L'Ucraina rischia davvero di non ricevere più armi? Malumori della Slovacchia e dell'Ue: intervista a Pastori
La vittoria del filorusso Robert Fico in Slovacchia, e i costi degli aiuti, minano l’unità Ue sulla guerra tra Ucraina e Russia: intervista a Pastori
Dopo Israele, cosa succederà all’Ucraina? Le attenzioni del Consiglio europeo del 26-27 ottobre si sono focalizzate sulla crisi mediorientale, ma l’Europa è chiamata a fare i conti anche con una crescente stanchezza per il prolungarsi della guerra in Ucraina, a un anno e mezzo dall’invasione della Russia. A preoccupare sono anche alcuni segnali come la vittoria in Slovacchia di Robert Fico. Il nuovo premier, infatti, è considerato filorusso, tanto che tra le prime azioni intraprese c’è stato l’annuncio dello stop agli aiuti a Kiev. L’intervista a Gianluca Pastori, docente di Storia delle Relazioni tra Europa e Nord America all’Università Cattolica di Milano, ai microfoni di Virgilio Notizie.
- Cosa è successo in Slovacchia e chi è Robert Fico
- Le parole di Charles Michel
- L'intervista a Gianluca Pastori
Cosa è successo in Slovacchia e chi è Robert Fico
Il nuovo premier della Slovacchia, il filorusso Robert Fico, ha annunciato che il Governo non invierà più armi all’Ucraina.
Fico è alla sua quarta presidenza (2006, 2012, 2018): ha vinto le elezioni nonostante i tanti scandali di corruzione che hanno coinvolto il suo partito, lo Smer, tra l’altro espulso dal Pse dopo l’alleanza con l’Sns, partito di destra.
Le parole di Charles Michel
Il tutto nonostante il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, alla vigilia del summit dei 27 abbia ribadito l’importanza di “intensificare la nostra azione diplomatica al fine di garantire il sostegno internazionale più ampio possibile a una pace globale, giusta e duratura”, con riferimento anche all’Ucraina.
Eppure questo conflitto è passato in secondo piano.
L’intervista a Gianluca Pastori
L’intervista a Gianluca Pastori, docente di Storia delle Relazioni tra Europa e Nord America all’Università Cattolica di Milano.
La guerra in Ucraina è davvero stata “declassata”?
“A mio avviso si tratta di un effetto della mediatizzazione del conflitto in Medio Oriente. Le immagini che sono arrivate da Israele sono sicuramente molto più ‘coinvolgenti’, rispetto a quelle che giungono dall’Ucraina, alle quali ci si è forse abituati, dopo oltre un anno e mezzo. Quanto accade in Israele, invece, rappresenta una novità, che allo stesso tempo però richiama una situazione vecchia che non vuole risolversi. Il conflitto israelo-palestinese è un grande classico della politica internazionale, per così dire, che però ora ha avuto un nuovo rilancio”.
Intanto la Slovacchia ha annunciato che non invierà più aiuti militari all’Ucraina. È una spaccatura in seno all’Ue? Qualcosa scricchiola, forse anche per il perdurare del conflitto?
“Più che una nuova spaccatura è un riaffiorare di una freddezza piuttosto datata. I sondaggi sembravano indicare fin dalla scorsa primavera uno sfilacciamento del fronte pro Ucraina. Sta accadendo in Europa, ma anche negli Stati Uniti, dove sempre più sondaggi rilevano questa sorta di stanchezza per la guerra. La sensazione diffusa è che per Kiev si sia fatto tanto, non troppo, ma probabilmente più del necessario e che in questo momento sia il caso di rallentare. Mi sembra che si tratti di un sentimento che stia diventando dominante”.
Il timore è che si sia trasformata in una “balcanizzazione” del confitto, che scoraggia molti dal proseguire nel sostegno a Kiev?
“Esatto, la guerra lunga non piace a nessuno, ma è quella che si profila sul campo dove sembra non si notino grossi risultati, complice forse il fatto che la controffensiva ucraina annunciata per inizio estate è stata accompagnata da forti aspettative: si è detto che avrebbe risolto la guerra in poche settimane o mesi, ma pare che si prolunghi la situazione di stallo”.
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky chiede proprio nuovi aiuti: arriveranno o iniziano a pesare sui bilanci europei?
“Gli aiuti, purtroppo, stanno pesando sui bilanci europei e sulle disponibilità del Vecchio Continente. In ambito Nato, una delle grosse preoccupazioni è il fatto che il sostegno all’Ucraina possa sguarnire le necessità di sicurezza dei Paesi membri, quindi gli elementi da tenere in considerazione al momento sono molti. Ad esempio, la promessa di aumentare i bilanci della Difesa raggiungendo il famoso 2% del Pil, che è stata richiamata ancora la scorsa estate al vertice dell’Alleanza atlantica di Vilnius, sembra non sia rispettata da diversi Paesi. Sono molti i casi di prospettive di bilancio interno per la Difesa che non solo non ottemperano la richiesta, ma che registrano persino degli arretramenti, quindi diminuzioni rispetto allo scorso anno. La guerra pesa, insomma, e in questo momento sono in pochi a volersi accollare i costi di un conflitto che non è percepito come importante per l’Europa”.
In Slovacchia il nuovo premier Robert Fico è di un partito considerato filorusso: cosa può rappresentare questa novità in ambito europeo e nei rapporti con la Russia?
“Certamente tutto ciò non dispiace al Cremlino. Ma quello su cui occorre puntare l’attenzione sono al bilanciamento interno all’Unione europea. Il voto in Slovacchia tira in una direzione, quello in Polonia nella direzione opposta. Alla fine gli equilibri interni europei non cambiano di molto. Per la Russia, quindi, rimane difficile narrare e sostenere che l’Europa sta cambiando posizione rispetto alla guerra in Ucraina”.