Vittorio Sgarbi rischia il carcere per il caso del quadro di Manetti, di cos'è colpevole secodo la procura
Vittorio Sgarbi rischierebbe una condanna da 4 a 12 anni di carcere per riciclaggio, auto riciclaggio e contraffazione di opere d'arte in merito alla vicenda del quadro di Rutilio Manetti
Guai in vista per Vittorio Sgarbi. L’ex sottosegretario alla Cultura sarebbe imputato per riciclaggio, auto riciclaggio e contraffazione di opere d’arte e rischierebbe una condanna da 4 a 12 anni di carcere in seguito alla chiusura delle indagini in merito all’intricata vicenda del quadro “La cattura di San Pietro”, del pittore del Seicento Rutilio Manetti. “Ribadisco la trasparenza e la correttezza delle mie condotte”, ha fatto sapere il noto critico d’arte.
- Vittorio Sgarbi e il rischio della condanna al carcere per la vicenda del quadro di Rutilio Manetti
- Il dettaglio della candela
- La confessione del "pittore-falsario"
- Il commento di Vittorio Sgarbi
Vittorio Sgarbi e il rischio della condanna al carcere per la vicenda del quadro di Rutilio Manetti
Secondo la notizia diffusa dal Fatto Quotidiano, la Procura di Macerata – incaricata dell’inchiesta sul caso – non avrebbe dubbi sulla colpevolezza di Sgarbi.
L’indagine giudiziaria era scattata in seguito all’inchiesta giornalistica portata avanti proprio dal quotidiano diretto da Marco Travaglio, in collaborazione con il programma Rai Report.
Tutto era nato dopo il furto del quadro dalle sale di un antico castello di Buriasco, piccolo Comune agricolo a pochi chilometri da Pinerolo (Torino), avvenuto diversi anni fa e denunciato nel 2013.
“Sarei felice se potessi ritrovare il mio quadro. E dire che né io né mio marito conoscevamo il suo valore”, aveva raccontato Margherita Burzio Chiosso, proprietaria del maniero di Pinerolo, riferendosi alla tela scomparsa.
L’opera, del valore stimato di diverse centinaia di migliaia di euro, era riapparsa ed esposta a Lucca durante la mostra “I pittori della luce”, tra il 2021 e il 2022. Sgarbi, che aveva tagliato il nastro dell’esposizione, aveva dichiarato che il quadro era suo e che l’aveva trovato all’interno della villa Maidalchina, una sua residenza nel Viterbese.
Il dettaglio della candela
Interpellato sulla questione, Sgarbi aveva replicato: “Uno ha la candela e l’altro no, sono diversi”. La candela-fantasma (unica differenza tra le due opere, dal momento che non era presente in quella rivendicata dalla proprietaria) era solo l’ultimo enigma della complessa vicenda ricostruita da il Fatto e Report.
Secondo l’inchiesta, anni fa un fedelissimo di Sgarbi si sarebbe proposto di comprare il quadro, ma la signora Burzio Chiosso avrebbe rifiutato ogni offerta. Alcune settimane dopo, dei ladri si sono introdotti nel castello, portando via la preziosa tela e lasciando al suo posto una fotografia dell’opera.
“Una mattina d’inverno mi accorsi che c’erano delle orme sulla neve – aveva raccontato la donna -. Quando entrai nella sala vidi che al posto dell’originale avevano messo una copia dell’opera, stampata su una tela plastificata e fissata malamente con una sparapunti da tappezziere”.
All’epoca il furto venne denunciato ma il fascicolo fu immediatamente archiviato.
La confessione del “pittore-falsario”
Secondo le conclusioni della perizia chiesta dalla Procura, il dipinto (attualmente sotto sequestro) sarebbe “lo stesso provento di furto e oggetto di denuncia il 14 febbraio 2013” .
A carico di Sgarbi peserebbe anche la confessione del “pittore-falsario” Pasquale Frongia, che avrebbe confessato di aver modificato il dipinto su richiesta del critico d’arte.
“La torcia nell’originale non c’era, fu lui a chiedermi di aggiungerla”, avrebbe detto agli inquirenti.
Il commento di Vittorio Sgarbi
“I miei difensori, il Prof. Avv. Alfonso Furgiuele e l’Avv. Giampaolo Cicconi, sono impegnati a ricostruire la realtà dei fatti oggetto delle contestazioni, che ritengo comunque infondate”, ha commentato Sgarbi.
“Ribadisco la trasparenza e la correttezza delle mie condotte – ha aggiunto – Ho quindi piena fiducia nei giudici che dovranno valutare il risultato delle indagini. Respingo infine le parziali e fuorvianti ricostruzioni di certa stampa alla quale non interessa la verità dei fatti ma accreditare come vere le ipotesi dell’accusa”.