Jeff Bezos e Kamala Harris, bufera su elezioni USA: cosa c'è dietro il mancato endorsement del Washington Post
Jeff Bezos avrebbe costretto il Washington Post a non prendere una decisione tra Kamala Harris e Donald Trump. L'interesse sarebbe personale
In una decisione inaspettata, il Washington Post ha scelto di non sostenere nessun candidato alla presidenza degli Stati Uniti per le imminenti elezioni, rompendo una tradizione che dal 1976 ha visto il giornale appoggiare i democratici. Secondo fonti interne, la decisione di non pubblicare l’endorsement a Kamala Harris, già redatto dagli editorialisti, sarebbe arrivata direttamente dal proprietario del quotidiano, Jeff Bezos.
- Washington Post neutro: si sospetta interferenza
- La differenza tra Trump e Harris
- Il ruolo del Washington Post
Washington Post neutro: si sospetta interferenza
Secondo un articolo del Washington Post, il rifiuto dell’endorsement è stato voluto da Jeff Bezos, anche se aveva affrontato in passato duri scontri con Trump. Per esempio nel 2019, Amazon aveva accusato Trump di aver manipolato una gara d’appalto da 10 miliardi di dollari con il Pentagono a favore di Microsoft per danneggiare Bezos.
Dopo il recente incontro di Trump con i dirigenti di Blue Origin, la compagnia aerospaziale di Bezos che dipende in buona parte da finanziamenti pubblici, si ipotizza che il fondatore di Amazon abbia deciso di non supportare Harris per evitare tensioni politiche e garantirsi la neutralità della Casa Bianca.
Robert Kagan, editorialista di spicco ed Editor at Large del Washington Post, ha spiegato in un’intervista la propria scelta di dimettersi, denunciando la decisione del giornale come un “do ut des” tra Bezos e Trump. Secondo Kagan, questa mossa sarebbe la conseguenza delle numerose pressioni dell’ex presidente su Bezos e rappresenterebbe “una resa del capitale davanti alla politica”. Kagan ha accusato il giornale di perdere la propria indipendenza editoriale e ha espresso preoccupazioni profonde per la deriva autoritaria che Trump rappresenta.
La differenza tra Trump e Harris
Nella sua intervista, Kagan descrive Trump come l’incarnazione di un movimento di “suprematismo bianco cristiano” che sfrutta le paure demografiche della popolazione bianca.
Secondo lui, più del 40% degli americani sostiene il modello di nazionalismo etnico di Trump. Kamala Harris ha dichiarato apertamente che Trump rappresenta una minaccia di tipo fascista, una posizione che Kagan stesso condivide. Ha anche avvertito che la vittoria di Trump potrebbe portare alla “dissoluzione del sistema democratico”.
Se Trump venisse rieletto, prosegue Kagan nell’intervista, si assisterebbe a una progressiva erosione della democrazia e se venisse sconfitto, il rischio sarebbe invece un’insurrezione armata da parte degli Stati repubblicani.
Il ruolo del Washington Post
In altre parole, la decisione di Jeff Bezos sembra riflettere una strategia personale e non per l’interesse del Paese. Secondo Kagan, anche molti leader del business statunitense, come il banchiere Jamie Dimon di JPMorgan, preferirebbero mettere da parte la democrazia pur di salvaguardare i loro interessi.
Bezos, come imprenditore di alto profilo e proprietario di Blue Origin, avrebbe quindi preferito evitare che un endorsement esplicito a Harris potesse compromettere i rapporti con la Casa Bianca (che pensa occuperà nuovamente Trump) e mettere a rischio i contratti governativi della sua azienda.
Il giornalista conclude sostenendo che la vittoria di Kamala Harris rappresenterebbe un argine per preservare la democrazia, ma avverte che in caso contrario, la resistenza politica potrebbe essere l’unica strada percorribile.