Strage di Fidene compiuta da Claudio Campiti alla riunione di condominio: cos'è successo l'11 dicembre 2022
L'11 dicembre 2021 Claudio Campiti, 57 anni, irrompe in una riunione di condominio e uccide quattro persone. Il racconto della strage di Fidene
Claudio Campiti, autore della strage di Fidene, è arrivato nel gazebo di quel bar armato e determinato a seminare la morte. Dopo aver parcheggiato la sua Ford Ka di fronte al locale, Campiti è entrato nel gazebo e ha urlato: “Vi ammazzo tutti”. Poi sono partite le esplosioni che hanno strappato alla vita quattro donne, tutte appartenenti al suo stesso consorzio che quel giorno avevano radunato amministrazione e condomini per fare il punto sul complesso Valle Verde. Una riunione ordinaria finita nel sangue. Claudio Campiti è stato arrestato dopo il gesto eroico di due delle persone presenti, una delle quali è riuscita a neutralizzarlo e disarmarlo, e si trova sotto processo.
La strage di Fidene
Intorno alle ore 10 dell’11 dicembre 2021 a Fidene, quartiere a nord est di Roma, il direttivo del consorzio Valle Verde, che gestiva un complesso edilizio nella zona del lago del Turano usato dai consorziati come seconda abitazione, si era riunito all’interno del bar ‘Il posto giusto’ per un ordinario incontro con i condomini.
I presenti erano disposti in due spazi: il direttivo sedeva a una tavolata rivolta ai condomini, che ascoltavano dalle loro sedie. Improvvisamente una Ford Ka si parcheggiò di fronte al gazebo e un uomo di 57 anni, Claudio Campiti, ne uscì con passo svelto e si diresse verso il luogo dell’incontro.
Una volta entrato nel gazebo, Campiti chiuse la porta dietro di sé e urlò: “Vi ammazzo tutti”. Alcuni pensarono che il 57enne, che tutti conoscevano, stesse solo minacciando, poi arrivarono le esplosioni.
Impugnando una Glock calibro 45 Campiti sparò contro Sabina Sperandio (71 anni), Nicoletta Golisano (50 anni), Elisabetta Silenzi (55) e Fabiana De Angelis (57), la quale morì alcuni giorni dopo per le conseguenze dell’episodio di fuoco.
Tutte e quattro sedevano al tavolo del direttivo ed Elisabetta Silenzi fu la prima a tentare di fermare l’aggressore, che per questo motivo la freddò. Subito dopo Campiti rivolse l’arma verso i condomini presenti ed esplose altri colpi.
Silvio Paganini riuscì a fermare e disarmare Campiti, che nella sua testa avrebbe voluto uccidere tutti. All’interno delle sue tasche, infatti, le forze dell’ordine rinvennero altri proiettili.
Nella sua auto erano presenti tre zaini, uno dei quali conteneva un passaporto, 5700 euro in contanti e un notebook. Negli altri, Campiti aveva raccolto degli indumenti di ricambio. Il tutto fece pensare a una pianificata fuga in auto. Perché tanta ferocia? Perché aveva una pistola?
Il movente, i demoni di Campiti e il blog
La presidente del Consorzio riferì agli inquirenti che Claudio Campiti, originario di Ascrea, non aveva saldato due ingiunzioni arretrate e per questo era stato invitato più volte a colmare la lacuna.
In altre occasioni Campiti si era mostrato iracondo e oppositivo, tutt’altro che collaborativo e adempiente con gli altri consorziati. Prima della strage viveva in un fabbricato incompleto e fatiscente, con lo scheletro delle mura nei piani superiori e solo quattro pareti esterne nel piano terra, da lui abitato. Nessun allaccio fognario né elettrico. All’esterno Campiti aveva appeso uno striscione con la scritta: “Consorzio Raus!” e l’indirizzo web del suo blog, ancora oggi online.
Proprio sul suo blog il 57enne riversava tutta la sua rabbia verso il consorzio e l’amministrazione locale, facendo nomi e cognomi dei consorziati e indicandoli come un’organizzazione criminale.
Gli inquirenti scoprirono che l’equilibrio psichico di Campiti si ruppe quando nel 2012 il figlio 14enne morì in provincia di Bolzano durante una gita in slittino. Per quella tragedia furono condannati un maestro di sci e due responsabili del centro nel 2017, ma per Claudio Campiti non fu mai abbastanza.
Così, mentre dal suo profilo Facebook inneggiava a Benito Mussolini e Adolf Hitler, sul suo blog scriveva: “Benvenuti all’inferno, qui con il codice penale lo Stato ci va al cesso, denunciare è tempo perso, so’ tutti ladri”.
Il poligono di Tor di Quinto
Claudio Campiti era solito esercitarsi al poligono di Tor di Quinto. La mattina della strage, il 57enne andò al poligono e chiese di usare una Glock, ma non si recò nell’area di tiro bensì uscì indisturbato all’esterno portando l’arma con sé.
Va precisato che all’assassino in precedenza fu negato il porto d’armi, ma non il noleggio delle armi all’interno della struttura. Per le modalità con cui Campiti aveva portato la pistola all’esterno, furono indagati il presidente della Sezione Tiro a Segno Nazionale di Roma e un dipendente addetto dell’armeria del poligono di tiro di Tor di Quinto.
Il 6 febbraio 2024 si è aperto il processo per omicidio aggravato dalla premeditazione contro Claudio Campiti.