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Variante Delta, sintomi ed efficacia vaccini: l'intervista all'esperto

Intervista esclusiva di Virgilio Notizie al responsabile dell'Asl Lecce: sintomi, quanto è diffusa. Variante Delta: più letale? Efficacia dei vaccini

Di: VirgilioNotizie | Pubblicato:

Era il 5 maggio quando la variante Delta arrivava in Puglia, nel Salento, prendendo la forma di due focolai. In quell’occasione, il compito di arginare il contagio fu del direttore del dipartimento di prevenzione dell’Asl di Lecce, Alberto Fedele. Il medico si è trovato a fare i conti, tra i primi in Italia, con la mutazione del Covid che, solo poche settimane dopo, avrebbe assunto proporzioni ancor più preoccupanti. In India, la variante è stata isolata per la prima volta e ha provocato enormi danni in termini di vite umane. In Europa è alla base dell’aumento di contagi in l’Inghilterra, Portogallo, Spagna e l’Italia: il progressivo peggioramento della situazione epidemiologica preoccupa le autorità e suggerisce di ripristinare alcune misure restrittive.

Forte della sua esperienza e responsabilità, Fedele è sicuramente una voce autorevole quando si tratta di mettere a fuoco i punti ancora poco chiari del rischio rappresentato dalla variante Delta. Virgilio Notizie ha ottenuto un’intervista, in cui il dottore ci ha parlato del rischio di una nuova ondata, del ruolo dei vaccini, del profilo dei contagiati e di molto altro ancora.

In Italia la variante Delta è stata trovata sul 32% dei tamponi analizzati durante l’ultimo rilevamento dell’ISS. Da allora, forse ha già superato la variante Alpha. Quanto dobbiamo essere preoccupati e cosa è necessario fare per evitare il peggio?

I numeri del contagio innescati dalla variante Delta erano prevedibili, ogni nuova variante infatti è destinata a soppiantare quella precedente. Eravamo preparati: abbiamo cercato e stiamo cercando di contenere la diffusione della variante Delta, che si è dimostrata più efficiente perché riesce a contagiare chi è già parzialmente vaccinato o ha problemi di risposta al vaccino o ha un sistema immunitario deficitario. La priorità al momento è che tutti completino il ciclo vaccinale.

È vero che la Delta è più contagiosa ma presenta un rischio minore di sviluppare la malattia grave?

La variante si è diffusa in un momento in cui la popolazione over 60 è stata in gran parte vaccinata, per cui è chiaro che, essendo la popolazione più anziana immune, esistono meno spazi di circolazione del virus. Gli infettati sono giovani e sviluppano forme meno importanti di malattia. Anche quando i soggetti vengono ricoverati, rarissimamente finiscono in terapia intensiva. I dati quindi sono alterati dalla contingenza e dalle fasce di popolazione già immuni, che sono quelle in cui il virus può fare più danno.

Quali sono i sintomi specifici della variante Delta?

Non è possibile, dai sintomi, risalire al tipo di variante. Al massimo si può sospettare la Delta quando ci sono stati contatti con casi di variante Delta accertati. Il tracciamento diventa quindi l’arma fondamentale. Noi (l’ASL di Lecce, ndr) abbiamo potenziato il contact tracing in caso di eventi tipici, ad esempio l’ingresso da paesi come l’Inghilterra o l’insorgenza di sintomi in soggetti parzialmente vaccinati o già vaccinati a ciclo completo. Il sequenziamento è una metodica complessa e costosa, da riservare a situazioni specifiche.

In che percentuale la variante Delta resiste ai vaccini?

Non esistono soglie percentuali, ad esempio non possiamo dire che chi è stato vaccinato con la prima dose ha il 60, 70 oppure 80 per cento di possibilità di ammalarsi. Di sicuro non è molto frequente che i vaccinati si ammalino. Nella provincia dove lavoro io (Lecce, ndr), abbiamo avuto un centinaio di casi di variante Delta, da maggio a oggi, di cui una decina già vaccinati: circa 8 con una dose e 2 o 3 a ciclo completo. Il vaccino aiuta anche chi viene contagiato, perché i sintomi, nei vaccinati, sono sicuramente più lievi.

In Italia i vaccinati a ciclo completo sono più della metà della popolazione. Cosa significa questa cifra rispetto al rischio di una nuova ondata?

Di ondata vera e propria non credo si parlerà, perché gran parte della nostra popolazione è immune. Potremmo però assistere a una ripresa dei contagi: è così, ad esempio, che si spiegano le misure adottate dalla Francia. In estate ci sono condizioni di libera circolazione e turismo che riguardano soprattutto i più giovani e ciò può aumentare il rischio di un rialzo della curva in questa specifica fascia anagrafica.

Perché così tanti contagi in Inghilterra?

Una chiave di lettura è l’aver rimandato i richiami. Il virus è infatti più efficiente nei soggetti che hanno ricevuto una sola dose di vaccino. L’altra ipotesi è che ci sia stato un abbassamento della guardia prematuro e una politica diversa da quella, più prudente, adottata in Italia. Mi tornano in mente le dichiarazioni di Boris Johnson all’inizio della pandemia, poi smentite dai fatti. Questo degli ultimi mesi, mi sembra un ritorno a una politica molto più permissiva in termini di misure anti-contagio.

In Italia è possibile uno scenario sul modello inglese, in cui non si fanno passi indietro sulle riaperture grazie al conforto di un numero di morti che resta basso, se paragonato ai livelli ante-vaccinazione?

Questa è una decisione di tipo politico. Noi medici abbiamo il dovere di segnalare il rischio di complicanze permanenti e decessi. Sta poi al governo capire cosa fare.

Qual è il vaccino più efficace tra Pfizer, Moderna, AstraZeneca e J&J contro la variante Delta?

Sulla base delle nostre esperienze, non esiste una grande differenza, tra i vaccini, nel resistere alla variante Delta. Abbiamo visto pochi casi di variante Delta in chi ha ricevuto una dose di J&J, che però è stato un vaccino poco utilizzato e più di recente rispetto a Pfizer.

Per essere chiari, non soltanto il campione di immunizzati, nel caso di J&J, è più ridotto, (quindi è più difficile, per una questione puramente numerica, osservare contagiati tra chi ha ricevuto l’iniezione del monodose), c’è anche il fatto che la risposta del sistema immunitario innescata dalla puntura è più recente. Lo stesso vale con AstraZeneca, adoperato dopo Pfizer e Moderna.

In altre parole, la maggior parte dei contagi c’è stata tra chi ha ricevuto una dose di vaccino a mRna e tra chi ha ricevuto due dosi, ma nei primi mesi dell’anno. Mi sento quindi di dire che tutti i vaccini aiutano contro la Delta.

È possibile verificare la risposta immunitaria al vaccino?

Per verificare la risposta immunitaria al vaccino, molti ricorrono al sierologico. In realtà non esiste un livello di anticorpi tale che, se raggiunto, garantisce protezione contro la variante Delta. Nella risposta al virus sono coinvolti altri elementi, difficili da determinare con le analisi sierologiche: ad esempio, tra le altre cose, si dovrebbero distinguere gli anticorpi neutralizzanti da quelli normali. Un’indagine sierologica di tipo quantitativo di rappresenta quindi un metodo grossolano di valutazione, perché, oltre la quantità degli anticorpi, è necessario indagare la qualità degli stessi.

La terza dose può essere una soluzione? Quando ci sarà?

A questo ancora non sappiamo rispondere. Attualmente è in corso la discussione su quanto e quando, per adesso, sia effettivamente necessaria. Il limite temporale per la terza puntura viene spostato di volta in volta più in là. Gli studi stanno cercando di stabilire la durata della protezione dei vaccini dopo la seconda dose: è di nove mesi? Oppure di un anno? Certezze ancora non ce ne sono, ma si pensa che la terza dose, prima o dopo, sarà comunque necessaria.

Quanto è elevato il rischio che arrivi una variante in grado di neutralizzare i vaccini? Cosa possiamo fare per evitarlo?

Più il virus circola, più c’è il rischio che arrivi la variante in grado di “bucare” lo scudo dei vaccini. Più rapidamente una popolazione viene immunizzata, meno spazio si lascia al virus. Questa strategia è tanto più difficile in un mondo globalizzato, in cui non ha senso guardare solo alla situazione locale o nazionale. La cosa migliore da fare sarebbe vaccinare il mondo rapidamente, ma è una soluzione indubbiamente difficile. Speriamo che l’immunizzazione globale arrivi prima delle contromisure messe in campo dal virus per superare le difficoltà che gli stiamo creando con i vaccini.

Fonte foto: ANSA
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