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Lampedusa, un anno fa il caso Sea Watch: parla Carola Rackete

La capitana venne arrestata dopo aver guidato la nave ong in porto senza autorizzazione

Di: VirgilioNotizie | Pubblicato:

Un anno fa, il 29 giugno 2019, la Sea-Watch 3, con a bordo 53 migranti salvati in mare più di due settimane prima, entrò senza autorizzazione nel porto di Lampedusa, violando il divieto di ingresso imposto dall’allora ministro degli Interni Matteo Salvini. La capitana della nave, Carola Rackete, venne arrestata. Un fermo non giustificato, secondo quanto stabilito a gennaio dalla Cassazione.

L’attivista tedesca è tornata a parlare di quell’episodio, dichiarando all’agenzia di stampa Dpa che quanto fatto fosse un dovere per la ong “come parte della flotta di soccorso civile perché l’Unione europea aveva ritirato tutte le sue navi, pur sapendo che i rifugiati in fuga dalla guerra in corso in Libia stanno tentando l’attraversamento”.

Rackete ha affermato che tutte le persone che continuano a morire nel Mediterraneo “non sono vittime di un incidente imprevisto o di un disastro naturale. Annegano perché l’Ue vuole che anneghino, spaventando coloro che potrebbero tentare di attraversare. Annegano perché l’Europa nega loro l’accesso a rotte sicure e non lascia altro che rischiare la vita in mare”.

“Nonostante la Corte Suprema italiana abbia convalidato la mia decisione di entrare nel porto e portare le persone in sicurezza in conformità con il diritto marittimo, la criminalizzazione del salvataggio in mare continua; nel mio caso e nelle indagini su altri che agiscono in solidarietà con le persone in movimento”, prosegue l’attivista.

Rackete ha spiegato che “nonostante sia al potere la nuova coalizione del governo italiano, nulla di fondamentale è cambiato all’interno dell’Ue e alle frontiere esterne dell’Ue”. Anzi la situazione sarebbe peggiorata perché alcuni Paesi europei come Malta, ma anche la Germania, “stanno usando la pandemia di coronavirus come scusa per abbandonare i diritti umani e per smettere di rispettare la legge del mare”.

“Nel fine settimana di Pasqua – ricorda -, nonostante la loro posizione fosse nota alle autorità dell’Ue, i naufraghi sono stati lasciati alla deriva per giorni nella zona di salvataggio maltese, prima di essere intercettati da una nave della ‘flotta fantasma’ privata che il governo maltese aveva assunto per riportare illegalmente i 51 sopravvissuti e 5 corpi in Libia. Altri sette erano già annegati. Da allora si sa poco di ulteriori casi simili, perché gli occhi civili in mare sono indesiderati”.

Rackete ha spiegato anche il motivo per non voler rilasciare interviste: “Questa storia non dovrebbe riguardare affatto me. Questo è il motivo per cui non voglio essere io a parlare. L’inquadramento persistente di me e di altri volontari di salvataggio nel Mediterraneo come eroi è una narrazione profondamente problematica”, perché “rimuove i riflettori dalle persone che abbiamo salvato”.

Fonte foto: Ansa

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