Covid, boom di contagi: i punti deboli della strategia italiana
Il 16 ottobre si sono registrati più di 10mila nuovi casi di coronavirus. Una cifra che spaventa e che evidenzia alcune falle nel piano anti-contagio
Superata la soglia dei 10mila casi in un giorno, si raccolgono i cocci di una strategia che avrebbe dovuto arginare i danni di una seconda ondata di coronavirus. Strategia che, nonostante l’Oms abbia lodato l’Italia a fine settembre per la forza con cui ha “ribaltato la traiettoria dell’epidemia”, mostra oggi le sue falle. Il piano per la seconda ondata si sarebbe dovuto basare sulle 3 T: “trattamento, tracciabilità, test“: ma i risultati ottenuti finora non hanno reso onore alle aspettative.
Arcuri tuona: “Le Regioni attivino 1600 terapie intensive”
Per quanto riguarda le cure mediche, il Commissario per l’emergenza Domenico Arcuri ha tuonato durante la conferenza Stato-Regioni, come riporta l’Ansa: “In questi mesi alle Regioni abbiamo inviato 3.059 ventilatori polmonari per le terapie intensive, 1.429 per le subintensive. Prima del Covid le terapie intensive erano 5.179 e ora ne risultano attive 6.628 ma, in base ai dispositivi forniti, dovevamo averne altre 1.600 che sono già nelle disponibilità delle singole regioni ma non sono ancora attive. Chiederei alle Regioni di attivarle”.
Un atto di accusa, quello di Arcuri, nei confronti della gestione sanitaria di alcune Regioni che ora sono prossime al collasso. E ha ribadito: “Abbiamo altri 1.500 ventilatori disponibili, ma prima di distribuirli vorremmo vedere attivati i 1.600 posti letto di terapia intensiva per cui abbiamo già inviato i ventilatori”.
Ricciardi: “Il contact tracing non sta funzionando”
Anche dal punto di vista della tracciabilità, crollano le certezze di un sistema che avrebbe dovuto garantire il riconoscimento dei casi sospetti perché venuti a contatto con persone positive.
Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute, ha dichiarato: “Le Asl non sono più in grado di tracciare i contagi, quindi la strategia di contenimento del virus non va. Il contact tracing non sta funzionando né manualmente, con le interviste ai positivi al virus sui loro contatti, né tecnologicamente con Immuni”.
Sotto pressione i 9mila addetti al tracciamento dei contatti delle Asl, troppo pochi per riuscire a rincorrere tutte le persone attualmente positive in Italia, che hanno superato la soglia dei centomila.
Anche Andrea Crisanti ha sottolineato la precaria situazione del sistema di tracciamento, finito “fuori controllo”, e ha suggerito una sua lettura e alcune soluzioni per contenere i contagi.
I lunghi tempi di attesa per i tamponi
L’ultimo punto, quello sui test, ha mostrato qualche inciampo già da qualche giorno, quando si sono osservate lunghe file di auto ai drive through, con tempi di attesa che per qualcuno sono arrivati anche a otto ore.
Il ministro Boccia ha suggerito la sua soluzione: “Sarebbe opportuno utilizzare lo schema utilizzato da alcune regioni, Veneto, Lazio o Emilia Romagna che indicano chiaramente sul proprio sito i luoghi e i laboratori in cui è possibile effettuare tamponi, molecolari, antigenici e quelli rapidi validati dalle autorità sanitarie del G7 autorizzati la settimana scorsa”.
Nuovo Dpcm, autolockdown, vaccino Pfizer: cosa potrebbe accadere
Sullo sfondo di questo scenario, si profila un nuovo Dpcm che andrà a imporre una nuova stretta per impedire ulteriori balzi di contagi. E intanto i medici di famiglia hanno proposto la loro soluzione, laddove non arrivano le misure imposte dal governo: quella di un autolockdown.
In questa fitta nebbia, però, appare anche qualche luce: come ha sottolineato il virologo Roberto Burioni sui social, “Albert Bourla, amministratore delegato di Pfizer, in una lettera aperta, ha detto che se tutto andrà bene presenterà una richiesta per un’autorizzazione di emergenza del vaccino contro Covid-19 nella terza settimana di novembre 2020. Forza!”.