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Corte penale internazionale prepara mandato di arresto per Netanyahu, timore del leader: tempi non svelati

Netanyahu teme mandato di arresto dalla Corte penale internazionale: ci sono voci di chiamate agli Usa per evitarlo. Prosegue richiesta dimissioni

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Giorgia Bonamoneta

GIORNALISTA

Giornalista pubblicista, si concentra sulla politica e la geopolitica, scrive anche di economia e ambiente. Laureata in Editoria e Scrittura presso La Sapienza di Roma, ha iniziato a scrivere per una testata impegnata sui diritti civili, prima di lavorare in diverse testate di attualità.

È atteso e senza sorprese il mandato di arresto della Corte penale internazionale nei confronti del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. La Corte sta indagando (senza troppo impegno come denunciato da associazioni per i diritti dei palestinesi) ormai da tempo sul trattamento riservato da Israele al popolo palestinese, ben prima delle conseguenze tragiche dopo l’operazione di Hamas del 7 ottobre. Il bilancio delle vittime palestinesi è ormai di oltre 35 mila persone, inclusi 14.500 bambini. A fronte non solo dei continui eccessi militari nella zona, ma anche della crisi umanitaria tra salute e mancanza di cibo, il professore di Studi sullo Sviluppo internazionale dell’Università di Roskilde, Somdeep Sen, ha detto che è il tempo di dichiarare Israele uno Stato-canaglia.

Mandato di arresto della Corte penale internazionale: i nomi

I tempi della Corte penale internazionale per il mandato di arresto al primo ministro israeliano non sono stati comunicati. In realtà è ancora una voce, ma sembra solida, tanto che sono notizie di pressioni per evitare la condanna. Secondo il sito di notizie Walla, Benyamin Netanyahu sta cercando di convincere gli Stati Uniti a bloccare qualsiasi decisione.

Le indagini però proseguono da diversi anni, ben prima dei fatti dopo il 7 ottobre. Ora a rischio non c’è solamente Benyamin Netanyahu, ma anche il ministro della Difesa Yoav Gallant e il capo dell’Idf Herzi Halevi. La notizia del timore del mandato di arresto arriva dai media israeliani.

 Manifestanti in protesta contro Netanyahu per il rilascio dei prigionieri

La situazione a Israele: tensione contro Netanyahu

Benyamin Netanyahu non può contare troppo sulla popolazione israeliana. Per quanto le azioni contro il popolo palestinese siano ampiamente supportate, attraverso per esempio il blocco dell’arrivo dei rifornimenti alimentari e medici sulla Striscia; è vero anche che il mancato ritorno degli ostaggi sta creando tensioni.

Proseguono ormai da mesi le manifestazioni contro il primo ministro Netanyahu, accusato di non star facendo abbastanza per gli ostaggi israeliani nelle mani di Hamas. Le famiglie dei prigionieri si sono incontrate dopo 200 giorni per chiedere le dimissioni del primo ministro.

Netanyahu è preoccupato per il mandato

Venerdì scorso Netanyahu ha scritto su X che sotto la sua guida Israele non accetterà mai le decisioni della Corte penale internazionale (come è accaduto per la risoluzione Onu per il ‘cessate il fuoco’) e torna a usare la frase “Israele è l’unica democrazia del Medio Oriente” per sottolineare il suo diritto all’autodifesa.

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Non è d’accordo chi da anni denuncia le azioni violente di Israele contro il popolo palestinese e non solo. Anche dopo la richiesta della Corte internazionale di giustizia di limitare il numero delle vittime civili e provare così a dimostrare con i fatti di non star causando volontariamente un genocidio, Israele ha proseguito con una serie di azioni penalmente perseguibili. Ci sono stati attacchi dell’esercito contro convogli umanitari, ospedali e giornalisti, ma anche tentativi di scatenare tensioni internazionali come contro l’Iran. In altre parole, come fa notare il professore Somdeep Sen: “Israele ha violato tutte le norme e le leggi internazionali durante la sua guerra genocida contro Gaza”. Per questo sarebbe tempo di dichiarare il Paese uno “Stato-canaglia”, ovvero contro gli interessi occidentali.

Fonte foto: ANSA

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