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CRONACA NERA

Alex Marangon e l'ayahuasca, svolta nelle indagini sulla morte: il procuratore conferma e la famiglia attacca

Dall'autopsia di Alex Marangon la conferma dell'assunzione di ayahuasca, sostanza che crea allucinazioni. Resta in piedi l'ipotesi di omicidio

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Gabriele Silvestri

GIORNALISTA

Giornalista pubblicista, esperto di media, scrive di cronaca, politica e attualità. Laureato in comunicazione alla Sapienza, si è affermato come autore e conduttore di TG e programmi giornalistici. Collabora con diverse redazioni online, emittenti televisive e radiofoniche.

La morte di Alex Marangon, avvenuta durante un ritiro di sciamanesimo amazzonico, si arricchisce di un elemento importante: secondo i primi esami tossicologici, il 25enne avrebbe assunto ayahuasca, una sostanza psicotropa, poche ore prima del decesso. Questo conferma i sospetti della famiglia, che aveva denunciato l’uso della sostanza, nonostante gli organizzatori del ritiro avessero negato l’assunzione della sostanza, parlando di un decotto purgante. Mentre l’ipotesi di omicidio rimane in piedi, la scoperta potrebbe aggravare la posizione degli organizzatori, accusati di somministrazione illegale di ayahuasca. L’autopsia, inoltre, ha rilevato lesioni non compatibili con una semplice caduta, alimentando i dubbi della famiglia su un possibile atto violento da parte di altri partecipanti.

Alex Marangon aveva ayahuasca nel sangue

La vicenda di Alex Marangon, giovane barista di Marcon, in provincia di Venezia, trova una nuova chiave di lettura grazie ai primi risultati scientifici. Secondo le analisi tossicologiche, durante il ritiro di sciamanesimo amazzonico all’Abbazia di Santa Bona di Vidor, nel Trevigiano, Alex avrebbe assunto un decotto di ayahuasca.

La sera tra il 29 e 30 giugno, la sostanza psicotropa (presente in alcune piante) è stata ingerita dal ragazzo, come dimostrano le tracce rinvenute nel suo sangue. Il quadro scientifico chiarisce parzialmente le circostanze della sua morte, avvenuta in condizioni ancora misteriose, ma apre ulteriori interrogativi sugli eventi di quella notte.


L’autopsia di Alex Marangon ha confermato la presenza di ayahuasca nel sangue

Resta l’ipotesi di omicidio di Alex Marangon

Gli esami non vanno a impattare sull’ipotesi di omicidio che rimane al centro dell’indagine condotta dal pm Giovanni Valmassoi. Il fascicolo resta aperto, e come confermato dal procuratore Marco Martani, i risultati verranno integrati e analizzati insieme agli altri elementi.

Al momento non vi sono ulteriori sospetti o incriminati, e occorreranno ancora diversi test per comprendere pienamente cosa sia accaduto quella notte ad Alex Marangon. È escluso che il giovane abbia combinato psicofarmaci con l’ayahuasca, un decotto amazzonico noto per provocare allucinazioni.

L’importanza dei primi risultati sta nel fatto che, qualora l’omicidio non venga provato, la scoperta di ayahuasca nel sangue di Alex complica la posizione degli organizzatori del ritiro, che potrebbero rispondere della distribuzione di una sostanza illegale.

Ayahuasca negata dagli organizzatori del ritiro

Soddisfazione da parte della famiglia Marangon, per la quale la verità “comincia a venire a galla”. Le evidenze scientifiche confermano quanto sostenuto dai familiari della vittima, i quali hanno affermato di aver saputo dallo stesso Alex Marangon che aveva fatto uso di ayahuasca in almeno tre rituali organizzati da Andrea Zuin e Tatiana Marchetto

Tuttavia, questi ultimi hanno sempre smentito, dichiarando che il decotto somministrato non conteneva ayahuasca, ma solo piante purificanti.

L’ipotesi di gesti violenti da parte di terzi

“Molti sostengono che Alex dopo aver assunto la ayahuasca sia stato preda di gesti incontrollati che lo avrebbero spinto a gettarsi dal dirupo” osserva la famiglia “ma nessuno ha mai ipotizzato il contrario. Ovvero che altri partecipanti possano aver perso il controllo e aver compiuto magari gesti inconsulti contro di lui”.

L’esame autoptico ha evidenziato traumi alla testa e altre fratture che sembrano poco compatibili con una semplice caduta, contrariamente a quanto dichiarato dagli organizzatori del ritiro, dal proprietario dell’Abbazia, Giulio Da Sacco, e dai guaritori colombiani Jhonni Benavides e Sebastian Castillos.

“Bisogna essere prudente con questi risultati. Alcuni studi dimostrano per esempio che la triptamina è presente pure nel bergamotto” sostengono i loro avvocati.

Fonte foto: ANSA

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