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CRONACA NERA

Il massacro del Circeo di Donatella Colasanti e Rosaria Lopez: che fine hanno fatto Izzo, Guido e Ghira

Il 29 settembre 1975 Rosaria Lopez e Donatella Colasanti furono torturate e violentate per 36 ore da tre ragazzi. La storia del massacro del Circeo

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Luca Mastinu

GIORNALISTA

Giornalista pubblicista, scrive di cronaca nera e attualità. Muove i primi passi nel fact checking per poi appassionarsi al mondo dell'informazione. Collabora con altre testate e siti web, esperto di musica.

Quella del massacro del Circeo è una storia di sangue, violenza, politica e numeri. I primi tre elementi sono ben noti, l’ultimo viene spesso ignorato: 36 come le ore di torture inflitte contro le giovanissime Donatella ColasantiRosaria Lopez; 1000 come le pagine dell’istruttoria; 3 come gli aguzzini, quei Gianni GuidoAngelo IzzoAndrea Ghira che agirono come un cerbero incattivito dal vizio, un grande mostro a tre teste che non si pone alcun limite quando lo divorano la fame e l’odio. Una storia tragica, scelta anche dalla Rai per una miniserie tv.

Il massacro del Circeo, 36 ore di torture

Alle ore 16 del 29 settembre 1975 Donatella Colasanti, 17 anni, e l’amica Rosaria Lopez, 19, si trovavano a Roma in via Accademia degli Agiati di fronte al cinema Ambassade.

Le due ragazze stavano aspettando Gian Pietro Parboni Arquati, Angelo Izzo e Gianni Guido, tutti ragazzi benestanti e residenti ai Parioli. Parboni Arquati, in realtà, qualche giorno prima si era presentato come ‘Carlo’.

Villa Moresca, la villa di proprietà dei Ghira a San Felice Circeo che fu il teatro del massacro. Durante le torture morì Rosaria Lopez

All’appuntamento arrivarono soltanto Angelo Izzo e Gianni Guido a bordo della Fiat 127 bianca del padre di quest’ultimo. I due spiegarono alle ragazze che “Carlo” li aspettava in una casa sul mare a Lavinio e proposero di raggiungerlo per qualche ora.

Donatella Colasanti e Rosaria Lopez accettarono e salirono in auto. Guido non svoltò per Lavinio, bensì continuò verso San Felice Circeo (Latina) dove imboccò la strada secondaria di via Vasca Moresca fino a fermarsi di fronte alla presunta villa di “Carlo”.

Alle giovani ragazze, Guido e Izzo dissero che “Carlo” stava facendo un bagno al mare, per cui le invitarono ad entrare. Esauriti i primi convenevoli, Gianni Guido estrasse la pistola e minacciò Donatella Colasanti e Rosaria Lopez. Angelo Izzo disse loro che entrambi appartenevano alla banda dei Marsigliesi e che presto li avrebbe raggiunti Jacques, il capo nonché l’elemento più feroce della banda.

I due pariolini chiesero alle ragazze prestazioni sessuali, ma le due giovani rifiutarono. Da quel momento iniziò una lunga escalation di torture, ripetuti episodi di stupro e molestie psicologiche. Donatella e Rosaria furono rinchiuse in un bagno e a turno prelevate per subire abusi, umiliazioni e sevizie da parte dei due ragazzi della Roma bene.

Ore dopo arrivò ‘Jacques’, che altri non era che Andrea Ghira. Quest’ultimo inizialmente si presentò come il più indulgente, e a Donatella Colasanti arrivò a dire: “Non preoccuparti, se non vuoi venire a letto con me non ti obbligo”. In un’occasione redarguì i suoi compagni per l’eccessiva violenza usata nei confronti delle vittime.

Poi entrò in azione e prese con sé Rosaria Lopez per portarla al piano di sopra. La giovane fu violentata più volte da tutti e tre i pariolini, a turno, fino a quando Donatella non sentì i gemiti di una persona che soffoca sott’acqua. Quella fu l’ultima volta in cui la Colasanti sentì la voce dell’amica.

Alla Colasanti somministrarono un sonnifero per tre volte, ma non riuscirono ad addormentarla. Per farla morire presero a trascinarla per tutta la casa con una cinghia al collo, poi la colpirono più volte sul volto con una spranga e con una pioggia di calci.

Donatella si finse morta, e i tre ragazzi smisero di colpirla. Alle 21 del 30 settembre Andrea Ghira ripartì per Roma, mentre Angelo Izzo e Gianni Guido caricarono le due ragazze sulla 127 e, anch’essi, si misero sulla strada del ritorno. Donatella era ancora viva.

“Cigno, cigno, c’è un gatto che miagola”

Guido parcheggiò l’auto in via Pola, proprio sotto la sua abitazione, e si separò da Izzo con la promessa di rivedersi poco dopo.

Nel frattempo Donatella Colasanti, sicura che i due aguzzini fossero ormai lontani, iniziò a chiedere aiuto. Con le mani batté sulla parte interna del baule e con tutto il fiato che le restava cercò di attirare l’attenzione.

In quel momento un metronotte si accorse di quella 127 che si agitava ed emetteva suoni, quindi diede l’allarme: “Cigno, cigno, c’è un gatto che miagola dentro una 127 in viale Pola”. Il fotoreporter Antonio Monteforte, che passava di là, ascoltò l’allarme e si precipitò in quel luogo.

Donatella Colasanti all’ospedale dopo il massacro del Circeo. Insieme all’amica Rosaria Lopez aveva subito 36 ore di torture e abusi sessuali

Quando aprirono il baule di quella 127 trovarono Donatella Colasanti viva e in stato confusionale, con il volto tumefatto e completamente nuda e ricoperta di sangue.

Accanto a lei giaceva il corpo senza vita di Rosaria Lopez.

L’arresto di Angelo Izzo, Gianni Guido e la lettera di Andrea Ghira

Angelo Izzo e Gianni Guido furono arrestati poco dopo la macabra scoperta, mentre di Andrea Ghira si persero subito le tracce.

Andrea Ghira non fu mai catturato, e le indagini lo collocarono in Spagna sotto il falso nome di Massimo Testa De Andres, con il quale si arruolò nella legione straniera.

Prima di sparire, tuttavia, Andrea Ghira scrisse una lettera a Gianni Guido e Angelo Izzo. La missiva riportava: “Non mi avranno mai. Vi assicuro che quella bast***a la faccio fuori, per voi non c’è pericolo, a fine anno ’76 uscirete per libertà provvisoria“.

Ancora: “Anche se sanno tutto, quei bast***i faranno una brutta fine anche loro. Comunque non vi preoccupate per la mia latitanza ho circa 13 milioni di lire, forse andrò via da Roma”.

“Infine: “Per quanto riguarda la stro**etta, farà la fine della Lopez. State calmi, a presto”.

Il processo

Il 26 luglio 1976 Angelo Izzo e Gianni Guido furono condannati all’ergastolo con sentenza di primo grado, e la stessa condanna fu inflitta in contumacia ad Andrea Ghira.

Durante l’appello del 28 ottobre 1980 la pena per Gianni Guido fu ridotta a 30 anni di reclusione per via del pentimento e dell’accettazione dei famigliari di Rosaria Lopez di un risarcimento.

Gianni Guido riuscì a fuggire in più occasioni, come nel 1981 quando scomparve a Buenos Aires e nel 1983 in Libano, fino al 1994 quando fu definitivamente catturato a Panama.

Angelo Izzo, anch’egli, scappò più volte. Nel 2004 il Tribunale di Sorveglianza di Palermo gli concesse la semilibertà. Fu a seguito di questa concessione che Angelo Izzo, alle porte di Campobasso, uccise Maria Carmela Linciano (49 anni) e la figlia Valentina Maiorano (14 anni), moglie e figlia del pentito della Sacra Corona Unita Giovanni Maiorano che Izzo aveva conosciuto in carcere.

Che fine hanno fatto Gianni Guido, Angelo Izzo e Andrea Ghira

Angelo Izzo sta scontando il suo doppio ergastolo al carcere di Velletri e recentemente si è raccontato alla giornalista Ilaria Amenta nel libro ‘Io sono l’Uomo Nero’.

Gianni Guido è uscito definitivamente dal carcere il 25 agosto 2009 e oggi, scrive ‘Il Fatto Quotidiano’, traduce opere religiose e amministra il patrimonio di famiglia.

Le notizie sulla sorte di Andrea Ghira sono tutt’oggi fumose: secondo le indagini, il ‘Jacques’ fuggito in Spagna sotto il falso nome di Massimo Testa De Andres sarebbe morto di overdose a Melilla nel 1994.

Le sue spoglie sono state oggetto di indagine per due volte, e in entrambi i casi il test del Dna ha confermato che le spoglie dell’ex legionario appartengono ad Andrea Ghira.

Per Donatella Colasanti e la famiglia di Rosaria Lopez, invece, quelli non sarebbero i resti di Ghira bensì di un suo parente, circostanza che spiegherebbe l’esito del test del Dna.

In ogni caso, nel 1995 i carabinieri hanno diffuso un fotogramma che mostrerebbe un uomo molto somigliante ad Andrea Ghira in una strada periferica di Roma, ma questo dato non ha mai trovato conferma.

Donatella Colasanti, infine, è morta a soli 47 anni il 30 dicembre 2005 per un tumore al seno. Oggi la sua casa ospita un centro antiviolenza.

Fonte foto: ANSA

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