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Raccolta firme di Renzi sul reddito di cittadinanza, ma ora non si può indire il referendum: ecco perché

L'ex presidente del Consiglio lancia la raccolta firme per abolire il reddito di cittadinanza, ma non è possibile richiedere un referendum abrogativo

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Mirko Ledda

EDITOR E FACT CHECKER

Scrive sul web da 15 anni, muovendo i primi passi come ghost writer e facendo attività di debunking delle notizie false. Si occupa principalmente di pop economy, con particolare attenzione ai temi legati alla tecnologia e al mondo digitale, all'industria alimentare e alla sanità.

Matteo Renzi dichiara guerra al reddito di cittadinanza, la misura bandiera del Movimento 5 Stelle. Dal prossimo mese, ha annunciato l’ex premier, partirà la raccolta firme per abolirlo. Non è chiaro se i banchetti serviranno per l’istituzione di un referendum abrogativo, considerando che la legislatura sta volgendo al termine, e siamo dunque oltre i termini previsti per usare questo strumento.

Italia Viva annuncia la raccolta firme per l’abolizione del Rdc

A spiegare nel dettaglio perché Italia Viva chiede l’abolizione del reddito di cittadinanza è Ettore Rosato, coordinatore nazionale del partito di Matteo Renzi e vicepresidente della Camera dei Deputati.

Via social ha fatto sapere che si tratta di uno “strumento sbagliato, va riscritto tutto. Siamo al paradosso che spendiamo un sacco di soldi ma ci sono poveri senza aiuto, disoccupati senza proposte di lavoro, aziende senza lavoratori, più lavoro nero”.

Per il capo di Italia Viva “ci vogliono più soldi per la lotta alla povertà, risorse da dare direttamente alle aziende che assumono, più soldi in busta paga a chi lavora”.

Come ha annunciato anche Matteo Renzi, il 15 giugno partirà la raccolta firme per abolire il reddito di cittadinanza, anche se probabilmente si tratterà solo di un modo per sondare l’umore della popolazione, visto che non sarà possibile richiedere un referendum abrogativo.

SONDAGGIO Sei favorevole all’abolizione del reddito di cittadinanza?

Ettore Rosato, coordinatore di Italia Viva.

Come funziona un referendum abrogativo e quante firme servono

Il referendum abrogativo è previsto dall’articolo 75 della Costituzione, che stabilisce che 500 mila cittadini o 5 Consigli regionali possono proporre “l’abrogazione”, cioè l’eliminazione, “totale o parziale di una legge o di un atto avente valore di legge”.

Dopo la raccolta di 500 mila firme, spetta alla Corte Costituzionale pronunciarsi sull’ammissibilità del referendum abrogativo. Che per sua natura non può riguardare leggi tributarie, di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali. Inoltre non è possibile abrogare disposizioni di rango costituzionale, perché gerarchicamente superiori alla legge ordinaria.

Perché possa essere ritenuto valido, al voto deve participare la maggioranza degli aventi diritto al voto. Bisogna cioè raggiungere il quorum di validità. Per l’abrogazione della norma è necessario poi raggiungere la maggioranza dei voti validamente espressi. Hanno diritto a partecipare al referendum tutti i cittadini maggiorenni.

Perché non si può fare un referendum sul reddito di cittadinanza

Matteo Renzi, tuttavia, non può raccogliere a partire dal 15 giugno 2022 le firme per un referendum abrogativo sul reddito di cittadinanza.

La legge n. 375 del 1970 recita che “non può essere depositata richiesta di referendum nell’anno anteriore alla scadenza di una delle due Camere e nei sei mesi successivi alla data di convocazione dei comizi elettorali per l’elezione di una delle Camere medesime”.

Le richieste di referendum devono essere depositate presso la Corte Costituzionale dal 1° gennaio al 30 settembre (in tre mesi compresi in questo periodo deve avvenire la raccolta delle firme). Dopo quest’ultima data l’ufficio competente ne valuta le eventuali irregolarità entro il 15 dicembre, e poi la Corte stessa è chiamata a valutarne l’ammissibilità, con una sentenza da pubblicare entro il 10 febbraio.

Spetta al presidente della Repubblica, dopo una delibera del Consiglio dei Ministri, fissare la data delle consultazioni referendarie: una domenica in un periodo compreso dal 15 aprile al 15 giugno. A marzo 2023 cade il termine naturale della XVIII legislatura, saranno sciolte le Camere per permettere agli italiani di tornare alle urne per le elezioni politiche che ridefiniranno gli equilibri parlamentari.

Ci troviamo dunque nell’anno che precede e la scadenza delle Camere, e considerando anche il divieto per i sei mesi successivi alle elezioni, non sarà possibile depositare la richiesta di un referendum abrogativo fino al 1° gennaio 2024, con il voto previsto tra aprile e giugno 2025.

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