Il caso di Manuela Murgia morta a Cagliari a soli 16 anni nel 1995, i familiari non credono al suicidio
Il 5 febbraio 1995 Manuela Murgia, 16 anni, fu trovata morta in fondo a una gola di Tuvixeddu, a Cagliari. Il caso fu archiviato come suicidio
La morte di Manuela Murgia fu un suicidio? È quanto sostengono gli inquirenti che hanno archiviato il caso, ma i fratelli Elisabetta, Anna e Gioele sono convinti del contrario, specialmente da quando hanno ottenuto l’accesso agli atti e hanno potuto visionare le foto del cadavere della loro congiunta. Manuela Murgia aveva 16 anni quando il 4 febbraio si allontanò dalla sua abitazione, a Cagliari, intorno alle 12. Il suo cadavere fu rinvenuto il giorno dopo in una gola di Tuvixeddu, un colle del capoluogo sardo che ospita una necropoli punica.
La morte di Manuela Murgia
Manuela Murgia viveva a Monserrato (Cagliari) con la sua famiglia, e insieme ad essa si trasferì a Cagliari nel 1994. Un dato importante, perché come spesso hanno sottolineato i fratelli, la 16enne fino al giorno della sua scomparsa non aveva sviluppato corpose amicizie nel capoluogo sardo.
Alle 12 del 4 febbraio 1995 Manuela si trovava in casa con suo padre. Dopo aver ricevuto una telefonata, lasciò sul tavolo il cordless, il suo rossetto, il suo profumo e una salvietta con la quale aveva corretto il trucco, e uscì di casa. Di lei si persero immediatamente le tracce.
Dopo un giorno di affannate ricerche, alle 12 del 5 febbraio 1995 una telefonata anonima al 113 segnalò un corpo nella cava di Tuvixeddu. Gli inquirenti capirono da subito che si trattava di Manuela Murgia.
Il cadavere giaceva prono, al margine di un percorso di cemento. Il medico legale stabilì, come riporta anche il giornalista Igor Patruno sul suo blog, che la morte risaliva “fra le ore 18 e le 2 del giorno 04 febbraio 1995”. Ma come morì Manuela Murgia? Le indagini si orientarono subito verso il suicidio, e tale è la spiegazione fino ad oggi considerata dagli inquirenti. La 16enne si sarebbe gettata nel vuoto da un’altezza di 30 metri per togliersi la vita.
Le foto del cadavere e la minestra nello stomaco
I fratelli di Manuela Murgia hanno ottenuto l’accesso agli atti solo di recente, quindi hanno finalmente consultato i documenti, le foto e i referti autoptici delle due inchieste archiviate (una chiusa nel 1995, l’altra nel 2012).
Da subito la famiglia si è affidata a un team di medici legali per analizzare tutta la documentazione acquisita. È emerso che la 16enne aveva della minestrina di semolino nello stomaco, un pasto che – secondo le analisi – avrebbe consumato intorno alle 15 del 4 febbraio, un orario in cui si trovava già lontana da casa.
Inoltre, sul volto non sono presenti i segni dell’eventuale caduta lungo il canyon di Tuvixeddu, piuttosto ci sarebbero i segni di una colluttazione sulla schiena e il maglione, accuratamente infilato dentro i jeans, risulta sporco sia all’esterno che all’interno. Il giubbotto Montgomery, invece, è pulito. Come può essersi sporcato il maglione, mentre il giubbotto è rimasto pulito? Secondo la famiglia, non sarebbero stati condotti esami approfonditi per scongiurare l’ipotesi della violenza sessuale.
I dubbi della famiglia
Elisa Murgia, sorella di Manuela, ha riferito a ‘FqMagazine’: “La mia madrina, che abita di fianco a noi, quel giorno l’ha vista salire in un’auto blu metallizzata con un uomo“. Va detto che la 16enne aveva un fidanzato, un ragazzo di 24 anni che faceva il parrucchiere.
Ascoltato dagli inquirenti, il ragazzo aveva dichiarato di non vedere Manuela da dieci giorni. Dunque, chi telefonò in casa Murgia la mattina in cui scomparve la ragazzina? La risposta è nei tabulati, ma su questa possibilità arriva la risposta lapidaria delle sorelle Elisa e Anna: “Ci sono sempre stati negati“.
Ancora, sul luogo del ritrovamento sorgono i più grandi misteri. Per gettarsi lungo la gola di Tuvixeddu, Manuela avrebbe dovuto valicare un’area di proprietà militare, abitata da famiglie della Marina e delimitata da due reti, di cui una metallica e una in filo spinato. Se avesse scavalcato si sarebbero visti i segni sui suoi vestiti, o almeno si sarebbero smagliate le calze collant che la ragazza indossava. Niente di tutto ciò.
“Nessuno di loro è stato mai interrogato quando fu ritrovato il corpo”, dicono il fratello e le sorelle di Manuela riferendosi ai residenti di quel complesso edilizio militare. Per tutti questi motivi la famiglia chiede che vengano riaperte le indagini.