Migranti e navi ong, pronto il piano del governo Meloni: le regole per entrare nei porti italiani
Il governo Meloni al lavoro per regolamentare le attività delle navi ong che operano nel Mediterraneo per il soccorso ai migranti
Pronta la stretta del governo Meloni sulle navi delle ong che soccorrono i migranti in difficoltà nel Mediterraneo. Il nuovo esecutivo sta mettendo a punto un provvedimento per regolamentare l’attività delle organizzazioni non governative impegnate al largo delle coste della Libia. Parallelamente alla richiesta alla Ue di un meccanismo di ricollocazioni veramente efficace.
- Navi ong, il piano del governo
- La "prova" del salvataggio
- Il codice di condotta per le ong
- Le richieste alla Ue
Navi ong, il piano del governo
Secondo il Corriere della Sera il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi annuncerà il nuovo provvedimento sulle navi ong mercoledì in Parlamento, quando sarà chiamato a riferire in Aula sullo scontro diplomatico con la Francia.
Una norma che prevede un codice di comportamento per le ong: per chi non le rispetta scattano sanzioni amministrative, dalla multa fino al sequestro della nave.
La “prova” del salvataggio
Da quanto emerso, il provvedimento del nuovo governo appare molto simile ai decreti sicurezza varati dall’allora ministro Matteo Salvini e al codice di condotta per le organizzazioni non governative risalente al suo predecessore, Marco Minniti.
Per poter entrare nelle acque italiane le ong dovranno sottoscrivere un codice di condotta. Chi non rispetterà il codice sarà multato, con sanzioni che possono arrivare fino al sequestro della nave.
Nel nuovo provvedimento dovrebbe però esserci una novità: per poter entrare nei porti italiani le organizzazioni non governative che operano nel Mediterraneo dovranno dimostrare di aver soccorso imbarcazioni a rischio naufragio.
Il codice di condotta per le ong
Al momento non è ancora chiaro quale sarà lo strumento formale attraverso il quale verrà introdotto di nuovo il codice di condotta per le Ong. Secondo il Corriere della Sera appare da escludere il decreto legge.
Anche perché ci sono da considerare i rilievi mossi dalla Corte Costituzionale, che aveva bocciato diverse norme contenute nei decreti sicurezza di Salvini, poi abrogati dalla ministra Lamorgese nel secondo governo Conte.
Le richieste alla Ue
Parallelamente il governo Meloni si muove sul piano diplomatico sul fronte europeo. Da un lato c’è da ricucire i rapporti con la Francia dopo lo scontro sui migranti, dall’altra arrivare ad un piano più efficace sulla ricollocazione dei migranti all’interno dei Paesi Ue.
L’Italia si sta muovendo in questo senso assieme agli altri Paesi di approdo – Grecia, Cipro e Malta, con la Spagna più defilata – ma oggi come in passato appare difficile che si possa arrivare a risultati concreti.
Potrebbe avere invece più possibilità l’idea di un Piano Marshall per l’Africa per il quale sta spingendo il ministro degli Esteri Antonio Tajani.
Si tratterebbe di una serie di investimenti e sostegni economici da parte Ue collegati ad accordi con i Paesi del Nordafrica, che consentirebbero di gestire i flussi migratori direttamente nei paesi di partenza.