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Medici e infermieri in Arabia Saudita e negli Emirati: stipendi fino a 6 mila euro, case e viaggi pagati

Infermieri italiani ricoperti d'oro negli Emirati Arabi: 550 in partenza, lì si possono guadagnare fino a 6 mila euro

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Il calciomercato si è appena concluso e le 18 squadre della Saudi Pro League, principale campionato dell’Arabia Saudita, hanno speso complessivamente 939 milioni di euro per acquistare nuovi calciatori e 1,2 miliardi di euro per pagare loro gli stipendi. Ma lontano dai campi l’El Dorado coinvolge altri lavoratori, come ad esempio i medici. Ma anche gli infermieri italiani sono pronti a fare i bagagli: negli Emirati Arabi si possono guadagnare 6 mila euro. E, oltre allo stipendio, ricevere diversi benefit come la casa e i viaggi pagati verso l’Italia.

Gli infermieri negli Emirati Arabi

Nursing Up, un sindacato che rappresenta gli infermieri, ha rilasciato un comunicato stampa in cui affronta il fenomeno dei lavoratori italiani emigrati negli Emirati Arabi.

Nuove isole felici, dallo stipendio agli alloggi gratuiti.

nursing upFonte foto: ANSA
Flash Mob di Nursing Up davanti alla Prefettura di Torino, aprile 2022

Secondo quanto riferito da Antonio De Palma, presidente Nursing Up, 550 gli infermieri – soprattutto lombardi, veneti ed emiliani – hanno dato la loro disponibilità a partire nelle prossime settimane.

Difficile dire di no al Cleveland Hospital e all’NMC, strutture private all’avanguardia alla ricerca di medici e infermieri specializzati, in particolare con esperienze pregresse per pronto soccorso, chirurgia generale, pediatria e sala operatoria, nonché con anni di esperienza nel settore della chirurgia estetica, micromondo sempre più all’avanguardia in Medioriente.

Ci sono diverse posizioni aperte e l’offerta è notevole:

  • stipendio base a partire da 3.400 euro esentasse, che può arrivare fino a 6 mila euro (contro i 1.400-1.500 euro in Italia);
  • alloggio pagato;
  • benefit extra;
  • due viaggi pagati per l’Italia;
  • supporto per eventuale integrazione sociale di moglie e figli.

I medici in Arabia Saudita

Oltre agli infermieri, anche i medici guardano al Medioriente come una ghiotta opportunità economica.

Claudio Pagano, 55enne endocrinologo dell’Azienda ospedaliera e professore associato di Medicina interna all’Università di Padova, ha raccontato al Corriere della Sera di essere partito per Al Jubayl, nel Golfo Persico, dopo le prime due ondate del Covid.

Un anno e mezzo prima “avevo mandato il curriculum a un portale online di reclutamento medici per i Paesi del Golfo e quando sono stato contattato, da una società di Praga, pensavo fosse un fake. Invece mi hanno chiesto se fossi interessato a sostenere un colloquio con una commissione dell’ospedale privato di Mouwasat, che avrebbe esaminato i candidati a Milano e a Roma. Si tratta di una catena di ospedali arabi basata sul sistema delle assicurazioni e cercava un endocrinologo”.

“In Arabia di solito stipulano contratti triennali, da rinnovare, non esiste il posto a tempo indeterminato. Io ho dato le dimissioni dopo un anno” ha spiegato, per poi parlare anche dello stipendio che è “due volte e mezza quello che percepisco in Italia e le tasse sono molto basse, nemmeno paragonabili alle nostre. Però non pagano i contributi, la tredicesima, la quattordicesima e nemmeno l’assicurazione sanitaria. In più devi sostenere una serie di spese per il visto, per la licenza dopo l’esame di abilitazione e altre piccole voci, che messe insieme non sono poca cosa. Poi puoi contrattare la casa, che io ho ottenuto, insieme al viaggio di andata e ritorno”.

Uno dei lati negativi, oltre al contesto socio-culturale profondamente lontano da quello occidentale, è proprio l’assicurazione: “Per l’ospedale privato la mission è curare, ma anche il profitto: ho vissuto momenti di difficoltà etica. A Padova curo tutti allo stesso modo, lì è l’assicurazione che detta le regole e stabilisce a chi passare quali terapie”.

infermieri-emirati-arabi Fonte foto: IPA
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