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Cannabis light illegale, stretta del Governo sul ddl Sicurezza: "A rischio 3 mila aziende, 15 mila lavoratori"

Stretta del Governo Meloni sul ddl Sicurezza, la cannabis light torna a essere illegale in Italia: a rischio migliaia di aziende e lavoratori

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Angela Gennaro

GIORNALISTA

Giornalista, podcaster e videomaker, lavora per realtà editoriali nazionali. Fa parte di Lost in Europe dal 2019, su Virgilio Notizie si occupa di diversi temi di attualità e interviste, spaziando dagli Esteri all'Economia, con un'attenzione particolare ai temi di diritti e di genere.

Nessun passo indietro da parte del Governo Meloni sulla cannabis light. Succede tutto nella notte tra mercoledì 31 luglio e giovedì 1 agosto: una seduta fiume alla Camera, poi all’alba l’emendamento al ddl Sicurezza, il cosiddetto decreto Piantedosi, che equipara la cannabis senza principio attivo a quella con. Passa in commissione e approda nel testo finale del provvedimento che verrà portato in aula a Montecitorio. Saltata invece la proposta della Lega sul vietare l’immagine della pianta di canapa per fini pubblicitari. Ora, a rischio ci sono migliaia di aziende e di lavoratori. L’intervista concessa a Virgilio Notizie da Luca Fiorentino (Cannabidiol Distribution).

Cannabis Light, la reazione di +Europa

Il Governo Meloni “ha appena ucciso il settore della cannabis light nel nostro Paese”, scrive su X il deputato e segretario di +Europa Riccardo Magi. L’emendamento al ddl sicurezza, spiega, equipara la cannabis light a quella con thc: “Il Governo Meloni, in preda alla furia ideologica, cancella una filiera tutta italiana, 11mila posti di lavoro. E pensano anche di aver fatto la lotta alla droga…”.

Le aziende che in Italia coltivano la cannabis light sono “circa 800, 1.500 quelle specializzate nella trasformazione”, spiega il presidente di Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini, parlando di una “grave sconfitta per la libera impresa in Italia”.

Sit-in dei lavoratori nel settore della cannabis light (2019)

Cosa prevede la stretta prevista dal ddl Sicurezza

Il Governo, di fatto, con un emendamento al ddl Sicurezza sulla cannabis light:

  • ha bloccato vendita e lavorazione;
  • causerà un impatto economico significativo su un prodotto made in Italy in piena crescita.

Ora, il testo finale del provvedimento dovrà essere votato in Aula.

L’intervista a Luca Fiorentino

“Il Governo questa notte, si direbbe col favore delle tenebre, ha vietato definitivamente la Cannabis light: saltano 3 mila aziende, 15 mila posti di lavoro e si regala un mercato di 150 milioni di euro alla criminalità organizzata”. Questo lo sfogo di Luca Fiorentino di Cannabidiol Distribution, azienda di base a Torino e tra le prime in Italia ad aver lanciato la Cannabis light. Ci lavora una quarantina di persone, tra diretti e indiretti, tutte “molto preoccupate, molti hanno famiglia e figli – aggiunge -: c’è gente che lavora qui dall’inizio, dal 2017. Non sarà facile trovare una soluzione”.

Questa decisione del Governo che portata ha sul settore? 

“Sono 7 anni che combattiamo questa battaglia. Questo emendamento è il punto di non ritorno: vieta in ogni modo la commercializzazione delle infiorescenze di canapa, anche se di cannabis non hanno nulla. È un prodotto privo di efficacia drogante o psicotropa e su cui ci rassicura l’Organizzazione Mondiale della Sanità ma anche la Corte di giustizia europea, che dice chiaramente che deve trattarsi di un prodotto lecito perché non pericoloso. Posizione analoga a quella di Eurispes, uno degli istituti di ricerca più importanti che ci siano. Nonostante questo l’Italia ha ora una scelta ideologica, antiscientifica e che va contro quello che succede anche a livello regolatorio in Europa e fuori dall’Europa”. 

Cosa accade nel resto del mondo? 

“Il CBD, cannabidiolo, principio attivo naturale presente nella canapa sativa, ormai è normato o sta per essere normato anche nel Regno Unito e in molti altri. I paesi in cui il CBD è legale, anche se regolamentato in modo diverso sono: Svizzera, Bulgaria, Croazia, Cipro, Danimarca, Germania, Grecia, Irlanda, Lettonia, Liechtenstein, Polonia, Romania, Slovenia e Ungheria, Austria, Repubblica Ceca e Lussemburgo, Paesi Bassi. Svizzera, Estonia, Finlandia, Regno Unito. In Lussemburgo, Malta, Svizzera e Belgio, per esempio, sono paesi che stanno legalizzando la Cannabis ad alto contenuto di THC. La Germania lo ha fatto neanche un mese fa. L’Italia, poco tempo dopo, decide di bloccare i fiori di canapa. Ecco le differenze in Europa tra un paese che guarda al futuro, anche a livello di mercato, e noi che guardiamo all’ideologia”. 

Che settore è questo?

“Un settore che era capace di attrarre centinaia di milioni di capitali anche da fondi e aziende esteri. Uno studio europeo dice che questo settore può valere fino a 500 milioni di euro: e il 40% dovrebbe essere totalmente italiano vista la nostra posizione e la nostra filiera. Questo emendamento porterà alla chiusura, da un giorno all’altro, di 3mila aziende in tutta Italia. Da un giorno all’altro rischiano di essere arrestati, sarebbero spacciatori a tutti gli effetti.  Parliamo di aziende agricole, che nel frattempo hanno investito milioni di euro e che prevedono di raccogliere a settembre. Hanno in pancia e in magazzino tonnellate di fiori di canapa. Che ne facciamo? C’è il rischio che vengano riversati mercato nero. Lascia a casa più di 15mila operatori e operatrici del settore – giovani tra l’altro, principalmente under 30. Ma soprattutto prenderemmo 150 milioni di euro e li metteremmo in piazza per regalarli alla criminalità organizzata”. 

Perché? 

“Ci sono 2 milioni di consumatori e consumatrici che oggi acquistano regolarmente questi prodotti nei negozi di settore ma soprattutto tabaccherie – non dimentichiamo infatti che è un prodotto che oggi viene venduto per più dell’80% nei negozi dello Stato. Secondo loro 2 milioni di persone spariscono? O piuttosto si rivolgeranno al mercato nero, dove avranno “occasione” di intercettare purtroppo anche altre sostanze?”.

Cosa farete ora?

“Con le associazioni di categoria stiamo valutando di ricorrere al Tar e di aprire un dibattito a livello europeo tramite i gruppi parlamentari anche non italiani, per aprire una procedura di infrazione nei confronti del governo Meloni. Procedura i cui tempi comunque saranno lunghi. Nel frattempo il danno, un danno enorme, è fatto”. 

Ma quale potrebbe essere una proposta di regolamentazione, dal vostro punto di vista? 

“È un settore così delicato che non si sa mai come regolamentarlo. Ci vuole una giusta mediazione tra le parti, tra il divieto voluto dal centrodestra e la legalizzazione totale ipotizzata dal centrosinistra. Il punto di equilibrio, la nostra proposta, credo possa essere trovato nell’imporre un’accisa e una regolamentazione decisa e studiata dall’agenzia dogane e monopoli. Come avviene in tutti i prodotti da fumo. La filiera sarebbe disposta ad accettare un’accisa, se si riuscisse a operare nella legalità. E lo Stato avrebbe totale tracciabilità, come avviene su prodotti molto più nocivi come alcol e tabacco”. 

Fonte foto: Getty

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