Per la perizia psichiatrica Alessia Pifferi era "capace di intendere e volere": la sua risposta dopo l'esito
È stata depositata dalla Corte d'Assise di Milano la perizia psichiatrica di Alessia Pifferi. La donna era capace di intendere e di volere
È arrivato l’esito della perizia psichiatrica di Alessia Pifferi. La donna, quando ha lasciato morire di stenti la figlia Diana, era capace di intendere e di volere. A stabilire le condizione di Pifferi è stata lo psichiatra forense Elvezio Pirfo. La conferma della capacità di intendere e di volere della donna aggravano la sua posizione in aula. La conclusione della perizia conferma quanto sostenuto dal pm di Milano Francesco De Tommasi. Ora la 38enne rischia la condanna all’ergastolo per omicidio volontario aggravato.
- Esito della perizia psichiatrica
- Cosa c'è scritto nella perizia
- Altro della perizia
- Conseguenze sul processo
- La reazione di Alessia Pifferi
Esito della perizia psichiatrica
Alessia Pifferi era capace di intendere e di volere. A dirlo è l’esito della perizia psichiatrica svolta dallo psichiatra forense Elvezio Pirfo. Il documento è stato depositato dalla Corte d’Assise di Milano agli atti del processo per omicidio volontario aggravato.
Alessia Pifferi è indagata per l’omicidio della figlia Diana, avvenuto nel luglio del 2022 attraverso abbandono. La piccola, di meno di un anno e mezzo, è stata lasciata sola in casa per quasi una settimana. La conclusione della perizia conferma la linea sostenuta dal pm di Milano Francesco De Tommasi e dal suo consulente: ha lasciato morire la figlia volontariamente (nello stomaco della bambina sono stati ritrovati pezzi di pannolino). Per questo la 38enne rischia la condanna all’ergastolo.
Cosa c’è scritto nella perizia
Nella perizia psichiatrica si possono leggere le conclusioni dell’analisi dell’esperto. Secondo quanto studiato da Pirfo: “Non essendo dimostrabile né una disabilità intellettiva, né un disturbo psichiatrico maggiore né un grave disturbo di personalità, è possibile affermare che Alessia Pifferi al momento dei fatti per i quali è imputata era capace di intendere e di volere“.
Ancora, nel documento di 130 pagine, si legge: “Vista la mantenuta capacità di intendere e di volere non è possibile formulare una prognosi di pericolosità sociale correlata a infermità mentale”. Per questo “in presenza di un funzionamento cognitivo integro e di una buona capacità di comprensione della vicenda giudiziaria che la riguarda, sia in termini di disvalore degli atti compiuti sia dello sviluppo della vicenda processuale” è capace di stare in giudizio.
Altro della perizia
Il testo completo sono contenute diverse informazioni, tra cui quelle in merito all’infanzia di Pifferi, che “ha vissuto il proprio contesto familiare e sociale di appartenenza come affettivamente deprivante e tale da indurre una visione del mondo e uno stile di vita caratterizzati da un’immagine di sé come ragazza e poi donna dipendente dagli altri (e in particolare dagli uomini) per condurre la propria esistenza”. Queste caratteristiche e i fatti seguenti all’abbandono, hanno portato Pifferi a sviluppare un funzionamento di personalità caratterizzato da “alessitimia”, incapacità cioè di esprimere emozioni e provare empatia verso gli altri.
Emerge ora “una resistenza alla fatica che questi contesti possono comportare”. Si potrebbe dire che ha “una resilienza, una capacità cioè di sopportare gli eventi avversi, superiore a quanto ci si possa aspettare in una persona segnata da un’esistenza complessa e per certi versi infelice”. Tutto accompagnato da “precisione delle risposte e integrità della memoria.
Conseguenze sul processo
Il fatto che sia stata giudicata dal perito capace di intendere e volere comporta che, se la Corte seguirà queste valutazioni, Alessia Pifferi potrebbe essere condannata, come pena massima all’ergastolo, anche perché l’omicidio contestato ha più aggravanti, tra cui la “premeditazione”.
La reazione di Alessia Pifferi
“Il problema è che la mia mente si è spenta, si è proprio distaccata dal ruolo di mamma”, ha dichiarato Alessia Pifferi in uno dei numerosi colloqui nell’ambito della perizia psichiatrica depositata oggi, tentando di spiegare l’aver lasciato da sola in casa per 6 giorni la figlia Diana di meno di 18 mesi, morta per fame e sete.
“Oggi mi sento un cattiva madre“, ha aggiunto rispondendo alle domande del perito e dei consulenti di parte, ripresa dall’Ansa.