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Il Comune di Bologna risponde a Matteo Salvini su Città 30, l'intervista alla consigliera Simona Larghetti

La consigliera comunale di Bologna, Simona Larghetti, risponde a Matteo Salvini e al Ministero dei Trasporti dopo le polemiche su Città 30

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Angela Gennaro

GIORNALISTA

Giornalista, podcaster e videomaker, lavora per realtà editoriali nazionali. Fa parte di Lost in Europe dal 2019, su Virgilio Notizie si occupa di diversi temi di attualità e interviste, spaziando dagli Esteri all'Economia, con un'attenzione particolare ai temi di diritti e di genere.

La crociata del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti contro le Città 30 – e contro Bologna, prima città metropolitana in Italia ad adottare il limite dei 30 km/h in gran parte delle strade – va avanti. Scendere sotto i 50 chilometri in maniera generalizzata “è una legislazione esclusiva dello Stato”, insiste il viceministro Galeazzo Bignami, che segue la scia del titolare del dicastero, Matteo Salvini. Sul tema, ai microfoni di Virgilio Notizie, è intervenuta Simona Larghetti, consigliera del Comune di Bologna amministrato dalla giunta di centrosinistra guidata dal sindaco Matteo Lepore.

La direttiva del Ministero dei Trasporti

Nella direttiva del Ministero dei Trasporti, Galeazzo Bignami promette “molto buon senso e torneremo alla natura del provvedimento. Andare a 30 all’ora dappertutto rischia di far perdere attenzione rispetto ai luoghi davvero sensibili, come le scuole”.

La direttiva, già annunciata dal ministro Matteo Salvini, “è in preparazione perché è evidente che l’articolo 143 secondo comma del Codice della strada assoggetta tutta la normativa inerente alla circolazione stradale alla legislazione esclusiva dello Stato, quindi scendere sotto i 50 è una direttiva del Ministero“.

Galeazzo Bignami, viceministro dei Trasporti

Le fake news del Mit smontate da Legambiente

Dalla parte dell’iniziativa Città 30 si è schierata Legambiente.

L’associazione ambientalista, infatti, ha elencato le principali “5 fake news” che sono circolate in questi giorni, colpendo direttamente Matteo Salvini e il suo Ministero.

  • non è vero che andare a 30 km/h o a 50 km/h è la stessa cosa in termini di sicurezza stradale;
  • non è vero che con la città 30 i problemi, soprattutto per i lavoratori, rischiano di essere superiori ai benefici per la sicurezza stradale;
  • non è vero che a 30 km/h s’impiega più tempo a spostarsi;
  • non è vero che s’inquina di più;
  • non è vero che per salvare vite basta inasprire pene per chi abusa di sostanze e alcool.

Il presidente di Legambiente, Stefano Ciafani, ha bollato come “sterili” le polemiche, dal momento che sulle strade italiane si registra un morto ogni tre ore e un ferito ogni 2,5 minuti, oltre al fatto che il 50% delle vittime sono pedoni e ciclisti, un’emergenza da codice rosso su cui bisogna al più presto intervenire.

Quindi, il messaggio diretto a Matteo Salvini: “Chiediamo di non fare campagna elettorale su un tema così importante“.

L’intervista a Simona Larghetti

“Nel centro storico di Bologna il limite è di 30km/h dal 1984”, spiega Simona Larghetti in un’intervista concessa a Virgilio Notizie.

La consigliera comunale con delega alla mobilità, fondatrice e già presidente dell’Associazione Salvaiciclisti-Bologna e della Consulta Comunale della Bicicletta di Bologna dal 2013 al 2021, aggiunge poi che “si è deciso di estendere questo limite per i benefici sull’incidentalità stradale: abbiamo 5,9 morti ogni 100 mila abitanti, ed è uno dei tassi più alti in Europa”.

Ora cosa vi aspettate dal Governo?

“Non so veramente come intenda modificare la struttura delle competenze divise tra comuni, regioni e Governo. La mobilità locale, da semprem è una competenza largamente decisa dagli enti locali per ovvie ragioni. Non è un caso che anche le direttive ministeriali vengano discusse in conferenza Stato-Regioni e con l’Associazione nazionale dei comuni italiani (Anci). Voglio proprio vedere come il ministro Matteo Salvini se la caverà politicamente con tutti quei comuni guidati dalla destra. Vedo che anche le amministrazioni di centrodestra, infatti, si stanno ribellando all’ipotesi di togliere agli enti locali autonomia sui limiti di velocità. Il codice della strada specifica che ci sono delle limitazioni nell’autonomia, ma al rialzo: un comune non può alzare a 70 km/h il limite di velocità nel centro abitato. Ma la richiesta di un Governo a non mettere limiti troppo bassi non si è mai vista. Non lo so, è come se si chiedesse di non pagare le tasse integralmente: per favore, pagatene un po’ meno, dai, evadete un po’. Un invito all’imprudenza: mi sembra veramente la follia“.

A Londra, dall’introduzione dei 19 km/h, si sono abbassate del 25% le morti e del 63% gli investimenti di pedoni. A Bruxelles, dopo un anno dall’ingresso del provvedimento, nel gennaio 2021, sono diminuiti del 28% gli incidenti e del 50% i morti e feriti gravi. E in Italia qual è la situazione? 

Le città 30 in Italia non ci sono. Per ora ce n’è soltanto una che precede Bologna: Olbia dal 2021. E dobbiamo specificarlo: avere una Città 30 non vuol dire che in tutte le strade di quel centro abitato il limite è di 30 km/h: c’è comunque una rete 50 di grandi strade e stradoni. Olbia è una città amministrata da un sindaco di Forza Italia, in questo momento in grave difficoltà perché il suo stesso partito gli sta facendo la guerra. Ora noi ci chiediamo se la direttiva sulla semplificazione dei limiti di velocità annunciata da Salvini riguarderà solo Bologna, o solo Olbia, o se vogliamo sdoganare provvedimenti che vadano solo contro i comuni del centrosinistra, mentre con quelli del centrodestra faremo un’altra repubblica e uno Stato a parte. Perché ormai stiamo ragionando così. Una Città 30 è definita tale quando il limite riguarda circa il 70% delle strade: in Europa abbiamo città dove riguarda anche il 90% della viabilità. E non è che in Belgio, per esempio, siano necessariamente più progressisti che in Italia: le proteste ci sono state anche lì. Ma poi, piano piano, quando la cittadinanza vede gli effetti del provvedimento, comincia a volete il limite a 30 anche nella strada di casa propria. A Bologna l’ho visto con le pedonalizzazioni: quando abbiamo pedonalizzato il centro storico è stato un fioccare di ricorsi al Tar delle associazioni dei commercianti e di guerre puniche. Ora sono le associazioni stesse a chiederci di pedonalizzare, perché vedono i benefici sul commercio. Credo che sulla Città 30 andrà esattamente allo stesso modo”.

Qual è un tempo ragionevole per capire quali sono i benefici sul tasso di incidenti? 

“In base alle esperienze precedenti, due anni: è il tempo per sedimentare il cambiamento e per l’acquisizione culturale. È anche la ragione per cui stiamo agendo adesso: vogliamo che da qui a fine mandato ci sia già un bilancio di che cosa ha voluto dire questo provvedimento. Molti ci hanno suggerito di aspettare la chiusura dei cantieri del tram che pure qui a Bologna sono stati attivati. Ma se agiamo sei mesi prima della campagna elettorale, il risultato sarà quello di portare solo lo sconvolgimento del cambiamento e di non avere garanzia che nel mandato successivo il progetto possa essere mandato avanti”.

Perché la prospettiva di andare a 30 all’ora in città provoca tante proteste? 

“Ci sono due elementi culturali, secondo me. Uno prettamente italiano, che viene da una scarsa cultura dello Stato. Penso di non dire niente di strano: siamo il popolo dei fleximen, dove una che danneggia il patrimonio pubblico viene esaltata ed è vista come eroica perché magari ci risparmia una multa di 50 euro. Soldi che poi alla fine dovremmo pagare comunque per quell’atto di vandalismo come collettività: ma a noi interessa solo che non arrivi il bollettino a casa. Il rispetto delle regole, in Italia, non sempre viene visto come un valore positivo. Meglio quello un po’ individualistico del furbetto. La seconda ragione non riguarda solo l’Italia, ma in generale il mondo dell’automotive. Vengo spesso accusata di far parte del partito anti-auto, perché sono impegnata su questi temi da tantissimi anni. In realtà noi non siamo contro l’auto: siamo contro un suo uso irrazionale. E però l’irrazionalità purtroppo è l’arma vincente del marketing. Siamo vittime di una di un marketing pubblicitario sull’auto che va avanti da almeno 30 anni a mia memoria, forse da 50. L’auto – ti raccontano, per venderle – ti dà libertà di movimento. Tutte le pubblicità dell’auto sono ambientate in strade vuote, dalla velocità senza controllo, dalla libertà assoluta: questi sono i valori associati alla guida. Poi la vita reale è fatta di tempo in coda nel traffico. E però crediamo veramente, molto spesso, di metterci meno in auto. Ovviamente se parliamo di tragitti di 20-30 km è assolutamente vero. Ma a Bologna abbiamo visto che la metà dei tragitti in auto è di meno di 5 km. La libertà di guidare è qualcosa di buono per vendere le macchine, ma non per spiegare alle persone in che modo spostarsi in maniera davvero più efficiente, economica e vantaggiosa“.

Vedremo mai una Città 30 anche in contesti complessi, come può essere per esempio Roma?

“Penso che tutte le città possano sognarlo, sì. Un tempo sembrava impossibile che Roma avrebbe avuto piste ciclabili: e invece ce ne sono e ce ne saranno sempre di più. Certo, ovunque i cambiamenti sono difficili e vanno sempre difesi. Siamo il Paese della Fiat, l’auto per noi rappresenta un simbolo di sviluppo e di libertà più che in altre nazioni. In una città come Roma può essere più complicato, la discussione è più complessa anche da un punto di vista politico proprio per la presenza delle istituzioni, insieme alla complessità della città e della sua urbanistica. Però penso che la strada è stracciata e la stessa cittadinanza romana si renderà conto che no, non è normale dare per scontato che attraversando la strada si rischia di morire. Conto sull’orgoglio e sull’amore per la vita”.

Fonte foto: Comune di Bologna / ANSA

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