Gloria morta con il suicidio assistito: è la prima in Italia ad aver ottenuto il farmaco da autosomministrarsi
Gloria (nome di fantasia) è morta con il suicidio assistito: è la seconda persona in Italia, la prima ad aver ottenuto il farmaco dallo Stato
Gloria, paziente oncologica veneta di 78 anni, è morta domenica 23 luglio alle ore 10:25 attraverso il suicidio assistito: è la seconda persona in Italia ad aver scelto di morire con questa pratica, legale a determinate condizioni dalla sentenza della Corte costituzionale 242/2019 sul caso Cappato-Antoniani. Lo rende noto l’Associazione Luca Coscioni.
- Chi era Gloria
- La dichiarazione di Marco Cappato
- L'iter seguito da Gloria per morire
- I precedenti in Italia: Federico Carboni, ma non solo
Chi era Gloria
Gloria, in realtà, è un nome di fantasia. A essere importante, comunque, non è tanto ciò che è riportato sui documenti, quanto la vicenda che l’ha riguardata.
La 78enne è morta nella sua abitazione dopo essersi auto-somministrata il farmaco letale attraverso la strumentazione fornita dall’azienda sanitaria locale.
La procedura di suicidio medicalmente assistito è avvenuta sotto il controllo medico del dottor Mario Riccio, consigliere Generale dell’Associazione Luca Coscioni, che nel 2006 aveva assistito Piergiorgio Welby ed era stato il medico di fiducia di Federico Carboni, tetraplegico, primo italiano – il 16 giugno 2022 – ad aver chiesto e ottenuto nelle Marche l’accesso alla tecnica.
Gloria è la seconda cittadina residente in Veneto, dopo Stefano Gheller, affetto da distrofia muscolare, ad aver ottenuto la verifica delle condizioni per poter accedere al suicidio assistito e il relativo parere favorevole da parte dell’azienda sanitaria e del comitato etico. Mentre in Italia, per quanto se ne abbia notizia, è la quarta volta che accade.
La dichiarazione di Marco Cappato
“In questo momento il nostro pensiero va alla famiglia di Gloria, al marito, vicino a lei fino all’ultimo istante. Anche se Gloria ha dovuto attendere alcuni mesi, ha scelto di procedere in Italia per avere accanto la sua amata famiglia e sentirsi libera nel suo Paese“, hanno dichiarato Filomena Gallo e Marco Cappato, segretaria nazionale e tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni.
Per l’Associazione Luca Coscioni “le è stata risparmiata una fine che non avrebbe voluto, grazie alle regole stabilite dalla Consulta e grazie alla correttezza e all’umanità del sistema sanitario veneto e delle istituzioni regionali presiedute da Luca Zaia”.
L’iter seguito da Gloria per morire
Come ricostruito dall’Ansa, Gloria ha chiesto a Marco Cappato informazioni per andare in Svizzera e poi, una volta appreso che avrebbe potuto procedere in Italia, ha scelto di chiedere la verifica delle condizioni e di procedere con i suoi cari vicini a casa sua.
Ha quindi contattato Filomena Gallo, avvocata e Segretaria dell’associazione Luca Coscioni, che l’ha seguita anche nella fase di richieste e verifica insieme al team legale dell’Associazione Luca Coscioni, avviando formalmente l’iter nel novembre 2022.
Il via libera definitivo da parte dell’azienda sanitaria regionale e dal Comitato Etico alla verifica delle condizioni per poter accedere al suicidio medicalmente assistito di Gloria era arrivato il 30 marzo 2023.
Nell’aprile 2023, dopo una serie di interlocuzioni con gli avvocati di Gloria, l’azienda sanitaria ha comunicato la tipologia di farmaco idoneo per poter procedere e le modalità di assunzione per poter procedere.
Il 19 maggio 2023, dopo la richiesta di chiarimenti sulla fornitura del farmaco e della strumentazione, l’azienda ha comunicato che avrebbe fornito quella necessaria all’auto-somministrazione del farmaco letale.
Il 12 luglio 2023 Gloria ha fatto un appello al presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, affinché il rinnovo delle verifiche sulla sussistenza dei requisiti, prima della consegna del farmaco e della strumentazione, fossero effettuate quanto prima visto il peggioramento delle sue condizioni.
I medici, dopo 5 giorni, hanno verificato che la signora avesse ancora piena capacità di autodeterminarsi e autosomministrarsi il farmaco nonostante l’avanzare della malattia.
I precedenti in Italia: Federico Carboni, ma non solo
Federico Carboni, il 16 giugno 2022, è stato il primo italiano ad aver avuto accesso al suicidio medicalmente assistito in Italia, ma non volendo attendere altro tempo per chiedere anche l’assistenza dal Servizio Sanitario nazionale nella fase finale, aveva dovuto farsi carico dei costi del farmaco e del macchinario, acquistato poi grazie a una raccolta fondi aperta dall’Associazione Luca Coscioni.
Oltre Federico Carboni e Gloria, anche altri due italiani avevano ottenuto il via libera dal Comitato Etico della regione di appartenenza (che è l’ultimo step) e sono dunque ora liberi di scegliere il momento più opportuno per confermare le proprie volontà o eventualmente modificare le proprie intenzioni iniziali: si tratta di Stefano Gheller e ‘Antonio’.
Tantissimi sono invece gli italiani ancora costretti a emigrare in Svizzera.
Tra quelli assistiti da Marco Cappato e i disobbedienti civili iscritti a Soccorso Civile – sottolinea l’Associazione Luca Coscioni – figurano le storie degli italiani che non erano dipendenti da trattamenti classici intesi di sostegno vitali riconducibili a una interpretazione restrittiva dell sentenza della Consulta, come Elena, Romano, Massimiliano e Paola.
All’attenzione della magistratura la verifica dei fatti esposti per l’aiuto fornito a loro quattro da Marco Cappato, Chiara Lalli, Felicetta Maltese e Virginia Fiume, assistiti dall’avvocata Filomena Gallo e dal collegio legale dell’associazione Luca Coscioni. Si dovrà stabilire, come vogliono dimostrare i difensori, se la loro condizione era descrivibile come “dipendente da trattamenti di sostegno vitale”.
Altri vorrebbero accedere alla morte volontaria assistita e sono in attesa della verifica delle condizioni, ma son finiti intrappolati nelle sabbie mobili delle lungaggini burocratiche (attualmente è nota la vicenda di Laura Santi in Umbria e di Anna in Friuli Venezia Giulia), costretti a un interminabile percorso nei tribunali, mentre peggiorano le condizioni di salute.
Infine ci sono casi, riferisce l’Associazione, come quelli di Fabio Ridolfi e Giampaolo, costretti a rinunciare al lungo e faticoso percorso scegliendo loro malgrado il ricorso alla sospensione delle terapie e una lenta morte sotto sedazione profonda con distacco dell’alimentazione e dell’idratazione.