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Morta Licia Rognini vedova di Giuseppe Pinelli, anarchico accusato ingiustamente della strage a piazza Fontana

Morta Licia Rognini, vedova del ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli accusato ingiustamente della strage di piazza Fontana del 12 dicembre 1969

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Simone Vazzana

GIORNALISTA

Giornalista professionista, è caporedattore di Virgilio Notizie. Ha lavorato per importanti testate e tv nazionali. Scrive di attualità, soprattutto di Politica, Esteri, Economia e Cronaca. Si occupa anche di data journalism e fact-checking.

Se ne va un pezzo di Novecento. Licia Rognini, vedova di Giuseppe Pinelli, è morta lunedì 11 novembre a Milano, aveva 96 anni. Il marito, ferroviere anarchico, era stato ingiustamente accusato di essere l’esecutore materiale della strage di piazza Fontana del 12 dicembre 1969. Lo stesso Pinelli era morto nella notte tra il 15 e il 16 dicembre, precipitando dalla finestra della questura in circostanze misteriose: da quasi 60 anni si cerca la verità anche sul suo decesso.

Morta Licia Rognini, moglie di Giuseppe Pinelli

Licia Rognini era nata nel 1928 a Senigallia, in provincia di Ancona, ma si era trasferita a Milano con la famiglia quando aveva 2 anni.

Nel 1952 aveva conosciuto Giuseppe Pinelli a un corso di esperanto: si erano sposati nel 1955.

Licia Rognini e Gemma Capra, rispettivamente vedove di Giuseppe Pinelli e Luigi Calabresi, ricevute al Quirinale dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano

Rognini era madre di due figlie, Silvia e Claudia: nel 2015 è stata nominata commendatore al Merito della Repubblica dall’allora presidente Giorgio Napolitano, che nel 2009 l’aveva invitata al Quirinale insieme a Gemma Capra, vedova del commissario Luigi Calabresi, anche lui assassinato.

Alla notizia della morte di Licia Rognini, Gemma Capra ha dichiarato all’Ansa:

“Ho un ricordo tenerissimo di quell’abbraccio al Quirinale tra me e Licia Pinelli, quando lei mi disse: ‘Peccato non averlo fatto prima’. Eravamo due donne legate dallo stesso dolore e siamo state capaci di cogliere l’importanza di un incontro pacificatore. La ricordo con affetto, lo stesso che ho provato nei nostri successivi incontri, e porgo alle sue figlie Silvia e Claudia le mie più sentite e affettuose condoglianze”.

Giuseppe Pinelli e la strage di piazza Fontana

La figura di Giuseppe Pinelli, marito di Licia Rognini, è legata a doppio filo a piazza Fontana.

Tre giorni dopo la strage, precisamente nella notte tra il 15 e il 16 dicembre, il ferroviere anarchico morì dopo essere precipitato dalla finestra della questura, dove si trovava perché accusato di essere il responsabile dell’attentato.

La vedova ha combattuto una lunga battaglia giudiziaria per arrivare alla verità sulla morte della “18^ vittima innocente” di piazza Fontana, come si legge sulla targa del Comune di Milano posata nel 2019, in occasione del 50° anniversario della strage.

Dopo oltre dieci anni di silenzio, raccontò la sua storia in Una storia quasi soltanto mia, libro scritto con lo storico fondatore di Radio Popolare, Piero Scaramucci.

La strage di piazza Fontana

Il 19 novembre 1969 c’è la prima vittima degli anni di Piombo. Si tratta di Antonio Annarumma, poliziotto di 21 anni, ucciso con una sbarra di ferro mentre era nella sua camionetta, parcheggiata, durante gli scontri di piazza durante una manifestazione indetta dall’Unione Comunisti Italiani (marxisti-leninisti) e dal Movimento Studentesco: Milano entra in un incubo di morte e di sangue. Divenne il simbolo della destra del Movimento sociale italiano, coi militanti che parteciparono in massa ai suoi funerali.

Il 12 dicembre dello stesso anno, alle ore 16:37, una borsa con 7 chili di tritolo esplode nel salone centrale della Banca dell’Agricoltura in piazza Fontana, sempre a Milano: il bilancio è di 17 morti e 88 feriti. Altre bombe squarciano quel pomeriggio,  a Roma (Banca Nazionale del Lavoro e Altare della Patria) e un’altra, inesplosa, sempre a Milano, alla Banca Commerciale Italiana. Polizia e prefetto, pur senza elementi concreti, attribuiscono i fatti agli anarchici: dopo tre giorni ne restano in questura solo due, uno di loro è Giuseppe Pinelli, ferroviere di 41 anni. È la notte tra il 15 e il 16 dicembre: dopo i funerali per i 17 morti di piazza Fontana, a cui partecipano 300 mila milanesi, il corpo di Pinelli precipita dal quarto piano della questura. Si parla di suicidio. La finestra da cui precipita è quella dell’ufficio di Luigi Calabresi, commissario di 32 anni: viene sospettato da molti di averlo spinto, le perizie dimostreranno come non fosse nella stanza al momento della caduta.

Il 16 dicembre viene arrestato un altro anarchico, Pietro Valpreda, indicato dal tassista Cornelio Rolandi come l’uomo che nel pomeriggio del 12 dicembre era sceso dal suo taxi in piazza Fontana, portando con sé una grossa valigia, che avrebbe contenuto l’esplosivo. Rolandi ottenne anche la taglia di 50 milioni di lire disposta per chi avesse fornito informazioni utili. Valpreda fu interrogato. Il Corriere della Sera parlò di “mostro catturato”, il presidente della Repubblica, Giuseppe Saragat, si complimentò con il questore. In realtà Valpreda era innocente. Le indagini successive vedranno prendere corpo l’ipotesi di un sosia, che avrebbe preso il taxi proprio al posto di Valpreda. Viene avanzata l’ipotesi secondo cui sarebbe Antonino Sottosanti, ex legionario siciliano infiltrato nel circolo anarchico di Pinelli in cui era conosciuto come Nino il Fascista: ipotesi mai riscontrata.

Il 17 maggio 1972 viene ucciso Luigi Calabresi, appena uscito dalla sua casa di via Cherubini 6: sono le 9:20 circa, sta per salire sulla sua 500, parcheggiata poco distante dal portone. Lo avvicina una 125 blu: per l’omicidio del commissario sono stati condannati Ovidio Bompressi (autore materiale), Giorgio Pietrostefani e Adriano Sofri (come mandanti): quest’ultimo è stato scarcerato nel 2012 per decorrenza della pena (ridotta da 25 a 15 anni).

Fonte foto: IPA

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