Luigi Chiatti, storia del "Mostro di Foligno" che sconvolse l'Italia: i bambini uccisi e l'ergastolo evitato
Luigi Chiatti è diventato un serial killer a 24 anni e, in pochi mesi, ha sconvolto l'Italia uccidendo dei bambini: è noto come il "Mostro di Foligno"
La vicenda di Luigi Chiatti sembra impersonare lo stereotipo criminologico del serial killer. Infatti, analizzando la sua storia individuale, si colgono gli elementi dell’abbandono materno, del distacco, dell’orfanotrofio e infine dell’adozione. Molti studi, a livello internazionale, dimostrano incontrovertibilmente che un gran numero di assassini seriali presenta un excursus esistenziale di questo tipo. Anche se, è bene sottolinearlo, non tutti i soggetti con un’infanzia difficile commettono crimini, tanto meno così gravi.
- Chi è Luigi Chiatti
- Il serial killer: l’uccisione di Simone Allegretti
- Il game playing del serial killer
- L’uccisione di Lorenzo Paolucci
- La vicenda giudiziaria
- Il profilo criminologico-psichiatrico di Luigi Chiatti
Chi è Luigi Chiatti
Luigi Chiatti, in realtà, nasce Antonio Rossi a Narni (provincia di Terni) il 27 febbraio 1968.
La donna che lo dà alla luce è una ragazza-madre di nome Marisa, che gli trasmette il suo cognome. Tuttavia, la giovane non è assolutamente in condizioni di crescere il bambino e lo consegna a un orfanotrofio di Narni.
Il bambino, quindi, cresce senza le figure fondamentali di riferimento di tipo genitoriale. Almeno fino a 6 anni dopo, nel 1975, quando una coppia di Foligno decide di adottarlo.
Gli viene cambiato non solo il nome, che da Antonio diventa Luigi, ma anche il cognome: da ora è un Chiatti.
Il serial killer: l’uccisione di Simone Allegretti
Apparentemente Luigi Chiatti cresce come tanti altri bambini. In realtà, sarà lui stesso a riferire di aver provato precocemente una forte attrazione sessuale, anche a contenuto violento, verso i bambini.
Questa caratteristica è tipica della peggiore forma di pedofilia, definita ‘pedofilia maligna‘, con il soggetto che ne è affetto che avverte precocemente l’istinto sessuale verso i più piccoli, connotato da una compulsione irresistibile, spesso con la presenza di elementi violenti di tipo sadico.
Tuttavia, gli anni dell’adolescenza trascorrono nella pseudonormalità.
Fino al 4 ottobre 1992 quando il 24enne Chiatti, approfittando della momentanea assenza dei genitori adottivi, avvicina in una strada di campagna un bambino del luogo, Simone Allegretti, di appena 4 anni.
Luigi lo convince a seguirlo a casa sua. Una volta lì, lo persuade a farsi fare il bagno. Poi, inizia a manipolarlo a scopo di gratificazione sessuale.
Il piccolo malcapitato capisce che quello che per la sua mente immatura all’inizio è un ‘gioco‘, sta diventando fortemente sgradevole e inizia ad urlare, dimenandosi in acqua.
Chiatti perde il controllo e lo uccide, strangolandolo.
Dopo l’omicidio, mette il corpicino in un telo di plastica e lo trasporta con la sua auto in un luogo solitario, dove lo accoltella per essere sicuro che il piccolo sia effettivamente morto.
Poi lo lascia andare giù per una scarpata: il cadavere, martoriato, viene trovato dopo due lunghi giorni.
Il game playing del serial killer
Alcuni serial killer, fra le componenti aberranti, ne presentano una che tecnicamente si definisce in criminologia ‘game playing’.
In sostanza, nella loro mente malata e perversa, si innesca una sorta di ‘gioco’ (in realtà una sfida) nei confronti degli inquirenti.
Questo comportamento è costituito da biglietti, messaggi di sfida, telefonate e altre attività indirizzate direttamente, o indirettamente attraverso i mass media, alle Forze dell’Ordine.
L’obiettivo è duplice: continuare a provare piacere per il delitto commesso e dimostrare la propria superiorità nei confronti della polizia.
Si comporta così anche Luigi Chiatti, che lascia dei messaggi e scrive dei biglietti di sfida.
Sembra (altro comportamento frequente negli assassini seriali) che si sia mimetizzato in un gruppo di volontari impegnati alla ricerca del piccolo scomparso.
L’uccisione di Lorenzo Paolucci
Nel frattempo, è trascorso circa un anno e gli inquirenti non sono riusciti ad individuare il colpevole dell’omicidio di Simone Allegretti.
E, il 7 agosto 1993, Luigi Chiatti torna a colpire, ripetendo il modus operandi.
Esce a caccia di prede e, anche questa volta, incontra un ragazzo in una zona isolata: è più grande di Simone, e l’assassino lo conosce. Si chiama Lorenzo Paolucci, ha 13 anni.
Chiatti ha calcolato tutto: l’assenza dei genitori adottivi significa che ha casa libera. Così, invita Paolucci: i due giocano a carte, ma lo ‘sfidante’ vince quasi sempre. E l’assassino, ferito nel suo profondo narcisismo, prende una forchetta e trafigge l’ospite.
La furia e la foga dell’aggressore fanno sì che l’azione sia scomposta, Paolucci riesce a reagire e a urlare nel mezzo di una lite furibonda: ma la forza di Chiatti ha il sopravvento e il 13enne viene finito con uno strangolamento e con una coltellata al collo.
Dopodiché, anche in questo caso, il serial killer ripone il cadavere in un sacco di plastica e lo abbandona in una discarica.
Nel frattempo, il trambusto ha richiamato l’attenzione della gente, che arriva sulla scena del crimine, guidata dal padre del ragazzo scomparso.
Per Luigi Chiatti non c’è scampo: viene arrestato e confessa entrambi i delitti.
Lo fa, come ogni omicida seriale, con distacco e freddezza, alternando anche momenti di piacere.
La vicenda giudiziaria
Il processo, a quello che ormai i media hanno definito ‘il mostro di Foligno’, si apre il 1° dicembre 1994.
Tutti sono convinti, dai giornalisti agli addetti ai lavori, che non sarà un lungo: infatti, bastano solo 27 giorni alla Corte di Assise di Perugia per riconoscere la colpevolezza di Chiatti e condannarlo a due ergastoli per i delitti commessi.
Sentenza che muta in appello: gli viene riconosciuta la seminfermità mentale e la pena dell’ergastolo viene commutata in 30 anni di reclusione l’11 aprile 1996.
La Cassazione, il 4 marzo 1997, rende la condanna definitiva.
Luigi Chiatti ha finito di scontare la sua pena il 3 settembre 2015 in carcere: i giudici l’hanno fatto trasferire per tre anni in una Rems (Residenza Medico Sanitaria, struttura che proprio nel 2015 ha sostituito i vecchi ospedali psichiatrici giudiziari) della Sardegna.
Chiatti è ancora lì, visto che il trasferimento nella Rems è stato prorogato per due volte (2018-2021 e 2021-2024), ed è dunque ancora in vigore.
In effetti, da alcuni scritti e disegni del serial killer – realizzati nell’immediatezza della scarcerazione – si evinceva la persistenza di tendenze perverse e pedofiliche ancora in atto, con la presenza di connotati di violenza anche estrema.
Il profilo criminologico-psichiatrico di Luigi Chiatti
Dalle numerose perizie, è emerso che Luigi Chiatti presenta una struttura personologica profondamente immatura, con parvenza di timidezza e rituali di ossessività.
In realtà, si tratta di un soggetto fortemente violento che, normalmente, riesce a reprimere gli impulsi insani. Tranne ovviamente i momenti di azione, un po’ come quasi tutti i serial killer.
Non ha mai superato il trauma dell’abbandono e ha sempre avuto un rapporto freddo e anaffettivo (per colpa della sua personalità) con la famiglia di adozione.
È rimasto bloccato nel suo sviluppo psico-sessuale all’età tardo-infantile e per questo motivo si relaziona sessualmente in maniera esclusiva con i bambini.
Questa tipologia è conosciuta in pedofilia come tipologia di pedofilo fissato (nel senso di ‘bloccato’ nello sviluppo).
È estremamente sensibile ai rifiuti e ai dinieghi: gli fanno scattare reazioni violente di tipo parossistico.
È ossessionato dai bambini, che ritiene lo rifiutino ingiustamente, sentendosi un loro pari: verso di loro nutre sentimenti ambivalenti di odio-amore.
Ha sempre affermato di nutrire affetto verso i bambini e che è stata sempre loro la colpa dei rifiuti.
Anche questa è una classica distorsione cognitiva dei pedofili come Chiatti: ha sempre cercato di ‘giustificare’ i due omicidi come accidentali, prodotti da una sua reazione violenta e sproporzionata ai rifiuti di instaurare un rapporto amicale.
Nel momento in cui si rende conto che la situazione sta per sfuggirgli di mano, scatta l’impulso omicidiario.
Quasi sicuramente in lui è presente anche la famigerata componente ‘totemica’ dei serial killer, a causa della quale asporta oggetti o indumenti delle vittime.
In questo caso asporta dalla tomba del primo bambino ucciso la foto, per conservarla: l’obiettivo, perverso e subconscio, è rivivere a distanza il piacere della sua azione.