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Cos'è il Clostebol e perché è considerato doping: dal caso Sinner ai precedenti di Palomino e Caironi

Il caso doping per Jannik Sinner ha acceso la curiosità sul Clostebol: perché la sostanza è proibita e quali sono i precedenti nel mondo dello sport

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Luca Mastinu

GIORNALISTA

Giornalista pubblicista, scrive di cronaca nera e attualità. Muove i primi passi nel fact checking per poi appassionarsi al mondo dell'informazione. Collabora con altre testate e siti web, esperto di musica.

Dopo l’esito positivo – in tutti i sensi – dell’indagine sul doping a carico di Jannik Sinner è cresciuta la curiosità sul Clostebol, lo steroide anabolizzante che ha tenuto col fiato sospeso il campione di tennis. Viaggiando indietro nel tempo si scopre che il mondo dello sport ha diversi precedenti in tal senso, sia nell’universo olimpico che in quello calcistico. Si tratta di uno steroide anabolizzante contenuto in alcuni farmaci da banco e la cui assunzione può essere inconsapevole, visto che è presente in pomate cicatrizzanti cui spesso gli sportivi ricorrono per rimettersi in forma nel minor tempo possibile.

Cos’è il Clostebol e perché è considerato doping

Il Clostebol è uno steroide anabolizzante elencato nella lista nera della Wada, l’agenzia mondiale antidoping. Secondo Domenico Pellegrini, farmacologo dell’Università di Firenze nonché esperto di doping intervistato da Repubblica, il Clostebol “stimola le cellule a ricrescere” e “aumenta la sintesi proteica”.

La sostanza è un derivato dell’ormone maschile ed è spesso usato negli ambienti dell’oftalmologia e della dermatologia. Per questo motivo è possibile la sua presenza in pomate e creme cicatrizzanti come il Trofodermin, la stessa che ha portato Jannik Sinner a risultare positivo all’antidoping.

Dopo la positività al doping di Sinner cresce l’attenzione per il Clostebol, lo steroide anabolizzante presente in creme cicatrizzanti. Nel mondo dello sport ci sono dei precedenti

Come solitamente funziona con gli steroidi anabolizzanti, il rischio è che questi aumentino la massa muscolare. Ma Simona Pichini del Centro nazionale dipendenze e doping dell’Istituto Superiore di Sanità spiega a Repubblica che per ottenere tale effetto “ci vorrebbero dosaggi altissimi“.

Eppure l’uso del Clostebol per questi fini risulterebbe obsoleto. Pichini, infatti, spiega che tali sostanze si usavano “ad esempio nella Ddr negli anni Settanta”. In breve, la presenza di Clostebol nelle creme cicatrizzanti è utile solamente alla rapida ripresa delle ferite, e non a caso nel corpo di Sinner sono stati individuati quantitativi infinitesimali.

Il caso Sinner

Nel mese di aprile Jannik Sinner è risultato positivo all’antidoping. Il campione di tennis stava gareggiando per il torneo Indian Wells e si è sottoposto a due test, a otto giorni di distanza tra i due eventi. Nelle urine erano state trovate tracce di Clostebol, per questo l’Itia aveva avviato un’indagine per far luce sul caso.

Martedì 20 agosto la sentenza: Sinner è risultato positivo all’antidoping, ma la sua è stata un’assunzione involontaria. La “colpa” era del suo fisioterapista, che aveva applicato del Trofodermin per curare un taglio sul proprio dito. La sostanza sarebbe entrata in contatto con il campione di tennis durante un trattamento, dato che il campione aveva alcune lesioni sulla pelle. Una negligenza, quindi, che ha scagionato Jannik Sinner da ogni responsabilità.

Tuttavia, secondo le regole del torneo il campione italiano è stato ritenuto responsabile del suo team e per questo ha dovuto rinunciare al punteggio accumulato e al montepremi.

I precedenti nel mondo dello sport

Come ricorda Repubblica, negli ultimi anni almeno 38 sportivi sarebbero risultati positivi all’antidoping proprio per la presenza di Clostebol nel sangue.

Tra i casi più eclatanti si ricorda quello di Martina Caironi, l’atleta paralimpica che ha collezionato tre medaglie d’oro ai Giochi di Londra. L’atleta aveva applicato una pomata cicatrizzante per curare un’ulcera su uno dei monconi dell’arto amputato.

Nel mondo del calcio, invece, nel 2022 è stato il turno dell’argentino Luis Palomino dell’Atalanta, anch’egli positivo al Clostebol. Per lui nessuna conseguenza, a differenza di quanto accaduto a Fabio Lucioni nel 2017, quando indossava la maglia del Benevento: Lucioni fu squalificato per un anno.

 

Fonte foto: ANSA

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