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Alluvione in Libia con migliaia di morti a Derna, il sospetto del Medicane: intervista a Massimiliano Fazzini

Il climatologo Massimiliano Fazzini spiega cosa è accaduto con le alluvioni in Libia, dove si è recato in queste ore: l'ipotesi del Medicane

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Eleonora Lorusso

GIORNALISTA

Giornalista professionista dal 2001, ha esperienze in radio, tv, giornali e periodici nazionali. Conduce l’annuale Festival internazionale della Geopolitica europea. Su Virgilio Notizie si occupa di approfondimenti e interviste, in particolare su Salute, Esteri e Politica.

Il bilancio dell’alluvione in Libia è pesantissimo. Secondo la tv araba Al Hadath ci sarebbero almeno 6 mila morti soltanto a Derna. Altre emittenti arrivato a stimarne fino a 10 mila. Imprecisato il numero di dispersi, ingenti i danni delle inondazioni causate dal passaggio del ciclone Daniel, che in molti hanno definito un Medicane, termine nato dalla fusione tra le parole Mediterranean e hurricane (ossia, uragano). Ma di cosa si tratta? Perché stanno aumentando? E cosa ha provocato il disastro in Libia? Virgilio Notizie ha raggiunto Massimiliano Fazzini, climatologo dell’Università di Camerino, coordinatore sul rischio climatico della Sigea, la Società italiana di Geologia ambientale, che è partito proprio alla volta di Derna.

La situazione in Libia

Secondo quanto riportato dalla Bbc nella notte italiana tra martedì 12 e mercoledì 13 settembre, i dispersi sarebbero almeno 10 mila.

Situazione drammatica soprattutto a Derna, con due dighe e quattro ponti crollati, facendo finire intere zone letteralmente sott’acqua.

Un fermo immagine tratto da un video della Mezzaluna Rossa mostra i soccorsi dopo le morti e le distruzioni causate dalle inondazioni, soprattutto nella parte orientale del Paese

Il bilancio delle vittime delle inondazioni che hanno colpito la Libia si aggiorna di ora in ora, i numeri sono ancora discordanti: secondo fonti del ministero dell’Interno riprese da Askanews supererebbero i 5 mila, ma potrebbero arrivare addirittura a 10 mila.

L’intervista a Massimiliano Fazzini

L’alluvione in Libia è un evento catastrofico, ma anche eccezionale, soprattutto per quell’area. Cosa è accaduto da un punto di vista climatico?

“Si è trattato senza dubbio di una precipitazione estremamente importante e abbondante. Basti pensare che in certe zone della Cirenaica sono caduti 420 millimetri di pioggia in 24 ore, a fronte di una media annuale di 350 millimetri. Si tratta, quindi, di un quantitativo che solitamente si registra in un anno e che, in questo caso, è caduto in un giorno solo. Lungo costa, invece, si sono abbattuti venti a una velocità di 180km orari. Tutto ciò fa pensare, dati alla mano, che questo ciclone mediterraneo si sia evoluto verso un ciclone subtropicale, un cosiddetto Medicane, appunto. È chiaro, quindi, che questa è l’ennesima dimostrazione del fatto il bacino mediterraneo in tarda estate sta sperimentando tempeste tropicali”.

Quali sono le altre peculiarità del Medicane e quando lo si può definire tale?

“Potremmo definirlo come un piccolo uragano, una versione mediterranea. Per essere tale, però, occorrono due elementi: i venti al suolo devono essere di almeno 120 chilometri orari; inoltre c’è una peculiarità unica per l’uragano del Mediterraneo, cioè che questo tipo di bassa pressione ha un cuore caldo. Significa che al centro la colonna verticale d’aria è più calda rispetto al contorno della depressione stessa. Questo è tipico delle tempeste tropicali e del Medicane, mentre solitamente le depressioni extratropicali hanno un cuore freddo, vale a dire che le temperature al centro, nell’occhio, sono più basse di quelle esterne”.

È vero che questo tipo di perturbazione di sta intensificando? Cosa indicano i dati statistici?

“Va fatta una premessa. Il Mediterraneo è un vero e proprio un hotspot, una zona particolare da studiare. Le interazioni con altri fenomeni estremi che si registrano nel mondo sono difficili da stabilire. Ciò che è importante sottolineare, però, è che negli ultimi 15 anni la possibilità che si formi un Medicane nella stagione tardo estiva-autunnale è triplicata. Prima ne vedevamo uno ogni 4-5 anni, mentre oggi la frequenza è di uno ogni anno e mezzo. Negli ultimi anni se ne sono verificati ben 5. Questo è un brutto segnale: in presenza di questo tipo di perturbazioni aumentano i rischi per la popolazione, come vediamo a Derna”.

Cosa è accaduto a Derna e come è possibile che le dighe abbiano ceduto?

“Io sto per partire da Tunisi alla volta di Derna – conferma Fazzini, che si era messo in viaggio dall’Emilia Romagna, passando per la Sicilia -. Ho chiesto appoggio delle istituzioni locali per poter incontrare i colleghi e studiare l’accaduto. Pare che il cedimento delle dighe sia stato dovuto a un cosiddetto sifonamento delle pareti dei due versanti. In pratica l’acqua avrebbe scavato intorno, facendo venire meno l’appoggio laterale”.

Quali sono i rischi per gli abitanti di zone soggette a perturbazioni sempre più ‘violente’?

“In questo caso va notato che non ci sono state vittime nei pressi delle dighe. Diverso è il discorso per gli abitanti delle zone a valle, dove la massa di acqua e fango ha trovato centri molto popolati. Questo ci deve insegnare e ricordare una cosa importante: non si deve costruire in prossimità dei fiumi e noi, in Italia, dovremmo saperlo visto cosa è successo solo pochi mesi fa in Emilia Romagna. Con i cambiamenti climatici in atto i luoghi possono anche non essere di per sé rischiosi, ma diventano pericolosi se si costruisce a ridosso”.

Cos’è il Medicane

Di Medicane si è parlato recentemente anche in Italia, in occasione di violenti temporali che avevano colpito il Nord, in particolare Milano e la Lombardia, senza risparmiare alcune regioni vicine, o più recentemente per le minacce del maltempo in Sicilia e Calabria.

Lo scenario era stato simile: temporali, intense raffiche di vento e forti grandinate.

Ma perché lo si è chiamato Medicane? Come spiega Scientific Reports, “i Medicane hanno caratteristiche simili ai cicloni tropicali, sia quando vengono osservati sulle immagini satellitari che prendendo in considerazione le loro caratteristiche dinamiche e termodinamiche”.

Ad accomunare gli uragani del Mediterraneo a quelli caratteristici delle aree tropicali, come la zona della Florida, è la presenza di un occhio, con una spirale di nubi che lo circondano. Ma c’è almeno una differenza: secondo gli autori dell’articolo, rispetto ai cicloni tropicali, “la durata dei Medicane è limitata a pochi giorni, a causa della ridotta estensione del Mar Mediterraneo, la loro maggiore forma di energia”.

Inoltre, l’estensione del Medicane sarebbe minore in termini di chilometri.

Fonte foto: Facebook - Getty
Le immagini dell'alluvione a Derna in Libia: si temono 10 mila morti dopo la furia del ciclone Daniel

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