La Russia sequestra 463 milioni di euro in beni a Unicredit: la sentenza del tribunale di San Pietroburgo
La Russia sequestra 463 milioni di euro a Unicredit dopo una sentenza del tribunale di San Pietroburgo
Maxi sequestro a Unicredit in Russia. Un tribunale di San Pietroburgo ha disposto il blocco di 463 milioni di euro in beni alle controllate russe della banca italiana, tra le più grandi in Europa. È la seconda vicenda di questo tipo dopo il caso Ariston.
- La sentenza su Unicredit
- Le attività di Unicredit in Russia
- Il caso di Ariston, nazionalizzata dalla Russia
La sentenza su Unicredit
Al termine di un processo intentato dall’impresa Ruskhimalyans, controllata del colosso di Stato russo Gazp
rom, il tribunale arbitrale di San Pietroburgo ha disposto il sequestro di beni per 463 milioni di euro a Unicredit Russia e Unicredit Ag, controllate dalla banca italiana Unicredit.
Il processo riguardava il finanziamento di un progetto di trattamento e liquefazione di metano da parte di Unicredit per Ruskhimalyans, che è finito nel nulla dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.
Le due società colpite dal provvedimento sono rispettivamente la filiale russa di Unicredit e quella tedesca, che la controlla. I beni sequestrati deriverebbero dall’ingente esposizione finanziaria della banca in Russia.
Le attività di Unicredit in Russia
Nel mese di aprile di quest’anno la Banca centrale europea aveva esortato Unicredit a ridurre la propria esposizione in Russia per il rischio di ritorsioni da parte del governo di Mosca dopo l’invasione dell’Ucraina.
Nel 2023 Unicredit derivava il 7,7% dei propri profitti dalla Russia, un mercato quindi difficile da abbandonare in tempi rapidi, che però, come mostrato dal caso Ruskhimalyans presenta in questo momento rischi severi per le attività controllate da realtà occidentali.
Unicredit è una banca italiana, tra le più importanti d’Europa. Ha un fatturato di 23,8 miliardi di euro e lo scorso anno ha dichiarato un utile netto di 9,5 milioni di euro. Dà inoltre lavoro a oltre 76mila persone.
Il caso di Ariston, nazionalizzata dalla Russia
Lo scorso 30 aprile il Governo italiano ha convocato l’ambasciatore russo in Italia a seguito del trasferimento della gestione di Arsiton Thermo Rus, filiale in Russia dell’azienda italiana di elettrodomestici Ariston, al Gazprom Household Systems.
Questo trasferimento è stato possibile grazie a una legge del 2023 che prevede che il presidente russo possa trasferire per decreto la gestione di aziende di proprietà di persone provenienti da Paesi ostili a società russe.
Alle richieste di chiarimento del Ministero degli Esteri l’ambasciata russa ha risposto che le responsabilità dei quanto accaduto: “Ricade interamente sulle autorità italiane, che hanno sacrificato i loro reali interessi nazionali preferendo partecipare ad avventure geopolitiche antirusse pericolose e senza speranza.”