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Pene amputato per errore: querela presentata in ritardo, il medico non andrà a processo

Gli fu amputato il pene per errore e non potrà portare il medico di fronte alla giustizia penale perché la querela è stata presentata in ritardo

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Mauro Di Gregorio

GIORNALISTA

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Approdato a QuiFinanza e Virgilio Notizie dopo varie esperienze giornalistiche fra Palermo e Milano. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Gli hanno amputato il pene sospettando un tumore maligno, ma successivi esami hanno rivelato che il paziente non era in realtà affetto da alcuna patologia oncologica. L’uomo non potrà portare alla sbarra il medico che l’ha mutilato perché la querela è stata presentata in ritardo ed è dunque irricevibile.

Pene amputato per errore

Con una decisione del 9 marzo il giudice del Tribunale di Arezzo ha stabilito che non sussistono gli estremi per procedere alla causa per il reato di lesioni gravissime per via della “tardività della querela”.

I fatti risalgono al 2018. Nell’ottobre di quell’anno l’anziano si sottopose a una visita andrologica. La diagnosi, che i legali dell’uomo ritengono smentita da successivi esami istologici: “patologia tumorale al pene”.

Il paziente fu così operato il 13 novembre 2018 subendo un intervento demolitivo di glandectomia all’ospedale San Donato di Arezzo. I successivi esami rivelarono che il paziente era invece affetto da un’infezione da sifilide.

Iter giudiziario tortuoso

Oggi, per l’uomo, arriva la doccia fredda: impossibile imbastire una causa penale. L’iter giudiziario non è stato semplice, d’altra parte.

La querela ha in un primo momento subìto una richiesta di archiviazione dal momento che, ha obiettato il pm, i risultati di un simile esame istologico avrebbero un margine di errore del 20 per cento. Dunque non vi sarebbero stati i presupposti per incolpare il medico.

Il gip ha però disposto l’imputazione coatta e l’iter è andato avanti. Il 3 febbraio è arrivata la richiesta di rinvio a giudizio, ma il 9 febbraio, come detto, si è fermato tutto. Il 69enne aretino non potrà dunque avere soddisfazione in sede penale.

Ricorso alla giustizia civile

Resta però aperta la strada della giustizia civile: l’uomo chiede un risarcimento di 400mila euro e l’udienza è prevista a settembre.

L’avvocato Gianmarco Bianchi, legale del paziente, è stato raggiunto dal quotidiano ‘La Nazione’: “Chiederemo giustizia per l’invalidità permanente del nostro assistito, per quella temporanea del post operazione e per il danno morale, non ancora quantificato: la perizia psichiatrica che porteremo dimostra un forte stato depressivo del nostro assistito”.

Intanto il quotidiano riporta che l’uomo si sarebbe isolato dai propri affetti, allontanandosi dagli amici e dalla donna che gli stava a fianco.

Fonte foto: 123RF

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