Gli diagnosticano un tumore al pene inesistente e glielo amputano: paziente chiede risarcimento ad Arezzo
Il paziente 68enne si è sottoposto all’intervento per un tumore che non c’era: l’uomo ora chiede un maxi-risarcimento. Il 9 marzo l’udienza preliminare
Il paziente, un uomo di 68 anni, si era sottoposto all’intervento a causa di un sospetto tumore che però non c’era. Chiesto un maxi risarcimento, mentre ora l’urologo 30enne rischia il processo.
- Un’operazione necessaria
- I risultati dell’esame istologico
- L’udienza preliminare e i rischi dell’urologo
Un’operazione necessaria
Autunno 2018: un uomo, un 64enne residente in Umbria, nota un rigonfiamento del proprio pene e decide di rivolgersi al medico di famiglia, il quale subito gli consiglia di sottoporsi a una visita urologica.
La visita avviene il 12 ottobre del 2018, e la diagnosi è subito nefasta. Tumore, sul quale bisogna intervenire con urgenza, il prima possibile.
L’ospedale San Donato di Arezzo, dove si è svolto l’intervento
Talmente urgente che l’operazione avviene già il giorno dopo all’ospedale San Donato di Arezzo. Una glandectomia (o glandulectomia), ovvero un’asportazione del glande, che è la zona sulla quale ha origine la maggior parte dei tumori di questo tipo.
I risultati dell’esame istologico
La sensazione di sollievo che deve aver provato l’uomo dopo l’operazione che lo ha salvato da un tumore, benché lo abbia privato di una parte molto importante (sia fisicamente che psicologicamente) del proprio corpo, deve essere però durata poco.
Il tempo di ottenere i risultati dell’esame istologico sul membro asportato, dal quale si evince l’assenza di cellule tumorali. Confermate da ulteriori analisi, che evidenziano come il problema non fosse un tumore, ma un’infezione da sifilide.
Da qui il passo che porta l’uomo dagli avvocati è brevissimo. In breve i legali Roberto e Gianmarco Bianchi di Città di Castello presentano alla procura di Arezzo una denuncia per lesioni gravissime.
L’udienza preliminare e i rischi dell’urologo
La prima conclusione alla quale è giunta il Pm Laura Taddei, che si basa anche sul fatto che i risultati dell’esame istologico hanno un margine di errore del 20 per cento, è che non ci siano elementi per incolpare il medico. Archiviazione quindi.
Ma la difesa non ci sta, e così si arriva lo scorso dicembre dal Gip Giulia Soldini, la quale invece non esclude la responsabilità del medico, ordinando la formulazione dell’imputazione coatta per il 23 gennaio di quest’anno.
Il 3 febbraio è arrivata la richiesta di rinvio a giudizio, ma il 9 marzo si terrà l’udienza preliminare in cui il Gup Claudio Laura dovrà decidere se mandare a processo l’urologo trentenne.
Secondo la difesa, c’era la possibilità di un intervento molto meno invasivo, che avrebbe lasciato al paziente la possibilità di continuare con una normale attività fisiologica e sessuale. I danni richiesti, quantificati per il solo danno biologico, ammontano a 100mila euro, ma non è escluso che durante la causa si possa andare ben oltre tale cifra.