Valditara alla Fondazione Giulia Cecchettin minimizza il patriarcato e parla di immigrati: bufera sul ministro
Durante la presentazione della Fondazione dedicata a Giulia Cecchettin, il ministro Valditara ha sminuito la "lotta al patriarcato", mettendo in correlazione l’immigrazione illegale con l'aumento dei casi di violenza sessuale
Bufera per le parole del ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara. In un videomessaggio mandato in onda nel corso della presentazione a Montecitorio della Fondazione dedicata a Giulia Cecchettin, l’esponente del governo ha sminuito la “lotta al patriarcato” come soluzione per risolvere la violenza strutturale contro le donne, evocando il fenomeno delll’immigrazione illegale come una delle cause correlate “all’incremento dei fenomeni di violenza sessuale“.
- L'intervento del ministro Valditara alla presentazione della Fondazione Giulia Cecchettin sull'immigrazione illegale
- Le parole sul patriarcato
- I dati della violenza sulle donne in Italia
L’intervento del ministro Valditara alla presentazione della Fondazione Giulia Cecchettin sull’immigrazione illegale
“Deve essere chiara a ogni nuovo venuto, a tutti coloro che vogliono vivere con noi, la portata della nostra Costituzione, che non ammette discriminazioni fondate sul sesso”, ha dichiarato Valditara durante la cerimonia di presentazione della Fondazione che si occuperà dell’educazione all’affettività nelle scuole.
“Occorre – ha aggiunto il politico, come riportato dall’edizione online del Fatto Quotidiano – non far finta di non vedere che l’incremento dei fenomeni di violenza sessuale è legato anche a forme di marginalità e di devianza in qualche modo discendenti da una immigrazione illegale“.
Valditara all’Assemblea Nazionale CNA “Giovani e Lavoro” presso l’Auditorium del Massimo a Roma
Le parole sul patriarcato
Non finisce qui. Secondo il ministro, infatti, la lotta al patriarcato non sarebbe la strada da percorrere per contrastare efficacemente la violenza di genere: “La possibilità libera e non discriminata di avere varie opportunità di realizzazione personale e professionale, è un obiettivo fondamentale di chi crede nei valori della dignità di ogni persona”, ha speigato.
“E per perseguirlo – il suggerimento – abbiamo di fronte due strade: una è concreta e ispirata ai valori costituzionali, l’altra è la cultura ideologica. In genere i percorsi ideologici non mirano mai a risolvere i problemi, ma ad affermare una personale visione del mondo. E la visione ideologica è quella che vorrebbe risolvere la questione femminile lottando contro il patriarcato”.
Poi la precisazione: “Nel nostro Paese ci sono ancora residui di maschilismo, di machismo, che vanno combattuti e che portano a considerare la donna come un oggetto (…). Il maschilismo si manifesta in tanti modi, con la discriminazione sul posto di lavoro, con il cosiddetto catcalling, con la violenza”.
Si tratta, quindi, di “una battaglia culturale e parte innanzitutto dalla scuola, coinvolgendo le famiglie e coltivando relazioni improntate al rispetto verso il ruolo e il lavoro della donna, perché la nostra Costituzione non ammettere discriminazioni fondate sul sesso”, ha concluso.
La fondazione ha “il compito di educare per produrre un cambiamento. La violenza di genere è frutto di un fallimento collettivo: non è solo una questione privata. Dobbiamo educare le nuove generazioni”, aveva spiegato Gino Cecchettin, padre di Giulia, nel corso della presentazione.
I dati della violenza sulle donne in Italia
I dati contenuti nel Rapporto 2010-2018 sulla Violenza contro le donne realizzato dall’Istat sembrano smentire la versione del ministro.
Secondo il documento, infatti, gli indagati per i reati di stalking e di maltrattamenti in famiglia nel nostro paese sono perlopiù italiani (86% autori che iniziano l’azione penale e 83,2% archiviati nel caso dello stalking, 74,2% inizio dell’azione penale e 74,7% archiviati nel caso dei maltrattamenti).
“Nei casi di violenza sessuale e violenza di gruppo diminuisce la quota degli italiani – precisa l’Istat – in particolare, per la violenza sessuale si ha il 60% di autori italiani per i quali inizia l’azione penale e il 68,4% per i quali è predisposta l’archiviazione; per la violenza di gruppo si hanno rispettivamente i valori del 55,3% e 54,2%“.