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Slitta la decisione del Gip sul caso di Liliana Resinovich: cosa si sa dell'udienza al Tribunale di Trieste

Possibile svolta nel caso sulla morte di Liliana Resinovich. La Procura chiede l'archiviazione, ma i familiari si battono per avere ulteriori indagini

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Giulia D'Aleo

GIORNALISTA

Scrive su importanti quotidiani nazionali, si occupa di attualità con una particolare attenzione rivolta a temi sociali, diritti, marginalità.

Si torna a parlare di Liliana Resinovich. L’udienza preliminare per il caso della donna di 63 anni, scomparsa da casa il 14 dicembre del 2021 e ritrovata cadavere il 5 gennaio del 2022, è iniziata lunedì 5 giugno al Tribunale di Trieste e si è conclusa intorno alle 12 della mattina. Il Gip, che dovrà scegliere se archiviare il caso o disporre ulteriori indagini, comunicherà la propria decisione nei giorni successivi. Cosa si sa finora.

L’udienza preliminare

Archiviazione o ulteriori indagini. La strada è divisa tra quanto già richiesto dalla Procura, ovvero l’archiviazione del caso, o la prosecuzione delle indagini tanto voluta dai parenti. 

Sia il marito della vittima, Sebastiano Visintin, che il fratello della donna, Sergio Resinovich, e la nipote, Veronica Resinovich, continuano, infatti, a battersi la riapertura del caso.

Il luogo in cui era stato ritrovato il cadavere, in un’area boschiva del parco dell’ex ospedale psichiatrico di San Giovanni di Trieste

In questa seconda ipotesi, dovranno anche essere indicati i tempi entro cui le indagini dovranno svolgersi.

La decisione spetta però al Gip del Tribunale di Trieste, Luigi Dainotti, che ha sentito le parti a porte chiuse nella giornata del 5 giugno, in un’udienza preliminare conclusasi poco dopo le 12.

La riserva sulla decisione dovrebbe essere sciolta per questo fine settimana o l’inizio della prossima, come ha riferito l’avvocato Nicodemo Gentile, che assiste il fratello di Liliana.

Il parere della procura

Secondo quanto precedentemente dichiarato dalla Procura, l’unica ricostruzione possibile sarebbe quella di un “intenzionale allontanamento dalla sua abitazione” e “intenzionale decisione di porre fine alla propria vita”.

La richiesta di archiviazione, presentata dal Procuratore capo Antonio De Nicolo, era arrivata dopo oltre un anno di indagini, condotte, si diceva in un comunicato, “senza risparmio di energie da parte della Squadra Mobile”.

Il Procuratore aveva poi sottolineato che “il dovere istituzionale della Procura è l’accertamento della commissione di reati in danno” di Liliana, “non quello di ricostruirne in dettaglio ogni attimo degli ultimi giorni di vita”, dato che sarebbero state escluse “l’avvenuta segregazione contro la sua volontà” e “la sussistenza di altre condotte lesive” a opera di terzi.

Il rifiuto dei parenti

Per i parenti della donna, però, il suicidio risulta inverosimile. Da ciò arriva il rifiuto all’archiviazione del caso.

In una nota affida all’Ansa, Sergio Resinovich aveva sottolineato di non credere all’ipotesi, in quanto “nulla di quanto le si attribuisce faceva parte dei suoi comportamenti consueti”.

“Da fratello e da semplice cittadino cerco solo di capire cos’è realmente successo e mi auguro che tutti coloro che hanno conosciuto ed amato Lilli, non si accontentino, come me, di una soluzione così debole ed instabile” aveva detto il fratello.

Secondo Resinovich, la spiegazione non è “convincente sotto il profilo dei fatti e della scienza” e risulta “tutto sempre aperto, molto generico”.

Fonte foto: ANSA

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