del mercato del lavoro che toglie la precarietà e la povertà e riforme del sistema delle migrazioni (cancellare la Bossi-Fini e il decreto flussi) per costruire una legislazione avanzata, non ne usciremo. Siamo dentro al paradigma del ‘carico residuale’: il nostro ministro dell’Interno Matteo Piantedosi definisce così gli uomini e le donne salvate nelle nostre acque e dalle navi ong del Mediterraneo. Satnam è l’espressione a terra del ‘carico residuale’: usato come macchina per profitto, gestito con una macchina che si è inceppata, si è rotta e messo in magazzino. Solo che non è un macchinario, ma una vita che finisce”.