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Bebe Vio contro Vannacci per la proposta delle classi separate per disabili: l'attacco dell'atleta al generale

Bebe Vio va all'attacco di Roberto Vannacci, candidato con la Lega alle europee, per la proposta delle classi separate per disabili

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Marco Vitaloni

GIORNALISTA

Giornalista pubblicista esperto di politica e con una passione per tecnologia e innovazione, scrive quotidianamente di cronaca e attualità. Marchigiano, studi in Comunicazione, collabora con diverse realtà editoriali locali e nazionali.

Continuano a far discutere le recenti dichiarazioni del generale Roberto Vannacci, scelto da Matteo Salvini come candidato della Lega alle elezioni europee di giugno. In particolare la proposta delle classi separate per disabili, contro cui si è scagliata Bebe Vio, che parla di una “cosa senza senso”.

Classi separate per disabili, Bebe Vio contro Vannacci

“A me sembra paradossale che si possa anche solo pensare una cosa del genere. Abbiamo iniziato l’inclusione a scuola, ora qualcuno propone di dividerci ancora e fare passi indietro anche culturalmente”.

Così Bebe Vio commenta in una intervista al Corriere della Sera la proposta delle classi separate per disabili avanzata alcuni giorni fa dal generale Roberto Vannacci, candidato con la Lega alle elezioni europee.

“Siamo stati il primo Paese al mondo a eliminare le classi separate fra chi ha una condizione di disabilità e chi non la ha, perché tornare indietro? Mi sembra una cosa senza senso“, afferma la campionessa paralimpica, facendo riferimento alla legge sull’inclusione scolastica del 1977.

“I primi a inserire gli insegnanti di sostegno”

“Siamo stati anche i primi a inserire gli insegnanti di sostegno. Sono utili anche a chi non ha disabilità”, come i minori stranieri, spiega Bebe Vio.

“O a quel mio compagno che non capiva l’italiano – ricorda – perché a casa parlava solo in dialetto veneto, e gli è stata affiancata una persona. Dividiamo anche loro? Giusto che si venga aiutati”.

Scuola e disabilità

Bebe Vio parla anche della sua esperienza, di come ha vissuto la scuola prima e dopo la malattia che ha portato all’amputazione degli arti.

“È stato molto importante avere i miei compagni vicino“, afferma l’atleta, ricordando anche degli episodi buffi, come quando era all’ospedale e aveva le verifiche un po’ prima degli altri e le passava ai compagni di classe.

“Ora lo posso dire, i prof non si arrabbieranno. Al liceo ci si aiutava. È anche così che si scopre e attua la solidarietà“.

“Stare insieme a compagne e compagni che avevano qualche condizione di disabilità fin da quando ero piccola mi è servito a crescere e questo vale anche per loro”, spiega l’atleta.

“Prima della malattia – continua – ero in classe con un compagno in carrozzina e uno con autismo. Facevamo i turni per aiutarlo a fare i compiti, quando occorreva. E nell’intervallo in corridoio si organizzavano gare di velocità in carrozzina. Anche questa è inclusione“.

Fonte foto: ANSA

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