Bidello assolto per palpata breve di 10 secondi, parla la ragazza che l'ha accusato: "Mi ha presa alle spalle"
La studentessa vittima delle molestie spera che la Procura faccia appello alla sentenza dei giudici, altrimenti "lo vivrei come un altro tradimento"
La normalizzazione della violenza di genere passa anche dalle aule dei tribunali. Per la ragazza che è stata vittima delle molestie di un bidello della sua scuola – assolto perché l’avrebbe palpata per soli 10 secondi -, non si sarebbe trattato affatto di un gesto scherzoso. La studentessa denuncia adesso di sentirsi abbandonata dalle istituzioni e “tradita due volte”.
La vicenda raccontata dalla ragazza
La studentessa commenta con rabbia la sentenza con cui i giudici della quinta sezione penale hanno assolto il bidello di 66 anni dell’istituto cine-tv “Roberto Rossellini”.
L’accusa era che l’avesse molestata il 12 aprile del 2022, quando era ancora minorenne, palpeggiandole i glutei. Il pm aveva chiesto tre anni e sei mesi di reclusione per il bidello per violenza sessuale.
Post su Instagram del collettivo studentesco Osa
Per i giudici, però, “appare convincente la tesi difensiva dell’atto scherzoso” che sarebbe durato “una manciata di secondi”
In quel momento la ragazza stava salendo le scale insieme a una amica, quando è stata presa alle spalle.
“Il bidello mi ha preso alle spalle senza dire nulla. Poi mi ha infilato le mani dentro i pantaloni e sotto gli slip, mi ha palpeggiato il sedere e poi mi ha tirato su tanto da farmi male alle parti intime” ha raccontato la ragazza.
“Non è questo il modo in cui un anziano scherza con una ragazzina di diciassette anni. Almeno secondo me” ha continuato la studentessa.
Anche la tesi dei “10 secondi” le suscita molta rabbia. “Quella manciata di secondi è bastata al bidello per farmi sentire le sue mani addosso, come hanno riconosciuto i giudici. Allora mi chiedo: se fosse durato di più, cosa avrebbero detto? Che ero consenziente?”.
La sfiducia nella giustizia
L’esito del processo l’ha portata inevitabilmente ad avere sfiducia nelle istituzioni. “Questa non è giustizia – ha continuato, parlando a il Corriere -. Inizio a pensare di aver sbagliato a fidarmi delle istituzioni perché mi sono sentita tradita due volte: prima a scuola, dove è successo quello che è successo; poi dal tribunale“.
Il timore è anche che “dopo questa decisione, se una ragazza viene palpeggiata, finirà per pensare che non vale la pena denunciare una violenza”.
Ma la studentessa è consapevole che, pur nel rispetto della libertà di scelta della vittima: “Le denunce vanno fatte per avere giustizia. Il silenzio, in generale, protegge gli aggressori”.
Il sostegno della scuola
Fortunatamente, da subito la studentessa è stata sostenuta da una rete di studenti e professori, che le hanno creduto sin dall’inizio. La denuncia, nel suo caso, è stata inoltre presentata direttamente dalla scuola.
“I miei amici e le mie amiche, insieme a qualche professore, mi hanno espresso solidarietà – ha raccontato – e so che pure un’associazione di studenti ha fatto lo stesso. Mi tira su sapere che molti pensino che sia una vergogna che lo Stato non riconosca certe azioni come atto di violenza”.
La speranza, adesso, è che “la Procura faccia appello, perché se non lo facesse, lo vivrei come un altro tradimento”.