Emanuela Orlandi scomparsa in Vaticano il 22 giugno 1983: misteri e depistaggi per 40 anni, cosa sappiamo
Il 22 giugno 1983 Emanuela Orlandi scomparve nel nulla. Da quarant'anni la famiglia non smette di cercarla: ecco tutta la storia
Quello del 22 giugno 2023 è un anniversario triste, amaro e che fa rima con frustrazione. Nello stesso giorno dell’anno 1983 Emanuela Orlandi, cittadina vaticana di appena 15 anni, con un gesto discostò una ciocca di capelli dal lato del viso, scambiò due parole con il fratello Pietro e uscì di casa. Lo fece con una certa stizza, stando ai racconti di Pietro, perché quel pomeriggio gli aveva chiesto di accompagnarla alla scuola di musica per via delle temperature torride di una Roma che già arrostiva sotto il sole dell’estate. Erano circa le 16 ed Emanuela era in ritardo. Pietro le negò il passaggio per via di altri impegni, e la sorella uscì di casa sbattendo la porta. “Probabilmente mi mandò anche a quel paese”, ha raccontato il fratello più volte. Quel pomeriggio fu l’ultimo in cui Pietro vide la sorella, che poche ore dopo scomparve nel nulla. Il 22 giugno 2023 sono passati 40 anni dalla scomparsa di Emanuela Orlandi.
- La scomparsa di Emanuela Orlandi
- Le denunce
- Il Vaticano, i Lupi Grigi, il Fronte Turkesh e l'Americano
- La banda della Magliana
- Marco Fassoni Accetti
- La tomba al cimitero teutonico
- Gli "audio shock"
- Le novità del 2023
La scomparsa di Emanuela Orlandi
Quella della scomparsa di Emanuela Orlandi è una storia tristemente nota a livello internazionale, specialmente dopo l’uscita su Netflix della docuserie ‘Vatican Girl‘ nel 2022.
Il peso internazionale è dato, soprattutto, dal fatto che Emanuela fosse una cittadina vaticana e che della sua scomparsa diede notizia anche Giovanni Paolo II durante l’Angelus del 3 luglio 1983.
Come detto in apertura, il 22 giugno 1983 alle 16 circa, Emanuela Orlandi uscì di casa per andare alle lezioni di musica in piazza Sant’Apollinare. Dalle Dalle 16 alle 17 avrebbe seguito le lezioni di flauto, mentre dalle 17 alle 18 la attendevano le lezioni di canto corale.
Intorno alle 18:50, con circa dieci minuti di anticipo dalla fine della lezione di canto, Emanuela Orlandi telefonò a casa e parlò con la sorella Federica, alla quale disse che uno sconosciuto le aveva proposto di fare volantinaggio per la Avon Cosmetics in occasione di una sfilata di moda presso l’atelier delle sorelle Fontana.
La sorella Federica le consigliò di non accettare e soprattutto le suggerì di parlarne con i genitori una volta rientrata a casa. Emanuela, quindi, attese l’uscita delle sue compagne di corso e insieme a due di esse, Raffaella Monzi e Maria Grazia Casini, si avviò verso la fermata dell’autobus in corso Rinascimento.
Alle 19:30 le amiche salirono su due autobus differenti per tornare a casa: nell’ordine, Maria Grazia salutò per prima le due compagne, poi fu il turno di Raffaella. Secondo quest’ultima, Emanuela preferì attendere la corsa successiva per via dell’affollamento. Da quel momento si persero le tracce di Emanuela Orlandi.
Le denunce
In quarant’anni di ricerche e indagini, la storia di Emanuela Orlandi si è spesso incrociata con altre storie, quasi tutte sfumate per la mancanza di dati attendibili.
Non vedendola rincasare, i familiari della 15enne uscirono per cercarla. Pietro Orlandi e il padre Ercole si diressero alla scuola di musica, ma senza risultati. Ercole, infine, andò a denunciare la scomparsa al commissariato ma gli fu consigliato di attendere.
L’indomani, il 23 giugno, la sorella Natalina Orlandi formalizzò la denuncia presso l’ispettorato “Vaticano” di pubblica sicurezza, un istituto che si occupa della sicurezza – appunto – del Papa in occasione delle sue viste presso il suolo italiano.
Il Vaticano, i Lupi Grigi, il Fronte Turkesh e l’Americano
Dopo le prime telefonate da parte del sedicente “Pierluigi” e del sedicente “Mario”, che indicavano Emanuela ora col nome di “Barbara” e ora con quello di “Barbarella”, individuata ora a Campo De’ Fiori e ora in piazza dell’Orologio, nella complicata vicenda entrò l’Americano.
Chiamato così per un non meglio precisato accento straniero – c’è chi sostiene che quello delle telefonate non fosse un vero accento anglosassone – l’Americano telefonò il 5 luglio 1983 – due giorni dopo l’appello di Giovanni Paolo II – alla sala stampa vaticana e si presentò come il rapitore di Emanuela Orlandi.
L’Americano chiedeva una linea diretta con il Vaticano per far sì che il Papa decretasse la liberazione di Mehmet Ali Ağca, l’attentatore del 1981, entro il 20 luglio. In questo modo si aprì la pista internazionale: Emanuela sarebbe stata presa in ostaggio dai Lupi Grigi per calcare la mano sulla liberazione di Ağca.
Il sedicente rapitore telefonò poco dopo a casa Orlandi e fece sentire la voce di Emanuela, che diceva: “Scuola. Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II. Dovrei fare il terzo liceo ‘st’altr’anno… scientifico”, una sequenza ripetuta almeno tre volte e risultò essere una registrazione estemporanea rispetto ai primi giorni della scomparsa, più collocabile in un’intervista che nel contesto di un rapimento.
L’Americano, nei fatti, non fornì alcuna prova schiacciante di essere in possesso di Emanuela.
Un’altra pista internazionale fu battuta quando il Il Fronte Liberazione Turco Anticristiano “Turkesh”, nell’agosto 1983, inviò all”Ansa’ di Milano un comunicato nel quale sosteneva di essere in possesso sia di Emanuela Orlandi che di Mirella Gregori, un’altra ragazza scomparsa a Roma il 7 maggio dello stesso anno, un mese prima della Orlandi.
I Turkesh, anch’essi, non fornirono prove schiaccianti.
La banda della Magliana
Negli anni, Ali Ağca negò un suo ruolo all’interno del rapimento di Emanuela Orlandi e specialmente negli ultimi anni ha più volte indicato il Vaticano come un contesto in cui indagare.
Tuttavia, una svolta importante arrivò l’11 luglio 2005 quando alla direzione di ‘Chi l’ha visto’ arrivò una telefonata anonima nella quale una voce indicò qualcuno seppellito nella basilica di Sant’Apollinare e parlò “del favore che Renatino fece al Cardinal Poletti“.
“Renatino” era Enrico De Pedis, boss della banda della Magliana. Nel 2012 fu ispezionata la sua tomba: il boss era lì, ma null’altro che suggerisse un collegamento con la scomparsa di Emanuela Orlandi. Il fatto sinistro è che la basilica di Sant’Apollinare si trovava a brevissima distanza dalla scuola di musica frequentata dalla 15enne.
La pista della banda della Magliana portò a Sabrina Minardi, ex fidanzata di De Pedis, che rivelò di aver ricevuto ordine proprio da “Renatino” di prelevare Emanuela Orlandi da un bar del Gianicolo e consegnarla a un prelato in un distributore di benzina vicino alle mura aureliane. La Minardi disse, a partire dal 2006, che la Orlandi sarebbe stata spostata più volte prima di essere uccisa, ma col tempo cadde in contraddizione più volte e le sue testimonianze finirono per essere considerate inattendibili.
Marco Fassoni Accetti
Nel 2013 entrò in scena Marco Fassoni Accetti, quando a ‘Chi l’ha visto’ segnalò la presenza di un flauto del tutto simile a quello che Emanuela Orlandi aveva con sè il giorno della scomparsa, nei sotteranei degli studi De Laurentiis di Roma.
Marco Fassoni Accetti si presentò come il rapitore di Emanuela Orlandi nonché coe l’autore delle prime telefonate dell’Americano, ma – nonostante la sua presenza nella docuserie ‘Vatican Girl’ – è sempre risultato inattendibile e soprattutto dichiarato come affetto da un disturbo narcisistico.
Pietro Orlandi lo incontrò e intervistò a ‘Linea Gialla’ il 17 settembre 2013, e Accetti inciampò più volte di fronte alle domande del fratello di Emanuela.
La tomba al cimitero teutonico
Nel 2019 la famiglia Orlandi ricevette una lettera anonima contenente una foto scattata all’interno del cimitero teutonico presente all’interno delle mura vaticane. L’immagine mostra la statua di un angelo che indicava verso il basso.
Il messaggio in allegato recitava: “Cercate dove indica l’angelo”. Il legale della famiglia Orlandi, l’avvocata Laura Sgrò, ottenne dal sottosegretario vaticano di Stato Pietro Parolin il consenso a verificare nella tomba delle principesse Sofia di Hohenlohe-Waldenburg-Bartenstein e Carlotta Federica di Meclemburgo-Schwerin.
Nell’aprile del 2019 furono aperte le tombe, e tutto si concluse con un nulla di fatto.
Gli “audio shock”
A cavallo tra il 2022 e il 2023 un giornalista investigativo, Alessandro Ambrosini, ha reso noto un audio in cui un ex sodale di De Pedis, Marcello Neroni, in un’intercettazione del 2009, parlava di strani festini che si sarebbero tenuti all’interno del Vaticano e nei quali avrebbero avuto un ruolo tutti gli attori principali di questa storia: Papa Giovanni Paolo II, Enrico De Pedis e la povera Emanuela Orlandi, vittima di un traffico di pedofilia.
Secondo Neroni, De Pedis sarebbe stato l’incaricato dalla Santa Sede per far sparire le prove – Emanuela – di certe abitudini presso la Santa Sede.
Le novità del 2023
Il 2023 è iniziato con una novità che ha spiazzato il mondo intero: il 9 gennaio il promotore di giustizia vaticana Alessandro Diddi e la gendermeria hanno aperto per la prima volta le indagini all’interno del Vaticano.
Alla fine del marzo 2023 è stata istituita la commissione parlamentare d’inchiesta bicamerale sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori dal Parlamento italiano.
L’11 aprile 2023 Pietro Orlandi è stato ascoltato da Alessandro Diddi per 8 ore, per la prima volta. Il 15 maggio 2023 la Procura di Roma ha aperto la terza inchiesta sul caso Orlandi.
L’intera storia, tuttavia, comprende un’infinità di sfumature impossibili da riassumere in poche righe come la pista Sarnataro o la teoria dell’occultamento del cadavere nei pressi di Castel Sant’Angelo di cui recentemente ha parlato un ex carabiniere.
Nei fatti, il 2023 è l’anno dell’inchiesta del Vaticano, un fatto storico trattandosi della prima volta; la terza inchiesta da parte della Procura di Roma e, tristemente, quarant’anni di misteri e probabili omissioni e altrettanto probabili depistaggi, una consistente presenza di mitomani e una ragazza che alle 19:30 del 22 giugno 1983 fu vista per l’ultima volta in corso Rinascimento e svanì nel nulla.