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Caso Cospito, le intercettazioni che Delmastro non poteva divulgare: cosa hanno detto i boss all'anarchico

Le informazioni sensibili rese note in Aula da Donzelli sono contenute in un documento destinato di norma all'Antimafia e finito nelle mani di Delmastro

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Simone Cadoni

GIORNALISTA

Giornalista, scrive di cronaca, politica e altre tematiche legate all’attualità.

L’intervento in Aula sul caso Cospito del deputato di Fratelli d’Italia Giovanni Donzelli, nonché vice presidente del Copasir, ha alzato un polverone politico e mediatico facendo finire al centro del dibattito le norme che regolano i rapporti tra l’amministrazione dello Stato, il Parlamento, le procure e il sistema carcerario.

A dare all’onorevole le informazioni riservate sui recenti colloqui con i mafiosi che hanno coinvolto l’anarchico detenuto al 41 bis è stato il collega di partito e sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro Delle Vedove. A seguito di quanto accaduto l’opposizione ha subito chiesto le dimissioni di entrambi gli esponenti Fdi.

L’importanza degli atti riservati

Le informazioni giunte a Donzelli sarebbero dovute restare coperte dal riserbo in quanto contenenti possibili notizie di reato. Questo perché riguardano dialoghi di boss mafiosi reclusi al 41 bis. Le conversazioni non sarebbero dovute essere divulgate in Parlamento, nemmeno se riportate indirettamente. A vagliare gli atti di tale tipologia, in teoria, dovrebbe essere prima un magistrato, che ha la facoltà di decidere cosa farne.

A sinistra il sottosegretario alla Giustizia Delmastro, a destra il vice presidente del Copasir Donzelli

Lo stesso ministro della Giustizia Carlo Nordio ha definito “sensibili” le informazioni trapelate e divenute di dominio pubblico, aggiungendo che per la loro comunicazione in Aula si sarebbe dovuta fare “una verifica preventiva”.

Il passaggio di informazioni

Come ricostruisce ‘Repubblica’, la Direzione generale Detenuti e trattamento del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) aveva inviato per email al ministro della Giustizia il file con le relazioni di servizio su Alfredo Cospito, detenuto allora ancora nel carcere di Bancali, a Sassari.

I documenti erano stati prodotti dagli operatori del Gruppo operativo mobile (Gom), che durante i passeggi di socialità nel carcere ascoltano, registrano e riportano le conversazioni tra i reclusi.

Di norma gli atti finiscono alla Direzione nazionale antimafia e alla Distrettuale competente ma, in questo caso, essendo stati richiesti dallo stesso Nordio, erano stati mandati anche al suo capo di Gabinetto e al sottosegretario Delmastro, titolare della delega al Dap.

I contenuti di alcune delle relazioni sono poi stati riferiti a Donzelli tra lunedì 30 e martedì 31 gennaio. Fra questi anche quelli che riportano la visita in cella all’anarchico da parte dei quattro deputati del Pd Serracchiani, Verini, Orlando e Lai, che ha scatenato la bagarre in Aula.

Il dialogo con i mafiosi al 41 bis

Nel cortiletto del carcere sassarese Cospito aveva intrattenuto delle conversazioni con il boss della ‘ndrangheta Francesco Presta e con l’uomo dei Casalesi Francesco Di Maio.

Il primo lo aveva esortato a continuare la protesta per l’abolizione del 41 bis a tutti i detenuti (l’anarchico è in sciopero della fame da oltre 100 giorni).

“Devi mantenere l’andamento, vai avanti – gli aveva detto Presta – sarebbe importante che la questione arrivasse a livello europeo e magari ci levassero l’ergastolo ostativo”. E Cospito aveva risposto: “Fuori non si stanno muovendo solo gli anarchici, ma anche altre associazioni. Adesso vediamo che succede a Roma”.

Sulla stessa linea Francesco Di Maio: “Pezzetto dopo pezzetto si arriverà al risultato”. “Deve essere una lotta contro il regime 41-bis e contro l’ergastolo ostativo, non deve essere una lotta solo per me. Noi 41-bis siamo tutti uguali“, gli aveva detto l’anarchico.

L’intento di Donzelli, divulgando gli stralci dei dialoghi che sarebbero dovuti restare riservati, era quello di denunciare l’esistenza di un presunto connubio tra la criminalità organizzata e Cospito per abolire il regime del 41-bis. Sul caso le indagini della procura proseguono per fare luce sull’intera vicenda.

Fonte foto: ANSA

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