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Discografici contro Festival di Sanremo e Ariston: vogliono più soldi per i cantanti, quanto guadagnano adesso

Discografici in protesta dopo il Festival di Sanremo, chiedono aumento dei compensi dei cantanti in gara e un nuovo teatro

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Maria Francesca Moro

GIORNALISTA

Giornalista professionista specializzata in cultura e ambiente, si occupa anche di cronaca, attualità e politica. Inizia il suo percorso nel mondo della carta stampata, per poi impugnare la telecamera e raccontare l’attualità su social e tg nazionali.

I discografici della Federazione industria musicale italiana (Fimi) si scagliano contro il Festival di Sanremo. Il budget messo a disposizione per gli artisti in gara non basterebbe a coprire i costi necessari per partecipare alla kermesse.

Il Festival di Sanremo paga troppo poco

I cantanti che partecipano al Festival di Sanremo non ricevono dei veri e propri cachet, ma una sorte di rimborso per coprire parte delle spese.

Si tratta di contributi alle case discografiche del valore di circa 53mila euro, cui si aggiungono alcuni rimborsi ulteriori, come quello per il cachet simbolico degli artisti che partecipano alla serata dei duetti.

L’Ariston ospita il Festival di Sanremo fin dagli anni ’50

Cifre che, afferma Enzo Mazza, ceo di Fimi, ai microfoni di Rtl 102.5 sono “irrisorie rispetto agli impegni che vengono assunti dalle case discografiche”.

Per non parlare, aggiunge, “di tutti i costi delle prove”. Spiegando che “c’è un impegno che è aumentato perché sono aumentate anche le persone che ruotano intorno come i social e i brand partner che si occupano della visibilità dell’artista”.

A Italia Oggi, Mazza ha rivelato che “ormai le case discografiche spendono oltre 100 mila euro ad artista”. Più quello dovuto allo staff e agli spostamenti richiesti da interviste, conferenze ed eventi collaterali.

Il teatro Ariston non è più adeguato

Le critiche della Fimi si rivolgono anche al teatro Ariston, definito da Mazza come “un attrezzo vintage” e “assolutamente inadeguato per fare un evento come Sanremo”.

Se la cifra totale versata alle case discografiche si aggira attorno a 1,7 milioni di euro all’anno, il solo affitto del teatro richiede alla Rai 2,5 milioni annui.

Ciò nonostante, l’Ariston, afferma il ceo Fimi, presenta delle caratteristiche risalenti agli anni ’50 che lo rendono “un luogo difficile da gestire” considerato il gran numero di persone che lo abita durante la settimana di Sanremo.

Mazza auspicherebbe una struttura dalla capienza maggiore, “un luogo da 5-10 mila posti con un palco più grande dove si farebbero spettacoli modello Eurovision, con ballerini, coreografie, uno show migliore”.

E un teatro più grande, adatto a uno show diverso, secondo il discografico, gioverebbe anche al rinnovamento anagrafico del pubblico sanremese: “I fischi a Geolier provenivano da una sala prevalentemente formata da adulti e quello è il pubblico di Sanremo, e probabilmente i fischi non sarebbero arrivati se sotto al palco ci fosse stato un pubblico più giovane”.

La disorganizzazione della città di Sanremo

Infine, la Fimi muove un appello al comune di Sanremo, accusato di una disorganizzazione generale che rende difficile lavorare durante la settimana del Festival.

Ci si lamenta di “alberghi, traffico, impossibilità di portare gli artisti alle prove”. Ritenuti inaccettabili “in un’annata che ha visto una grandissima partecipazione anche fuori dall’Ariston”.

Un’annata che ha fruttato alla città ligure un indotto sul territorio di oltre 200 milioni di euro.

Fonte foto: IPA

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