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Giornata contro la violenza sulle donne, in Italia il 45% giustifica quella fisica: l'intervista a Silvestre

La violenza contro le donne fa paura, così come i numeri in Italia: l'intervista a Rossella Silvestre nella giornata internazionale del 25 novembre

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Eleonora Lorusso

GIORNALISTA

Giornalista professionista dal 2001, ha esperienze in radio, tv, giornali e periodici nazionali. Conduce l’annuale Festival internazionale della Geopolitica europea. Su Virgilio Notizie si occupa di approfondimenti e interviste, in particolare su Salute, Esteri e Politica.

La violenza contro le donne in Italia è quotidiana. Si manifesta in molti modi diversi, e devasta la vita di chi la subisce senza eccezioni. Intervenire in supporto di queste donne è fondamentale, ma arrivare dopo non basta. È necessario contrastare la violenza di genere in tutte le sue forme, prima che si verifichi. Per questo fare sconti sulla prevenzione non è ammissibile. Così Claudia Gerini, ambassador di ActionAid, che ha lanciato una campagna di sensibilizzazione, alla vigilia della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, che ricorre il 25 novembre. I numeri, in Italia, fanno paura: l’intervista concessa a Virgilio Notizie da Rossella Silvestre, esperta di Politiche di genere e Giustizia economica di Action Aid Italia.

I fondi insufficienti

“Con la campagna Black FreeDay vogliamo chiedere al Governo e al Parlamento di costruire davvero un futuro libero dalla violenza per bambine e ragazze, perché senza fondi sufficienti e politiche mirate alla prevenzione si continuerà ad intervenire sempre e solo in risposta alle violenze già subite dalle donne, denuncia ActionAid Italia che ricorda: “Dagli oltre 17 milioni di euro stanziati nel 2022 si è scesi ai 5 milioni attuali per il 2023”.

Da qui l’idea della campagna Black FreeDay, con tanto di manifesti digitali in stile Black Friday, la giornata dei maxi sconti a cui si richiama nel nome. In questo caso, però, i ribassi non sono affatto vantaggiosi per le donne: “In 10 anni le risorse economiche stanziate per la “Legge sul femminicidio” per il sistema antiviolenza sono aumentate del 156%, ma il numero delle donne uccise da uomini in ambito familiare-affettivo non è diminuito, restando simile di anno in anno.

Questo dimostra come siano state inadeguate le politiche antiviolenza adottate”, denuncia Katia Scannavini, vicesegretaria generale di ActionAid Italia.

L’associazione parla anche di “prevenzione sottocosto”: “La campagna serve proprio a denunciare le politiche di sottofinanziamento della prevenzione. In realtà non è una novità. È piuttosto la conferma di un trend che prosegue da moltissimi anni e in generale dall’istituzione del sistema antiviolenza, quindi dal 2013”, risponde a Virgilio Notizie Rossella Silvestre, esperta di Politiche di genere e Giustizia economica di ActionAid Italia.

L’intervista a Rossella Silvestre

Questo cosa significa in termini pratici?

“Finora abbiamo visto che non sono mai stati finanziati in maniera strutturale tutti gli interventi e in particolare quelli di prevenzione primaria, cioè le azioni che agiscono su tutta la popolazione, sensibilizzandola e facendo in modo che non si verifichi la violenza, prima che questa di manifesti. Quest’anno, poi, il taglio è del 70%. Si tratta di una fotografia scattata al 15 ottobre 2023, quindi auspichiamo che il Governo possa programmare diversamente le risorse, in modo da finanziarie anche questa tipologia di azioni, come si è fatto negli ultimi anni con gli altri interventi a supporto delle donne”.

Qual è dunque il bilancio degli ultimi 10 anni della legge sul femminicidio, soprattutto dal punto di vista del cambiamento culturale?

“Il problema è proprio questo. L’aumento delle risorse degli ultimi anni ha riguardato quasi esclusivamente le politiche di risposta all’emergenza, al fenomeno generale. Ma il grande problema è che il numero dei femminicidi non è calato, è pressoché stabile, quindi il vero nodo è intervenire sulle cause culturali che producono e riproducono la violenza”.

La situazione che vive l’Italia è comune anche ad altri Paesi?

“Secondo il Gender Social Norm Index delle Nazioni Unite (Undp 2023), che misura proprio le credenze alla base delle disuguaglianze, nel mondo una persona su 4 ritiene giustificabile che un uomo picchi la moglie. In Italia il 61.58% della popolazione ha pregiudizi contro le donne e il 45% ha convinzioni che possono portare a giustificare la violenza fisica, sessuale e psicologica da parte del partner. Solo un lavoro culturale che contrasti le consuetudini e i modelli di violenza contro le donne e le ragazze può quindi invertire la rotta”.

Non c’è, poi, solo la violenza fisica. Quali sono le altre forme di violenza che possono subire le donne?

“La violenza si può manifestare sotto ogni forma. Quella che conosciamo di più, che appare maggiormente, è quella sessuale, ma c’è anche quella economica e psicologica, per esempio. È importante sensibilizzare, quindi, sia gli uomini che le donne in modo che possano riconoscere i primi segnali e chiedere subito supporto, rivolgendosi alle persone specializzate. In questo caso soprattutto ai centri antiviolenza o al 1522, il numero gratuito a cui chiedere aiuto”.

Quanto è importante anche la formazione degli operatori (sia delle forze di polizia sia nei tribunali) per poter trattare in modo adeguato i casi di violenza?

“È cruciale. Tutti coloro che nel settore pubblico o privato possono entrare in contatto sia con gli uomini, autori di violenza, sia con le donne che sono vittime, è fondamentale che siano preparati per evitare la cosiddetta ‘vittimizzazione secondaria’. Questo aiuta ad agire prima che la violenza possa rimanifestarsi e dunque a ridurre la recidiva. Negli anni passati abbiamo visto troppo spesso, per esempio, le donne rimandate a casa dopo una denuncia, da agenti di forze di polizia o carabinieri. È importante che anche loro siano formati per poter riconoscere e distinguere un litigio fisiologico da un gesto che sia anticamera di una violenza”.

Fonte foto: ANSA

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