Medici di famiglia in fuga all'estero, in un anno via ben 5 mila giovani. Scotti: "Rischia di saltare il Ssn"
Il Servizio sanitario nazionale rischia di saltare: ci sono sempre meno medici di famiglia, tanti fuggono all'estero. L'intervista a Scotti (Fimmg)
Sempre più medici fuggono dall’Italia. Lo fanno per i carichi di lavoro, per le difficoltà, per le aggressioni, ma anche per le cause intentate nei loro confronti. A lanciare l’allarme è il presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo), Filippo Anelli. Nel 2022 ben 5 mila medici di famiglia giovani hanno scelto di andare all’estero. Una perdita per lo Stato, visto che ognuno di loro è costato all’Italia 150 mila euro. Quali sono i rischi per tutto il Servizio sanitario nazionale secondo Silvestro Scotti, segretario generale della Federazione italiana dei medici di medicina generale (Fimmg).
- Via 5 mila medici di famiglia giovani in un solo anno
- Il problema delle pensioni, ma non solo
- L'intervista a Silvestro Scotti sui medici di famiglia
Via 5 mila medici di famiglia giovani in un solo anno
Nel 2022 5 mila giovani medici hanno scelto di andare all’estero, lasciando l’Italia.
Secondo Antonio Magi, presidente dell’Ordine dei medici di Roma, “ognuno di loro è costato allo Stato italiano 150 mila euro. All’estero ci ringraziano, è certo: è come se avessimo regalato 5 mila Ferrari“.
Il problema delle pensioni, ma non solo
C’è chi va via, c’è anche chi sta per lasciare per limiti anagrafici.
Sono infatti 10 mila i medici che andranno in pensione nei prossimi tre anni.
Quanti si dimetteranno, passeranno a lavorare a gettone, nel privato, o sceglieranno di andare all’estero, non è dato saperlo: “Ipotizziamo un altro 20%? È un terzo del totale attuale” è l’allarme di Silvestro Scotti, segretario generale Fimmg, che sottolinea come non ci sia “un ricambio, visto che le attuali borse a stento coprono la metà del fabbisogno legato alle uscite ordinarie”.
Un grosso problema, quindi, per il Servizio sanitario nazionale e tutti i cittadini italiani.
L’intervista a Silvestro Scotti sui medici di famiglia
Al momento quanti pazienti gestisce in media in Italia un medico di famiglia?
“Un medico di famiglia viene inserito con un rapporto che si dice ‘ottimale’ e che varia da regione a regione, visto che è un numero stabilito appunto dai territori anche in base alla popolazione. Oggi oscilla tra i 1200-1300 pazienti per medico. Il numero però può arrivare a un massimale di 1500, e non sono poche le regioni che sono già arrivate a 1800, in alcuni casi eccezionali anche a 2 mila se si sommano i pazienti considerati fuori massimale. Si dimentica che c’è anche una parte di popolazione, quella temporanea – stranieri residenti nel nostro Paese con permesso di soggiorno regolare – a cui il nostro criterio di universalismo costituzionale offre un medico di famiglia”.
In che condizioni lavora chi fa il medico di base oggi in Italia?
“Non sono supportati da personale amministrativo o da altre figure di professioni sanitarie. Il punto è che servirebbero più infermieri e infermiere. Ma se mancano in ospedale, figuriamoci nella medicina generale. Né è previsto un ampliamento ad altre figure: io per esempio sarei molto favorevole a un potenziamento sul territorio della funzione di OSS, operatrice o operatore sociosanitario, capace di darci una mano. Questo è per esempio un periodo di vaccinazioni: e la popolazione che invecchia lo fa anche nella media età, non solo nell’età avanzata. Significa avere più persone da sottoporre agli screening per la prevenzione. Mettiamo quindi insieme ordinarietà, fasi acute, periodi stagionali dell’influenza, vaccinazioni, screening, burocrazia, piani terapeutici, burocrazia informatica: nel farle questo triste elenco penserei anch’io di cambiare lavoro“.
Che bilancio fate del primo anno di lavoro di questo Governo?
“Con questo Esecutivo stiamo dialogando con una politica dei piccoli passi. Uno dei problemi è l’equilibrio tra quello che si spende per le pensioni e il servizio sanitario. Noi siamo stati gli unici a promuovere l’ipotesi di portare i medici di famiglia a poter rimanere in servizio fino a 72 anni. Ci sono medici che rispondono all’affetto dei loro pazienti e stanno rispondendo positivamente mantenendosi in servizio. In generale mi sembra che siamo in controtendenza: vorrei capire quante sono le categorie che seguirebbero questo esempio, nonostante i sacrifici di cui stiamo parlando. Ma per fare in modo che quella norma abbia effetto ovviamente bisogna migliorare l’attrattività di questo mestiere. Eppure la medicina generale resta indubbiamente la Cenerentola del settore, anche rispetto agli investimenti”.
Si parla di salari dei medici, anche nella manovra del Governo: in generale, in Italia, guadagnano meno dei loro colleghi in Belgio, Danimarca, Irlanda, Ungheria, Regno Unito. Anche per questo i giovani vanno all’estero?
“Innanzitutto bisogna recuperare il valore di questa professione. Notizie come quella delle multe per lo straordinario in tempi di pandemia non danno una bella impressione. Raccontano piuttosto uno Stato che non difende quelli che io chiamo i poliziotti e le poliziotte della salute. È intervenuto il presidente Sergio Mattarella che ha anche, qualche mese fa, consegnato la medaglia d’oro alla sanità pubblica. Ma, mi permetta, basta interventi sulle emergenze. C’è bisogno di una comunicazione continuativa, e che la cittadinanza comprenda il valore di chi si occupa di salute prima di perdere questo diritto. Si è visto poco, a parte un investimento legato ai rinnovi contrattuali che pure arriva in maniera tardiva: io ancora devo firmare il contratto 2019-2021. Significa che in questo momento si offre un servizio, pagando lo studio e il personale, ancora fermo ai tassi di inflazione e al suo rendimento stipendiale del 2019. E siamo nel 2023, quasi 2024: è difficile reggere così. E in termini di bilancio diventa sempre più difficile convincere questi medici a rimanere. Solo che se viene a mancare la prima linea, rischia di saltare sul serio tutto il servizio sanitario”.