Perizia psichiatrica su Alessia Pifferi dopo la morte della figlia: valutare capacità di intendere e di volere
Per Alessia Pifferi, accusata di omicidio volontario aggravato della figlia Diana, la Corte d'Assise di Milano ha disposto una perizia psichiatrica
A distanza di oltre un anno dalla morte della piccola Diana, la Corte d’Assise di Milano ha disposto che sia effettuata una perizia psichiatrica su Alessia Pifferi, la madre della bimba di 18 mesi morta dopo essere stata abbandonata in casa. Una decisione duramente criticata in aula dal pm.
Perizia psichiatrica per Alessia Pifferi
La Corte d’Assise di Milano ha disposto una perizia psichiatrica su Alessia Pifferi, la 38enne accusata di omicidio volontario aggravato della figlia Diana, la neonata abbandonata per giorni in casa e ritrovata senza vita nel luglio del 2022.
Un accertamento ritenuto “necessario” dal presidente della Corte d’Assise, Ilio Mannucci Pacini, per verificare la “sussistenza al momento del fatto della capacità di intendere e di volere nonché l’eventuale pericolosità sociale” della donna.
Alessia Pifferi in aula insieme all’avvocato Alessia Pontenani
Una decisione, quella della Corte sulla perizia, richiesta da Alessia Pontenani, legale di Alessia Pifferi, per la quale la donna “non si rendeva conto di nulla”. “Accertare questo escluderebbe l’ergastolo? – ha poi concluso la legale – Assolutamente sì, secondo me non ci sono le aggravanti, non c’è la premeditazione”.
La reazione del pm
La scelta della Corte d’Appello di disporre la perizia psichiatrica è stata duramente contestata in aula dal pm Francesco De Tommasi: “Non ci sto ad essere preso in giro, la signora non ha alcun problema mentale e ha avuto un atteggiamento scellerato nei confronti della figlia”.
Della stessa idea non solo l’altro pubblico ministero, Rosaria Stagnaro, ma anche Maria Assandri e Viviana Pifferi, madre e sorella di Alessia Pifferi, parti civili sostenute dall’avvocato Emanuele De Mitri. Secondo De Tommasi sono assenti le “basi tecnico scientifiche che giustifichino un accertamento sotto il profilo delle capacità mentali”.
Dello stesso avviso l’avvocato De Mitri, per il quale Alessia Pifferi “sapeva ciò che stava facendo e cosa avrebbe provocato il digiuno sulla bambina, e non ha mai avuto problemi psichiatrici”, considerando anche come, durante il processo, la donna “ha cercato di scaricare le responsabilità sulla sua famiglia e sull’ex compagno”.
Il test sul quoziente intellettivo
Secondo la difesa della Pifferi però la donna avrebbe “un quoziente intellettivo pari a quello di una bambina di 7 anni”. Sarebbe affetta da un “gravissimo ritardo mentale”, che sarebbe stato diagnosticato dai dottori in carcere.
Una lettura fortemente criticata dal pm De Tommasi, per il quale il solo risultato “è stato quello di metterle in testa di non avere alcun tipo di responsabilità e di fare affermazioni sconcertanti durante la scorsa udienza”.
Per il pm “un quoziente intellettivo di 40 vuol dire che allora nella scorsa udienza lei non avrebbe dovuto essere in grado di dire nulla, né di formulare accuse contro il personale di polizia, di relazionarsi con nessuno”, mentre ha fornito “risposte chiare” e “dichiarazioni sconcertanti”. L’udienza del conferimento dell’incarico al perito Elvezio Pirfo è stata fissata per il prossimo 13 novembre.