Pordenone, la rabbia della madre del ragazzo investito dalla militare americana: "Gli Usa la proteggeranno"
Lo sfogo della madre di Giovanni Zanier, il 15enne travolto e ucciso dalla soldatessa americana a Pordenone. "Sono indignata e arrabbiata"
La militare americana che ha travolto e ucciso da ubriaca Giovanni Zanier, 15enne di Pordenone, “deve essere processata in Italia” e “scontare fino in fondo l’intera pena”. È la richiesta della madre del giovane morto alle due di notte di domenica 21 agosto, Barbara Scandella.
Lo sfogo della madre
In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, Barbara Scandella spiega di essere “indignata” e di non avere “alcuna fiducia in un processo vero perché la donna che ha ucciso mio figlio è una militare della base Usaf e quindi l’America farà di tutto per proteggerla, nonostante l’evidenza del reato commesso”.
La madre di Giovanni Zanier racconta che, poco prima del tragico incidente, un automobilista “ha incrociato la militare che correva come una pazza zigzagando. Ha lampeggiato più volte inutilmente. Poi nello specchietto retrovisore ha visto l’auto che alla rotatoria è andata dritta prima di carambolare su mio figlio e ucciderlo” racconta.
La testimonianza
Secondo una testimonianza raccolta dal Gazzettino, la militare americana si sarebbe messa al volante “completamente ubriaca”.
È quanto affermerebbe una testimone oculare, che ha rilasciato alla Procura di Pordenone una ricostruzione di quanto accaduto lo scorso 21 agosto, poco prima dell’investimento mortale del quindicenne friulano.
“Siamo uscite assieme dalla medesima discoteca” ha riferito la donna agli investigatori. “Nel parcheggio non riusciva nemmeno ad accendere l’auto. Le è morta due o tre volte prima di riuscire a immettersi in strada”.
Il precedente: il Cermis
Il fatto di essere una militare della base Usaf di Aviano, nota il quotidiano La Repubblica, mette la soldatessa Usa nelle condizioni di evitare il processo in Italia.
E ciò che prevede la Convenzione di Londra del 1951 sulla giurisdizione dei militari Nato in Europa e così è già stato più e più volte, prima e dopo l’arcinoto caso del disastro della funivia del Cermis, in cui morirono 20 persone.
In quell’occasione, il capitano Richard J. Ashby, pilota dell’aereo, e il suo navigatore, Joseph Schweitzer, furono sottoposti a processo negli Stati Uniti, e non in Italia, e assolti dalle accuse di omicidio preterintenzionale e omicidio colposo.