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CRONACA ESTERA

Il numero dei morti della setta del digiuno in Kenya sale a 257: cadaveri trovati nelle fosse comuni

La setta del digiuno in Kenya fa discutere l'opinione pubblica con 257 seguaci morti e numerose persone ancora disperse. I dettagli della vicenda

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Gabriele Silvestri

GIORNALISTA

Giornalista pubblicista, esperto di media, scrive di cronaca, politica e attualità. Laureato in comunicazione alla Sapienza, si è affermato come autore e conduttore di TG e programmi giornalistici. Collabora con diverse redazioni online, emittenti televisive e radiofoniche.

Prosegue la strage di morti in Kenya legate alla setta che costringe le persone a rituali estremi di sopravvivenza in astinenza prolungata dal cibo, con conseguenze inevitabili drammatiche. La “setta del digiuno“, come è stata ribattezzata, da diverso tempo sta mettendo in serio pericolo i propri seguaci, con centinaia di persone che hanno perso la vita. In una recente operazione di salvataggio, quasi cento seguaci sono stati recuperati, ma resta sicuramente superiore il numero dei cadaveri ritrovati in fosse comuni.

257 corpi in fosse comuni

Sono 7 gli ultimi corpi rinvenuti in Kenya, nelle foreste di Shakaola, durante le operazioni di recupero di mercoledì 7 giugno. Diventano così in totale 257 i cadaveri trovati in fosse comuni, persone morte per aver seguito i dettami del predicatore Paul Mackenzie.

Alla base del digiuno, una sorta di prova di penitenza con la convinzione che la privazione dal cibo li potesse portare a “vedere Gesù in paradiso”, come dichiarato dal falso pastore.

Gli arresti e le persone salvate

Il commissario regionale della costa keniota, Rhoda Onyancha, ha rivelato al quotidiano The Standard che si stima che 613 persone siano scomparse a causa di questa setta. L’evento, definito come il “massacro di Shakaola”, vede ancora diverse persone disperse fra i seguaci di Mackenzie.

Durante le operazioni di ricerca dei corpi nell’entroterra della città turistica di Malindi, sono state salvate 95 persone, alcune delle quali sono state trasportate in ospedale in uno stato avanzato di denutrizione.

Mentre il pastore Mackenzie è stato arrestato lo scorso 14 aprile, durante le ultime operazioni la polizia ha effettuato altri 45 arresti.

Il processo al pastore

Il predicatore Mackenzie, attualmente detenuto a Malindi, ha iniziato uno sciopero della fame in risposta alle dichiarazioni del ministro degli Interni Kithure Kindiki, il quale ha richiesto che fosse condannato per genocidio.

Mackenzie ordinava ai suoi seguaci di vivere senza cibo né acqua “per sfuggire a una morte dolorosa imminente nel mondo e a una dannazione apocalittica”.

Nonostante sia stata concessa una cauzione di 10mila scellini al pastore dal giudice Olga Onalo dell’Alta Corte di Malindi, la corte deve ancora prendere una decisione sul suo caso.

L’ente patologico governativo dovrà infatti necessariamente analizzare i corpi ritrovati in fosse comuni, per certificare la morte per denutrizione. Nel frattempo, Paul Mackenzie Nthenge ha dichiarato di aver definitivamente chiuso la sua chiesa e di non essere più coinvolto nell’evangelizzazione.

 

Fonte foto: ANSA

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