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Stasi, Bossetti, Sabrina Misseri: cosa fanno i detenuti "vip"

Dalle mascherine alle macchinette da caffè. gli indiscussi protagonisti dei casi di cronaca nera degli ultimi anni provano a rifarsi una vita

Di: VirgilioNotizie | Pubblicato:

La notizia di Cosima Serrano e Sabrina Misseri che dal carcere cuciono mascherine per l’emergenza coronavirus ha fatto nelle ultime ore il giro del web. Sono solo gli ultimi grandi protagonisti di grandi casi di cronaca nera in Italia negli ultimi anni che dal carcere dove si trovano reclusi, provano a rifarsi una vita. La lista è lunga, da Michele Bossetti ad Alberto Stasi passando per Veronica Panarello e tanti altri.

Sabrina Misseri  e la madre Cosima Serrano, condannate entrambe all’ergastolo per l’omicidio della cugina e nipote Sarah Scazzi il 26 agosto 2010 ad Avetrana, come riportato dal settimanale Oggi in uscita la prossima settimana. Nel carcere di Taranto, Sabrina e la madre lavorano nel laboratorio di sartoria del penitenziario. Prima, si occupavano del confezionamento di tovaglie, corredi, vestiti. Ora sono passate alla produzione di mascherine.

E gli altri? Come riportato anche da Ansa, Massimo Bossetti, condannato per l’omicidio di Yara Gambirasio (2010), dal carcere di Bollate, è un tecnico addetto alla riparazione e rigenerazione delle macchine da bar per caffè espresso.

Olindo Romano, condannato all’ergastolo per la strage di Erba (11 dicembre 2006), è ai fornelli nel centro clinico del carcere di Milano-Opera. Rosa Bazzi, moglie di Olindo Romano, anche lei condannata all’ergastolo per la strage di Erba (11 dicembre 2006), è inserviente nella casa di reclusione di Bollate, ma crea anche borse e accessori di cuoio per una cooperativa che sostiene progetti in favore dei bambini in Africa.

Alberto Stasi, responsabile dell’omicidio, a Garlasco (2007), della fidanzata Chiara Poggi, lavora al call center di una nota compagnia telefonica, operativo nel carcere di Milano Bollate. L’ex caporalmaggiore Salvatore Parolisi, condannato per l’omicidio della moglie Melania Rea (2011), ha scelto di frequentare sempre a Bollate uno stage di formazione per essere inserito nello stesso call center nel quale lavora Stasi.

Fonte foto: Ansa

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