Impagnatiello tentava di uccidere Giulia Tramontano da mesi: trovato veleno per topi nel sangue e nel feto
L'autopsia ha rivelato la presenza di veleno per topi nel sangue di Giulia Tramontano e del feto che portava in grembo
Emergono scioccanti novità sull’omicidio di Giulia Tramontano, la 29enne uccisa a coltellate dal compagno Alessandro Impagnatiello lo scorso 27 maggio a Senago. L’autopsia ha infatti rivelato che il 30enne reo confesso avrebbe tentato di avvelenare la compagna per mesi con del veleno per topi.
Veleno per topi nel sangue e nel feto
Tracce di veleno per topi, il Bromadiolone, sono state rinvenute nel sangue, nei capelli e nei tessuti di Giulia Tramontano e nel feto di sette mesi che portava in grembo.
È quanto emerge, riporta il Corriere della Sera, dai risultati dell’autopsia effettuata sul corpo della donna lo scorso 9 giugno e depositata il 30 agosto alla Procura di Milano.
Non solo, l’esame autoptico ha rivelato come il topicida fosse stato somministrato per mesi, con un incremento nell’ultimo mese e mezzo prima dell’assassinio.
Cosa dice l’autopsia
Secondo gli esperti di Medicina legale di Milano non si può determinare se questo elemento è frutto “di più somministrazioni a basse dosi” o di un’unica più elevata, ma sicuramente “nell’ultimo mese e mezzo” prima del delitto c’è stato un incremento nella somministrazione del veleno.
L’autopsia ha chiarito anche altre dettagli, rivelando che Giulia Tramontano è morta dissanguata, era ancora viva dopo le 37 coltellate inferte da Impagnatiello.
Inoltre la 29enne non ha avuto il tempo di difendersi, assenti infatti i tagli su mani e braccia, le tipiche ferite da autodifesa.
L’impatto sul processo
Ai fini dell’iter processuale a carico di Alessando Impagnatiello, i risultati dell’autopsia – la presenza del veleno per topi e il decesso per dissanguamento – rafforzano le aggravanti della premeditazione e della crudeltà contestate dalla Procura e non ravvisate dal giudice per le indagini preliminari nel provvedimento con cui dispose la convalida del fermo.
In particolare la premeditazione. Secondo l’accusa, in base agli elementi raccolti, prima di uccidere la compagna a coltellate quel 27 maggio nella loro casa a Senago, in provincia di Milano, Alessandro Impagnatiello avrebbe cercato di avvelenare per mesi la 29enne e il feto che portava in grembo.
Il sospetto è che il killer reo confesso possa aver deciso di avvelenare Tramontano già a dicembre, dopo la scoperta della gravidanza, ritenuta “un ostacolo” alla nuova relazione del 30enne. Anche le ricerche su internet effettuate dal barman e scoperte dagli investigatori portano in questa direzione.