Daniela Santanchè già indagata da 8 mesi sul caso Visibilia: la conferma dalla Procura e il motivo del ritardo
Il ministro Daniela Santanchè sarebbe indagata già da 8 mesi sul caso Visibilia, ma un ritardo procedurale (forse a lei noto) ha portato alla mancata comunicazione
Impazza la polemica su Daniela Santanchè, ministro del Turismo finito al centro della bufera dopo l’inchiesta giornalistica di Report sui bilanci in rosso delle sue aziende, tra cui Visibilia, e i presunti debiti milionari con lo Stato. L’esponente del governo Meloni si è difesa mercoledì 5 luglio in Senato dicendo di non essere “mai raggiunta da alcun avviso di garanzia”, ma gli atti della Procura sembrerebbero contraddirla.
Santanchè indagata?
A far emergere quello che sarebbe il reale stato delle cose sul caso Santanchè è stato il Corriere della Sera, che all’indomani delle parole del ministro a Palazzo Madama ha risposto fornendo un quadro della situazione.
Il quotidiano, infatti, dopo aver sentito le parole nell’informativa al Senato, ha svelato che il ministro “fa finta di non sapere” e di accusare la stampa per fatti che, invece, conoscerebbe abbastanza bene.
Il ministro Santanchè, infatti, risulterebbe indagata già da 8 mesi, precisamente da novembre quando il suo nome balzò nel registro degli indagati per falso in bilancio nelle comunicazioni 2016-2020 di Visibilia Editore spa. Già a novembre la notizia venne riportata dal giornale non come scoop, ma perché già da due mesi prima veniva sottolineato ai pm “la sussistenza del reato di false comunicazioni sociali”.
Ma alla base della “mancata comunicazione” dell’avviso di garanzia al ministro ci sarebbe un ostacolo procedurale del quale la stessa Santanchè sarebbe ben informata.
I motivi del ritardo
Cercando di smentire la notizia del Corriere di novembre, infatti, sembra sia stato fatto ricorso all’articolo 335 3 bis, ovvero la facoltà in caso di indagini complesse di ritardare la comunicazione dell’iscrizione. Ma oltre a questo ci sarebbe anche un ritardo dovuto a un iter procedurale.
Infatti, dopo sei mesi dall’iscrizione, i pm devono chiedere per forza la proroga delle indagini al giudice delle indagini preliminari che a sua volta deve notificare la richiesta di proroga all’indagato per informarlo delle indagini a suo carico. Questo passaggio va fatto tramite l’invio di una breve PEC al legale dell’indagato, cosa non giunta a Santanchè. Perché?
Il Corriere della Sera sui motivi è chiaro: nel caso del falso in bilancio di Visibilia Santanchè non avrebbe mai conferito un formale mandato a un avvocato penalista, mentre il civilista che la segue nelle udienze fallimentari delle società non ha titolo.
In questi casi la richiesta della proroga viene notificata al domicilio dell’indagato, e se ne ha prova quando al gip torna la “cartolina” dell’Ufficiale Giudiziario che attesta la riuscita consegna. Ma proprio questo iter è ancora in corso ed è dunque incompleto.
La comunicazione di Santanchè
E intanto dall’ufficio stampa del ministro Santanchè è arrivata una nota in risposta a quanto circola in rete. Si legge infatti che il ministro “apprende da comunicati che risulterebbe iscritta nel registro degli indagati”.
Dai comunicati risulterebbe che l’informazione sarebbe stata resa disponibile ai mezzi di informazione “a seguito della de-secretazione del relativo fascicolo, de-secretazione avvenuta trascorso il periodo di legge di tre mesi dall’inizio delle indagini”. In altre parole “la de-secretazione sarebbe stata disposta intorno al mese di gennaio/febbraio 2023, mentre la stessa notizia – mai ricevuta dall’interessata – sarebbe stata fornita ai mezzi di informazione, in concomitanza proprio con l’audizione resa in Senato dal Ministro”.