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Elezioni Midterm Usa: cosa sono e perché le votazioni di metà mandato possono non essere favorevoli a Biden

Usa al voto per le elezioni di metà mandato che ridisegneranno il Congresso: Biden può perdere la maggioranza, gli scenari

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Luca Bucceri

GIORNALISTA

Giornalista pubblicista esperto del mondo dello sport e della politica, scrive anche di attualità ed economia. Laureato in Scienze della Comunicazione, muove i primi passi nelle redazioni sportive di Palermo per poi trasferirsi a Milano e lavorare per importanti testate.

Quello di martedì 8 novembre 2022 è uno degli election day più importanti negli Stati Uniti, quello che porterà al rinnovo del Congresso americano con oltre migliaia di incarichi statali da assegnare. Un voto che arriva a metà mandato della presidenza di Joe Biden alla Casa Bianca, un ritorno alle urne per gli americani che sa di pagella per l’attività di governo democratica che trema al solo pensiero di un ritorno alla carica dei repubblicani.

Gli scenari in vista del voto sono diversi e molteplici, pronti a mischiarsi l’uno con l’altro rendendo l’esito del voto incerto da una parte e “sfavorevole” a Biden dall’altra. Infatti col rinnovo del Congresso, tra i 435 seggi della Camera e i 35 del Senato, il presidente potrebbe perdere la maggioranza in almeno uno dei due rami del parlamento.

Cosa sono le elezioni Midterm americane

Le elezioni Midterm, come dice lo stesso termine, sono le cosiddette elezioni di metà mandato della presidenza degli Stati Uniti d’America. Si svolgono quindi ogni quattro anni e nel 2022, nello specifico, si piazzano all’interno del secondo anno di mandato del presidente americano Joe Biden.

Le elezioni dell’8 novembre determineranno il 118° Congresso degli Stati Uniti e saranno le prime dopo la nuova redistribuzione dei seggi decisa in base ai dati demografici fissati dal censimento del 2020. In occasione di questa tornata elettorale i cittadini americani sono chiamati a rinnovare gran parte del Congresso, determinando così il destino dell’agenda della Casa Bianca nei due anni successivi, prima delle nuove elezioni presidenziali, ma anche per rinnovare le assemblee elettive, eleggere i governatori (in 36 Stati su 50) ed esprimersi su una serie di referendum, come quelli sulle armi semiautomatiche e sull’uso della marijuana in Wisconsin, sui diritti dei lavoratori in Illinois, sul fisco in Georgia.

Quando si vota e l’importanza del Congresso Usa

Come detto, il grande giorno per le elezioni di metà mandato è quello di martedì 8 novembre 2022, ma non è l’unica data nella quale gli americani possono esprimere il proprio voto. Infatti in diversi hanno deciso per il voto in largo anticipo attraverso i sistemi elettronici che negli anni sono stati implementati per cercare di aggirare problemi di hackeraggio e guai nei conteggi. Nel corso degli anni sempre meno americani hanno però deciso di votare a distanza: nel 2016 il 22%, nel 2020 meno del 9%. A questo giro, dati alla mano, sembrerebbe che solo il 5% voterà a distanza.

Ma perché queste elezioni sono così importanti? Come detto sono votazioni che andranno a ridisegnare il Congresso, l’organo che propone e approva leggi che hanno una ricaduta nazionale. La Camera decide quali leggi portare avanti, mentre l’altra ala del parlamento (il Senato) può decidere se bloccarle o approvarle, ma anche ratificare o bocciare le nomine, come quelle dei giudici della Corte Suprema, fatte dal presidente degli Stati Uniti. Il Senato, inoltre, può anche mettere in stato d’accusa il presidente e discuterne l’impeachment.

A oggi la situazione alla Camera è di controllo democratico, ma con una maggioranza ridotta con 220 seggi a favore e 212 affidati ai repubblicani. Al Senato la situazione è ancora più in equilibrio, un 50 a 50, ma con il voto della vicepresidente Kamala Harris che può spezzare lo stallo e avere un peso decisivo.

Le previsioni degli esperti: Biden in pensiero

Come tutte le elezioni, però, fino al momento dell’esito finale non si può far altro che far fede ai sondaggi. E di fede e speranza Joe Biden in questi giorni ne ha tanta, perché gli esperti non prevedono di certo un quadro roseo per il presidente americano e il suo partito.

Con le Midterm considerate un vero e proprio giro di boa per il mandato alla Casa Bianca, le previsioni degli esperti non sorridono a Biden che è di nuovo in calo nei sondaggi. In una delle ultime rilevazioni da parte di Gallup, infatti, solo il 40% degli americani ha fiducia in lui, una delle percentuali più basse dall’inizio del suo mandato.

Andando ai sondaggi sui risultati Cook Politica Report, uno degli istituti più affidabili negli Stati Uniti, prevede una larga vittoria dei repubblicani di Trump alla Camera, con 211 seggi per i conservatori e 191 ai progressisti, mentre 33 sarebbero in equilibrio ma con tendenza repubblicana. Quasi tutti i sondaggi portano la vittoria repubblicana alla Camera, ben diversa la situazione al Senato dove i democratici avrebbero il 65% delle possibilità di conservare la maggioranza.

Le conseguenze economiche del voto: i tre scenari

Ovviamente, sondaggi alla mano, tutto è ancora da decidere e tre potrebbero essere gli scenari che si presenteranno all’esito del voto: un pareggio, con un ramo del parlamento per parte tra repubblicani e democratici, oppure le opposte di maggioranza assoluta alla Camera e in Senato per repubblicani o democratici.

Nel caso di pareggio, con i repubblicani che prenderebbero la maggioranza alla Camera mentre in Senato rimarrebbe quella democratica, la risposta dell’economia non sarebbe così funesta. Infatti, come sottolineato da George Brown, economista di Schroders, le azioni americane hanno sempre guadagnato dalle situazioni di stallo.

Diversa la situazione se dovesse verificarsi uno scenario che solo qualche mese fa sembrava irrealizzabile, cioè la vittoria democratica in entrambi i rami del parlamento. Così facendo gli “uomini del presidente” avrebbero modo di portare avanti il programma politico senza alcun ostacolo, aumentando per esempio le aliquote massime delle imposte sulle società, sul reddito e sui guadagni di capitale, ma anche l’inasprimento della regolamentazione in settori come quello bancario e sanitario. La risposta dei mercati, in questo secondo scenario, potrebbe essere lasciata al caso, in base al sentiment degli americani sull’operato della presidenza.

Terzo e ultimo scenario, quello più tragico per Biden, è invece la vittoria totale dei repubblicani. Con una maggioranza alla Camera e in Senato, infatti, il Grand Old Party rischierebbe di far paralizzare l’attività politica, col presidente americano che potrebbe porre il veto sulle norme approvate in parlamento. Una situazione di stallo che rischierebbe di far andare gli States in default con il conseguente declassamento del rating creditizio americano.

Quest’ultimo quadro drammatico, tra l’altro, è stato quello che Biden riuscì a evitare al fotofinish nel 2011 quando, durante la presidenza Obama, trovò l’accordo con i leader repubblicani per risolvere i problemi derivanti dai livelli di spesa federale, evitando così lo shutdown del governo.

Cosa succede se vincono i repubblicani

In attesa dell’esito del voto, però, i repubblicani si sono già rimboccati le maniche per cercare di stilare la “to do list” in caso di successo. Una vittoria del Grand Old Party, infatti, potrebbe significare la fine della presidenza Biden, con il 79enne che potrebbe essere coinvolto in una vera e propria indagine sull’operato dei primi due anni alla Casa Bianca.

Al centro della polemica alzata dai repubblicani c’è la figura di Hunter Biden, figlio del presidente americano, che in tanti vedono come reale artefice dell’ascesa del padre a Washington. Il 52enne, avvocato e uomo d’affari, è infatti accusato di aver condizionato gli affari del padre e della famiglia, mettendo il genitore nella posizione di essere indagato per potenziali “conflitti di interessi” nelle decisioni di questi due anni.

I repubblicani, quindi, potrebbero prendere la strada della messa in stato d’accusa per il presidente, con vari documenti raccolti negli ultimi mesi contro Hunter Biden che potrebbero far scricchiolare e poi definitivamente cedere il governo del padre. Tra i tanti in possesso degli uomini di Trump quelli legati ai rapporti con Ucraina e Cina, anche se recenti inchieste del Washington Post hanno smontato qualsiasi pista messa in piedi dai repubblicani.

Fonte foto: ANSA

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