Sea Watch, perché la Cassazione dà ragione a Carola Rackete
Nelle motivazioni sul no all'arresto la Cassazione ha giustificato la capitana per il "rischio di pericolo per i migranti a bordo della sua nave"
Carola Rackete aveva ragione. Ad ammetterlo è stata la Cassazione che, nelle motivazioni depositate oggi alla conferma del “no” all’arresto della comandante della Sea Watch 3, ha sollevato la capitana tedesca dall’accusa di aver forzato il blocco navale della motovedetta della Guardia di Finanza che le aveva impedito l’accesso al porto di Lampedusa.
Nelle motivazioni della Cassazione, rese note da Ansa, si legge che Rackete ha messo correttamente in atto le disposizioni sul salvataggio in mare, perché “l’obbligo di prestare soccorso non si esaurisce nell’atto di sottrarre i naufraghi al pericolo di perdersi in mare, ma comporta l’obbligo accessorio e conseguente di sbarcarli in un luogo sicuro”.
È stata successivamente esclusa la natura di nave da guerra della motovedetta speronata perché al comando non c’era un ufficiale della Marina militare, come prescrivono le norme, ma un maresciallo delle Fiamme Gialle.
Per la Cassazione Rackete ha agito dunque in maniera “giustificata” dal rischio di pericolo per le vite dei migranti a bordo della sua nave.
“Non può essere qualificato ‘luogo sicuro, per evidente mancanza di tale presupposto, una nave in mare che, oltre ad essere in balia degli eventi meteorologici avversi, non consente il rispetto dei diritti fondamentali delle persone soccorse”, come quello di fare “domanda per la protezione internazionale”, spiega la Cassazione. Gli ermellini ricordano che “la nozione di ‘luogo sicuro ‘ non può essere limitata alla sola protezione fisica delle persone ma comprende necessariamente il rispetto dei loro diritti fondamentali“.
Sulle motivazioni della Cassazione, ha detto la sua anche il leader della Lega Matteo Salvini.